Capitolo 14

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Alla fine, strano ma vero, il suo numero me lo aveva dato sul serio.

Erano passati tre giorni da quel piccolo incidente che mi aveva visto protagonista e ogni volta mi ricordo ogni più piccolo dettaglio.

Mi sono sentito stupido e indifeso ai suoi occhi.

Chissà cos'avrà pensato di me.

È anche per questo che non ho avuto il coraggio di chiamarla, o mandarle un messaggio neanche una volta.

Però ho avuto il coraggio di scriverle subito dopo aver ricevuto il suo numero di telefono.

Un banalissimo: "ehi ciao, sono Joseph e questo è il mio numero".

Ci credo che non mi ha ancora risposto.

Mi rigiro il cellulare tra le mani, con il suo nome e la sua foto bene in vista, indeciso sul da farsi. La chiamo o non la chiamo?

Sto per premere la cornetta, ma il mio orgoglio e ammettiamolo, anche un po' di codardia, mi intimano di fermarmi all'istante, che magari è impegnata e così facendo la disturbo, o più semplicemente è lei che non ha più voglia di sentirmi.

E non potrei neanche darle torto, la scena a cui ha assistito è stata la più patetica mai vissuta in vita mia.

Ok la chiamo.

Ma forse è meglio di no.

Stupida razionalità che mi fa venire mille dubbi nei momenti meno opportuni.

Continuo a fissare la sua foto, come se da un momento all'altro lei potesse uscire dallo schermo del mio cellulare e venisse a tranquillizzarmi sul fatto che non è successo niente, ma la mia mente subdola e ancora un po' scossa, gioca su determinate cose, facendomi credere più pazzo di quello che già sono.

Sbuffo e poggio la testa sulla testiera del letto, mentre lascio cadere il cellulare sul mio petto e chiudo gli occhi, in attesa di una soluzione che probabilmente non arriverà mai.

Proprio in quel momento, qualcuno bussa alla porta della mia camera e la testa di mio fratello Jacopo spunta fuori tutta sorridente.

<<È pronto a tavola, vieni a pranzo?>> mi chiede facendo intravedere anche parte del busto e potrei giurare che la felpa che indossa, è della mia collezione, ma essendo buio, visto che ancora non ho alzato le tapparelle, non posso dirlo con certezza.

Non ho fame, ho lo stomaco chiuso, ma capita di rado che siamo tutti insieme a tavola, quindi annuisco e gli comunico che tra cinque minuti scendo, il tempo di mettere un freno ai pensieri e al senso di malessere che mi attanaglia.
Ovviamente questo evito di dirglielo.

Una volta rimasto di nuovo solo, mi alzo dal letto, apro la finestre e la serranda e lascio che l'aria pulita, rinfreschi un po' la camera che ha visto il buio fino a un secondo fa.

Successivamente mi guardo allo specchio cercando di dare ordine ai miei capelli.

Ho anche bisogno di una doccia e di radere la barba, ma al momento non ho proprio voglia.

Guardo per l'ultima volta il cellulare ancora in silenzio e dopo aver sbuffato per la quarta volta in tre minuti, apro la porta della mia camera per andare in sala da pranzo, ma proprio mentre sto per varcare la soglia, quell'aggeggio elettronico decide di iniziare a vibrare.

Immagino sia Nicholas che vuole sapere le ultime novità, ma quando mi avvicino e leggo il nome di Iris, quasi manco un battito.

Non le do il tempo di fare un altro squillo, che mi catapulto su di esso e rispondo immediatamente.

Dall'altra parte non si sente volare una mosca, perciò decido di intervenire con un semplice "ehi", che viene poi interrotto subito da un suo "scusa".

"Che succede?" le domando rimettendomi a letto, con un braccio a farmi da cuscino e un sorriso a dipingermi le labbra.

"Mi dispiace disturbarti proprio in questo momento, ma avrei bisogno di una mano".

Immediatamente mi allarmo.

Lei è stata presente già in mie due giornate no e mi ha sempre teso la mano per risalire a galla, il minimo che posso fare è aiutarla, perciò senza pensarci due volte le chiedo che cosa succede.

"È un po' difficile spiegarlo al telefono, se ti do il mio indirizzo, potresti venire un attimo a casa mia?" mi chiede con tutta calma.

Lì per lì rimango spiazzato, ma non posso non accettare, quindi annuisco.

Solo in seguito mi ricordo che non può vedermi, quindi esordisco con un "non ci sono problemi".

Mi ringrazia non so quante volte e alla fine ci salutiamo, ovviamente non manca la raccomandazione principale, ovvero "ti prego fai subito, che è urgente".

Già sono ipocondriaco di mio, se ci si mette pure la fretta, non andiamo da nessuna parte.

Ma comunque le dico di non preoccuparsi.

Attendo il suo messaggio con il suo indirizzo e nel frattempo decido di andare a fare una bella doccia, almeno quello è dovuto.

Perciò prendo i vestiti di ricambio e mi dirigo in bagno mentre sento degli schiamazzi al piano inferiore in cui si domandano che fine abbia fatto.

Non ci do tanto peso e mi chiudo la porta alle spalle.

Mi spoglio di tutti i miei vestiti e li metto nella cesta dei panni sporchi, per poi catapultarmi dentro la doccia e lasciare che tutta la tensione e i pensieri negativi, spariscano così come sono arrivati: senza preavviso e soprattutto senza che nessuno li abbia chiamati.

L'acqua è fredda, ma a me piace così.

Cerco di non perdere ulteriore tempo e dopo essermi lavato per bene, passo ad asciugarmi.

La cosa importante sono i capelli, non riesco mai a dar loro un senso e questo mi innervosisce parecchio, ma questa volta riesco a trovare un look che non mi dispiace.

Mi vesto velocemente, infilando dapprima la felpa color senape che ho da parecchio tempo, ha visto giorni migliori, ma in questo momento è la prima cosa che mi è capitata sotto mano.

Poi passo ai jeans, sono un po' attillati e giurerei che fossero di qualche anno fa e soprattutto qualche taglia fa, ma anche questi mi entrano, a fatica, ma lo fanno.

E infine passo alle scarpe.

Mi guardo un'ultima volta allo specchio e sono pronto per andare.

"Non è un appuntamento Joseph, ricorda, non è un appuntamento" mi ripeto in loop come un mantra, mentre passo a prendere il mio telefono in camera e successivamente a scendere le scale a passo spedito.

Mi ritrovo in sala da pranzo, dove tanti, troppi, parecchi occhi si voltano in contemporanea nella mia direzione, facendomi venire parecchia ansia.

<<Finalmente>> esclama mio fratello Jader <<ti stavamo dando per disperso>> continua addentando un boccone di pasta al pomodoro.

<<Mangiate pure con calma, io mangio fuori>> esordisco non aspettando neanche una loro parola.

Prendo il mio giubbotto, le chiavi della macchina e mi dirigo fuori da casa con il cellulare alla mano e tanta ansia in corpo.

Salvami da me - HoldenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora