Inkpot Gods

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And what you hear is not silence
It's just the trees waiting to hear what next you'll hum
And what you see is not the dark
It's just the gods upturning ink pots 'cause they know what you'll become
[Inkpot Gods|The Amazing Devil]

«Dovremmo farlo su Solid.» commentò lui pensieroso, passandosi la mano sul mento con fare pensieroso - non si era ancora abituato alla mancanza della barba che aveva portato per anni.
«Perché dovremmo farlo su Solid? Sono delle sedie da riparare. Non dobbiamo progettarle da zero.» ribatté lei, voltando il capo verso di lui, e nel movimento i capelli castani voluminosi le si spostarono sulle spalle.
«Fate come volete, basta che riparate quelle sedie. Servono per la messa di domani.» disse la nonna di lei - una donna piccolina, ma in carne, a cui piaceva spiegare la sua corporatura con il detto: "nella botte piccola c'è il vino buono", dai capelli corti sempre acconciati nella stessa permanente da quando la nipote aveva memoria - passando dietro ai due ed uscendo dalla stanza. Lunga, dal soffitto a volta, ricavata dalla vecchia stalla, ora conteneva un lungo tavolo adatto ai pranzi e alle cene delle Feste anche se ormai inutilizzato da anni, collocato vicino al muro che dava sul cortile interno, opposto ad un vecchio divano, una vignetta satirica di Froid dalle dimensioni di un quadro ed un caminetto che non si ricordava più come funzionasse.

La giusta domanda da porsi era come erano esattamente finiti lì.
La risposta giusta era che non lo sapevano - o meglio, era stato un susseguirsi di strane coincidenze, a tal punto che se le erano dimenticate. Un attimo prima erano solo amici di un amico comune che prendevano il treno insieme per andare all'università, l'attimo dopo si ritrovavano a dover riparare insieme le sedie per la chiesetta di paese della nonna - che, a pensarci bene, aveva le panche. Da dove saltavano fuori allora?

«Fammi capire. Perché vorresti usare Solid?» chiese lei, girandosi completamente verso di lui. Le sembrava una proposta idiota e non avrebbe cambiato idea facilmente.
«Facendone il modello 3D possiamo capire com'è montata e cosa dobbiamo smontare. Velocizziamo il processo.» rispose lui, fronteggiandola - puntando i suoi grandi occhi nocciola su di lei e sfruttando tutta la sua altezza, e un poco la sua massa data dalle spalle larghe e dai bicipiti di una certa dimensione.
  Però non ottenne effetto su di lei - in effetti non faceva mai effetto su di lei - che tornò alla carica, indicando con un gesto esasperato il problema della discussione.
«Ma perché? Ci complichiamo solo la vita. Dobbiamo solo cambiare l'imbottitura e il cuoio che si è rovinato! Non dobbiamo restaurarle! Guarda-» indicò il cerchio di legno che contornava il cuoio blu, tenendolo aderito alla superficie sottostante «Basta rimuovere questo e si può cambiare la seduta.»
«Come fai ad esserne così sicura?»
Lei prese un profondo respiro, contenendo l'irritazione - Dio, da quando era così ottuso e ostinato?  - e procedette a scastrare il prima indicato e nominato cerchio di legno, poggiando i pollici sulla parte inferiore della seduta, il medio e l'indice sulla superficie superiore, per poi fare leva con le dita.
Per la stanza si sentì un secco crock e il cerchio si mosse, cadendo a terra quando lei allontanò le mani.
«Così. Senza bisogno di usare Solid e soprattutto complicarsi la vita cercandosi del lavoro in più.» C'era una lieve sfumatura polemica nella voce - ma solo lieve.
Lui annuì, continuando ad accarezzarsi il mento con fare pensieroso.
«Ne sai decisamente molto per essere la prima volta che le ripari.» commentò con quel suo tono diffidente, ma che il piccolo sorriso che si era formato sulle labbra rendeva tutto più giocoso.
Lei aveva la possibilità di stare al gioco, oppure continuare a fare l'arrabbiata - both, both is good.
«Si chiama osservare, genio.» spostò un piede un po' più in là, incrociando le braccia al petto con sfida.
«Quello non è qualcosa che puoi capire solo osservando. Avrebbe potuto essere bloccato sotto - come tra l'altro la maggior parte delle sedie, non ne ho mai viste di così.» commentò lui incrociando a sua volta le braccia al petto, il sorrisetto sempre presente.
«Non sai guardare. È ovvio che è bloccato dal cerchio di legno.» lei si voltò, agitando una mano come a dire "lascia perdere, sei troppo cocciuto per capirlo" e si poggiò un ginocchio a terra vicino alla sedia.
Vedendo che lui non si muoveva, ruotò il capo e disse alzando un sopracciglio:«Vuoi farmi fare tutto il lavoro da sola?»
Lui ridacchiò.
«Potrei. In fondo sei tu quella che mi ha trascinato qui e mi ha dato pure del lavoro da fare.»
Lei roteò gli occhi, mentre toglieva il cuoio e la vecchia imbottitura dalla sedia.
«Senti, chi lo sapeva che c'era questo da fare. Ho proposto di venire qui perché pensavo ci fosse pace, non immaginavo che non essendoci papà a casa la nonna mi avrebbe dato del lavoro da fare.» più che spiegare brontolò, rubando un'altra risata al rosso, che fece un passo avanti, passandole l'imbottitura sul tavolo che lei stava cercando di raggiungere ma senza riuscirci.
«Okay okay, va bene. Ma dopo voglio qualcosa in cambio.»
«Qualunque cosa tu voglia. Anche fare un dannato progetto di SolidWorks. Ma dopo.» commentò la castana, facendogli cenno di passargli il cuoio nuovo, di un rosso tendente al bordeaux, per sapere di che misura doveva tagliarlo.
Lui ridacchiò per la terza volta, passandoglielo.

Inkpot GodsWhere stories live. Discover now