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Disordine. Il disordine era ovunque, attorno e dentro Eryn.
Il viso stanco e gli occhi gonfi dal pianto, i capelli bagnati ma arruffati, l'anima in subbuglio e il cuore nuovamente spezzato. Tutto era in disordine e lei non era mai stata brava a mettere in ordine la sua camera, figuriamoci la sua vita e i suoi sentimenti.

Eryn non si era mai sentita così orribilmente egoista e, guardarsi allo specchio era una tortura. Avrebbe voluto urlare, schiaffeggiarsi per la sua stupidità nell'essersi lasciata andare ancora una volta. La sua anima era irrimediabilmente rotta e i pezzi che vagavano qui e lì, tagliavano e rompevano quel poco di autocontrollo che stava cercando di avere. Il dolore al petto stava diventando insopportabile e le lacrime non smettevano di solcarle il viso. Era fastidioso e frustante non riuscire a prendere il controllo delle sue emozioni, riuscire ad essere abbastanza lucida da smettere di piangere. Piangere era inutile e non avrebbe messo apposto quello che in lei si era rotto; quelle lacrime non avrebbero risanato le cicatrici che lei stessa aveva deciso di riaprire; quelle lacrime non l'avrebbero riportata indietro nel tempo per evitare di compiere quel gesto sconsiderato che, inevitabilmente, aveva fatto male a lei stessa, a Zayn e, che avrebbe ferito Dylan quando lo avrebbe scoperto.

Era una persona orribile e guardare il suo riflesso nello specchio del suo bagno, le faceva terribilmente male. Distolse lo sguardo dai suoi stessi occhi, il cui verde era diventato vacuo e debole, passandosi le mani nei suoi capelli bagnati. I segni di quella notte erano ancora lì sulla sua pelle bianca. Aveva cercato, invano, di mandarli via, aveva sperato che il getto d'acqua fredda avrebbe cancellato i segni della passione e dell'amore che faceva male, ma era stato tutto inutile. Quei segni erano un promemoria di quanto l'amore tra lei e Zayn era dannoso, di quanto quell'amore avrebbe distrutto loro e chi gli stava attorno.

Ancora avvolta nel suo asciugamano e con i capelli umidi che le ricadevano sulle spalle, uscì dal bagno e scese al piano di sotto. Il silenzio che regnava in quella casa era insopportabile, perché dava spazio a suoi pensieri di fare rumore, fin troppo rumore. Era un rimbombo assordante che le faceva venire il mal d'orecchio, e di testa, e di cuore. Era un tonfo continuo che diventava sempre più forte, fino a diventare reale come se qualcosa o qualcuno stesse facendo troppo rumore.
Quando si accorse che, in realtà, quel rumore era qualcuno che stava bussando impaziente alla porta, ormai questa rischiava di essere buttata giù.

Eryn chiuse gli occhi e cercò di far ritornare quel fastidioso rumore all'interno della sua testa, ma ignorare la persona che si trovava dall'altro lato era una cosa impossibile, così prese un grosso respiro e si avviò all'entrata. La mano che si avvicinò alla maniglia della porta le tremava, ma ignorò quel dettaglio e si fece coraggio ad aprirla.

Uno Zayn infuriato entrò in casa senza chiedere permesso. La superò velocemente senza nemmeno guardarla nei suoi grandi occhi, perché sapeva che se lo avesse fatto, se avesse lasciato che quegli occhioni verdi raggiungessero i suoi, tutto quello che aveva intenzione di dirle sarebbe rimasto nella sua testa. Era arrabbiato. Anzi no, era incazzato nero.

-Tu...- la voce gli tremava e non riusciva a starsene fermo ad un solo posto. Si passò una mano tra i capelli, mettendoli in disordine per l'ennesima volta da quando si era svegliato e non l'aveva trovata al suo fianco. -Sei una fottutissima egoista, Eryn.- le urlò contro, alzando gli occhi su di lei e costringendosi a non cedere.

Gli occhi di Eryn lo guardavano affranti e Zayn, ancora una volta, si accorse di quanto fosse danneggiata e rotta, di quanto la ragazza che amava fosse irrimediabilmente ferita. Ma non poteva cedere, perché quella mattina era stato lui quello a doversi svegliare senza ritrovarla nel suo letto, al suo fianco dove l'aveva lasciata. L'aveva cercata per tutta la casa, senza trovare alcuna traccia della sua presenza e, forse, solo in quel momento il moro era riuscito a capire quanto dolore aveva provato Eryn quattro anni prima. Forse quella era la punizione giusta a quello che le aveva fatto, ma se provare quel dolore significava che alla fine l'avrebbe avuta di nuovo con sé, allora preferiva soffrire.

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