Capitolo 16

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Dal piccolo spazio in cui ero stato rilegato, il tempo trascorreva lentamente, ma senza mai arrestarsi

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Dal piccolo spazio in cui ero stato rilegato, il tempo trascorreva lentamente, ma senza mai arrestarsi. Avevo consumato le giornate a osservare la neve cadere dal cielo e imbiancare, fino a far scomparire del tutto, il colore grigiognolo del muretto di quella minuscola vetrata che stava sopra la mia testa. Avevo ascoltato la pioggia cadere e battere sulle foglie degli alberi con intensità e osservato i fiori sbocciare pigramente. Il calore del sole, sempre più intenso, aveva riscaldato la mia pelle sempre di più, fino a scottarmi. L'aria si era fatta afosa e irrespirabile e avevo trascorso le giornate ad ammirare le rondini costruire il loro nido su quella maledetta finestra. Le avevo viste arrivare e le avevo scrutate mentre abbandonavano il nido per sfuggire all'autunno che, mite e talvolta turbolento, era arrivato lesto, accompagnato dal vento e dalla sua impetuosità. Così ero andato avanti. La neve era caduta diverse volte. I fiori avevano riempito le piante e le rondini erano tornate e fuggite via ancora e ancora. Io, prigioniero della crudeltà umana, restavo immobile in quel dannato cerchio, aspettando con impazienza l'arrivo del giorno in cui mi sarei vendicato.

«Ti trovo in splendida forma.» La porticina stondata della mia prigione si spalancò mostrando la mostruosa creatura entrare. Stringeva tra le mani dei grandi tomi e indossava abiti larghi che mal celavano il grande pancione.

«Sei gravida» constatai quasi orripilato da quella visione. La donna si arrestò sul posto e assottigliò gli occhi rossi su di me. Nel movimento di frenata, dalla sua crocchia spettinata e bianca, caddero alcuni ciuffi che andarono ad adagiarsi sulla pelle del viso diafana.

«Che orribile parola da utilizzare su una donna in dolce attesa. Non sono un animale.» Sentenziò quasi offesa dal mio linguaggio. Non potei fare a meno di increspare le labbra in un sorrisetto sghembo. Era davvero assurdo.

«Ne ho i miei dubbi.»

«Voi Shen siete così incivili...» Borbottò appoggiando i suoi libri sul tavolinetto ricoperto di erbe secche e candele consumate fino allo stoppino. Era ridicolo, ai limiti dell'assurdo. Io, prigioniero, dovevo sentirmi dare dell'incivile dal mio rapitore che mi aveva seviziato per tutta la prigionia. Una risata amara increspò le mie labbra e qualcosa di roco e selvaggio uscì fuori dalla mia gola, fino a risalire nella bocca e schiantarsi nell'aria con prepotenza. Magdalena sollevò un sopracciglio bianco e dipinse sul volto un'espressione stizzita.

«Ti viene da ridere?»

«Ovvio! Trovo ironico sentir parlare te di queste cose.»

«E per quale motivo?» Non risposi alla sua domanda. La mia faccia tornò seria e dura come lo era stata per tutti quegli anni e lei ne gioì. Se c'era una cosa che avevo imparato osservandola, era proprio che adorava mettermi in un angolo.

«Dopo tutto questo tempo trascorso insieme, hai ancora timore a parlare con me?» Schioccò la lingua contro il palato e mostrando un sorrisetto divertito. Se avevo timore di lei? Ovviamente no, ma temevo ciò che poteva farmi all'interno di questo cerchio magico.

Shen-L'ombra del dannatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora