Beccato!

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Lunedì, 08.03

Ma perché so così? Pensava Fede, mentre il suo sguardo si perdeva oltre il finestrino dell'autobus che lo portava a scuola. Si trovava solo, in mezzo ai suoi pensieri, come per quasi la totalità dei suoi giorni. Perché non sto bene con la gente? Fede si sentiva strano, aveva la sensazione che il mondo intorno a lui stesse cambiando. Ogni volta che guardava fuori dal finestrino dell'autobus, le immagini sembravano sfuocate e distorte. Non riusciva a capire se fosse per la stanchezza accumulata o per qualcos'altro. In fondo, la giornata non aveva inizio sotto i migliori auspici. Si era svegliato con il mal di testa e il rumore incessante della pioggia che batteva contro la finestra. Dopo essersi vestito in modo frettoloso, aveva preso l'autobus come sempre, cercando di distrarsi dalla folla di studenti che lo circondavano. Non s'era pettinato, mai si pettinava, ed ormai la folta chioma gli cresceva senza sosta. Fede neanche si guardava più allo specchio prima di mettere piede fuori casa.

Mentre l'autobus continuava a scorrere lungo la strada bagnata, Fede cercò di concentrarsi sulla musica che stava ascoltando, nella speranza di trovare un po' di conforto. Ma anche quella sembrava non aiutarlo, le note sembravano più tristi del solito. A due fermate dall'arrivo, l'autobus fece sosta. Nella scatoletta di tonno, così lui la chiamava, iniziò a circolare l'aria. Un gruppo di ragazzi scese liberando un piccolo spazio che permise a Fede di distendere le sue gambe. Allo stesso modo, distese anche lo sguardo, voltandolo ad un passo dall'uscita, già convinto di doversi preparare e scendere, pronto a schivare gambe e braccia dei coetanei e compagni di scuola.

Prima di posare gli occhi e perdersi di nuovo tra le note della musica, però, qualcosa lo convinse ad allungare il collo e guardare un po' più avanti. Uno sguardo fugace verso il sedile di fronte infatti lo catturò, facendogli quasi dimenticare l'arrivo imminente. C'era un biglietto della metro abbandonato, con un messaggio scritto a mano sulla parte posteriore. Fede lo prese e lesse le poche parole:

Cerca il tuo sogno e inseguilo con tutto te stesso.

Strano pensò, guardandosi intorno per capire a chi potesse appartenere. Ma tutti sembravano occupati a parlare o a messaggiare sui loro telefoni. Fede decise di conservarlo, mettendolo in tasca e uscendo dall'autobus. Ed ecco che voltando più e più volte la sua testa per capire chi gli stava attorno alla fine li riconobbe, gli occhi azzurri della notte prima, con lo sguardo cupo, ben profondo, i ricci torvi e il naso acuto, non proprio aquilino. Un lieve cenno di barba gli faceva da contorno al viso olivastro, un po' tendente al rame.

Mo che ce fa sto qua? Me sta a seguì? Fede si chiese come avesse fatto a non notarlo prima. Forse era stato troppo concentrato sulla sua musica e sul tentativo di evitare il contatto con gli altri passeggeri. O forse semplicemente non gli aveva prestato abbastanza attenzione. In ogni caso, adesso l'arabo era proprio lì, a pochi metri da lui, e sembrava non averlo ancora notato. Il cuore in gola gli batteva all'impazzata, volse di nuovo lo sguardo fuori dal finestrino e tirò su lo zaino che aveva sotto i piedi, tenendolo quasi all'altezza del suo viso, cercando di nascondersi. Continuava a guardare, di tanto in tanto, il ragazzo dagli occhi azzurri, cercando di capire qualcosa di più su di lui. Nun me devo fa vedè. Anzi, sai mo che faccio? Chiamo Marghe, così c'ho 'a scusa de sta pe i cazzi miei. E così fece. Fede prese il cellulare e chiamò Margherita.

"Ao Mà"
"Ciao amò"
"'Ndo stai? Mo arrivo"
"A du passi da scuola Fè, t'aspetto devanti ar roscio, va bene?"
"Okay Mà, tanto sto pe scenne"
"Grande!"
"Ah, Marghe aspè! Stasera ce vediamo?"
"Che c'hai da parlà ar telefono? Ce stiamo pe vedè tanto, poi decidiamo"
"Ce stavo a pensà prima, che te volevi prendere 'na birretta"
"Nun è che vojo, m'hai promesso che parliamo, è diverso!"
"Eh, vabbè Mà! Comunque già te vedo, ma che te sei messa?"

Nun mer ricordo che vordì essere umanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora