CAPITOLO NOVE

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Quel giorno la sveglia suonò alle 05:30 del mattino. Manuel quella mattina doveva andare in università, seguire qualche lezione e prenotarsi degli esami che avrebbe portato tra due mesi. Dopo essersi lavato, vestito e mangiato del latte con i cereali stavolta, indossò la tracolla e uscì di casa avviandosi alla fermata del bus. Il bus fece un po' di ritardo e si ricordò di mettersi i guanti. Però si fermò e li ripose in borsa. Il mezzo arrivò e con coraggio salì facendosi fare il biglietto dal conducente e prendendo posto nell'ultima fila, accanto alla finestra a destra. Un'oretta dopo arrivò a La Sapienza, andando nell'aula 8 del Dipartimento di Filosofia. Si sedette per terra dato che non c'erano posti e prese il suo quaderno prendendo degli appunti. Non ci fece nemmeno caso del perchè si sedette lì, il Manuel di mesi fa avrebbe sbraitato di brutto mentre adesso era del tutto tranquillo. La cura che gli aveva indotto Simone man mano che passava stava funzionando, doveva semplicemente cercare di non pensare. Due ore e mezza di lezione furono interessanti e Manuel prese più quanti appunti possibili per poi studiare attraverso i libri. Uscì dall'università e stesso a piedi si avviò al bar, dove lavorò tutta la giornata fermandosi solo alla pausa pranzo. Furono le 19.30, quando sentì la campanella suonare e il corvino sistemando dietro al bancone, vide che era proprio il suo Simone.

«Oh Simò.» si poggiò al bancone sui gomiti.

«Manuel ma hai il viso pallidissimo, che è successo?» lo guardò preoccupato.

«So molto stanco Simò. Stamattina so stato in università perché devo da' du esami tra du mesi e poi so venuto qua a lavorare. Ho fatto solo la pausa pranzo...»

«Ma così è troppo, devi riposarti.» si ricordò che non poteva toccarlo per fargli una carezza sul viso e quindi ritrasse la mano.

«Si lo so, ma purtroppo nu tengo altra scelta. Devo studià e lavorà se voglio pagà l'affitto dell'appartamento. Me tocca.»

«Non ti reggi nemmeno in piedi.» lo guardò con un espressione triste.

«Tra poco vado a casa... nu preoccuparte pe me.»

«Invece mi preoccupo, ti portò a casa mia dopo. Non si discute.»

«Ma Simò, nu voglio disturbà...»

«Non mi importa, tu verrai con me.»

Il modo in cui il corvino guardava il castano era da perfetto innamorato, e non vedeva mai l'ora di riverderlo in qualche occasione della giornata. Ormai era diventata una vera e propria abitudine frequentarlo, ma su questo voleva andarci piano. Manuel era sempre stato un ragazzo serio e dolce, non scherzava mai con i sentimenti. Era sempre sincero con tutti e non conosceva la cattiveria, eppure glien'erano state fatte tante da bambino. Quando era con Simone, il suo cuore iniziava a battere velocemente cosa che non era mai capitato nella sua vita. Non si era mai innamorato per davvero, aveva avuto delle storie al liceo perché era un vero rubacuori ma adesso aveva da dare tutto il suo amore alla sua anima gemella.

«Te preparo un caffè?»

«No, chiudi il negozio e andiamo via.»

«Vado a lascià le chiavi a Matteo allora.»

Simone annuì e lo vide andare nella stanza riservata solo ai proprietari. Tornò in un lampo dopo due minuti e uscì dal locale insieme al maggiore. Salì in macchina mettendosi la cintura di sicurezza e l'altro fece lo stesso mettendosi alla guida. Improvvisamente Manuel mise la sua mano su quella di Simone e prese ad accarezzarne il dorso. A Simone non diede minimamente fastidio, anzi, gli piacevano quelle piccole attenzioni. Arrivò a destinazione in mezz'ora e scesero entrambi dall'auto. Simone mise le chiavi di casa nella toppa ed aprì facendo passare prima il piccolo. Il corvino guardò sorpreso la casa del castano, era veramente molto bella e grande. Avrebbe voluto anche lui una casa più spaziosa ma con lo stipendio che guadagnava non poteva permetterselo, giacchè doveva pagare anche Simo una volta finita la terapia.

«Puoi esplorare la casa, siamo soli.»

Annuì e guardò tante cornici sulla parete attrezzata. Vi erano foto di famiglia e singole di Simone, sia da adolescente che da bambino. Con la mano fece per prenderne una ma la ritrasse subito e si limitò a guardarle senza toccarle.

«Prendile.»

«C-Come?» lo guardò.

«Prendile in mano.»

«N-No Simò...»

«Fallo, ti prego.»

Manuel deglutì e pian piano prese le cornici tra le sue mani guardando meglio le foto al loro interno.

«Bravissimo, i progressi stanno venendo alla luce.»

«G-Grazie...» si imbarazzò.

«Sei bellissimo.»

«Smettila... che me fai arrossì.»

Simone in quel momento non potè fare a meno di guardarlo insistentemente negli occhi. 

«Ancora nu m'hai detto quanti anni hai.» si destò dal suo sguardo che a malapena riusciva a reggere.

«Ho 28 anni, piccolo.»

Piccolo, lo aveva chiamato piccolo, il suo cuore batté forte d'improvviso e lo sguardo andò nuovamente sul viso di Simone, guardandolo dritto negli occhi.

Mysophobia | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora