Eldoria era una terra misteriosa dove il tempo sembrava sospeso o almeno così mi appariva. Vivevo a Tanis, una splendida città situata all'estremità del delta del fiume Rio Argental. Lì vivevo insieme alla mia famiglia e la vita era stupenda, ma poi un giorno tutto cambiò. Giunse in città una maga molto potente che voleva impossessarsi dell'intero regno. In poco tempo, la città fu invasa dal suo esercito. Molti valorosi guerrieri persero la vita e la città ben presto cadde sotto il suo dominio. Da quel giorno, strazio e dolore furono le uniche parole che il mio popolo avrebbe conosciuto.
Passarono gli anni e nulla cambiò. La gente aveva sempre più paura e io pregavo ogni giorno gli dei affinché ci aiutassero, ma nulla cambiava. Un giorno decisi di recarmi al tempio di Anat, dea protettrice dei guerrieri.
Il tempio era situato al centro della città. Mi sarei recata in quel luogo sacro per pregare e chiedere una spiegazione, pur sapendo che nessuno mi avrebbe risposto. Camminare per le strade della città era pericoloso; ad ogni angolo c'erano delle guardie che avevano il compito di ristabilire l'ordine in caso di rivolte. Il popolo ormai era stanco di lottare. Come si poteva continuare a sperare in una vita migliore quando tutto ti veniva tolto?
Con fare incerto giunsi al tempio. Quando salii i gradini, il mio cuore era colmo di paura. Sapevo che non stavo facendo nulla di male, ma per le guardie ogni scusa era buona per poter arrestare la gente. Mi ritrovai ben presto di fronte alla statua della dea, raffigurata con un'alta tiara piumata sul capo, l'ureo e il disco solare. Nelle mani teneva una lancia e uno scudo.
Osservai l'enorme statua, poi mi inginocchiai. "Mia adorata dea, sono giunta al vostro cospetto per pregarvi di porre fine a questa tirannia. Il popolo soffre e muore di fame, vi supplico, aiutateci." Nessuno rispose. Rimasi per qualche minuto lì, immobile, a osservare la statua dallo sguardo perso nel vuoto. Poi qualcosa successe. Il pavimento del tempio iniziò a tremare. Presa dal panico cercai un luogo per ripararmi, ma invano.
"Mi dispiace se vi ho adirata." dissi rivolta alla statua della dea. Poco dopo sentii una mano posarsi sulla mia spalla.
"Scusa, non volevo spaventarti, mortale."
Quando mi voltai, non potevo credere ai miei occhi: la dea era proprio davanti a me. "C-com'è possibile?" chiesi, guardandola incredula.
"Credo che la tua preghiera mi abbia condotta a te. Solo una persona pura di cuore poteva risvegliarmi, ma non resterò a lungo poiché il mio posto è accanto agli altri dei." Mi guardò per un istante, poi continuò a parlare. "Quello che il tuo cuore desidera può essere realizzato, ma dovrai darmi l'oggetto a cui tieni di più."
Guardai la dea e, in un primo momento, non compresi ciò che mi stava chiedendo. Sembrava troppo semplice.
"Non capisco, volete solo un oggetto?"
"Sì, mia cara. Vedilo come un'offerta a me, ma non deve essere un oggetto qualsiasi. Deve essere uno che per te ha un valore sentimentale." La dea fece una pausa, poi guardò il mio polso. "Sento che quel bracciale ha un'importanza particolare."
"No, vi prego, era di mia madre" supplicai, sperando che capisse.
"Quanto può valere un bracciale in confronto alla vita del tuo popolo?" chiese la dea.
Una vita per un gioiello: ecco cosa mi stava chiedendo la dea. Per quanto potesse essere difficile per me, visto che era l'ultimo dono di mia madre, feci la cosa giusta. Tolsi dal polso il bracciale e lo porsi alla dea.
"Hai fatto la scelta giusta, Yanara. Ti verrà consegnata la spada della giustizia. Usala con cautela e guida l'esercito del regno." Poco dopo, la dea scomparve.
Calò il silenzio e io rimasi da sola. Sperai che la dea apparisse nuovamente o che avesse lasciato la spada da qualche parte. Decisi di dare un'occhiata nel tempio, ma dell'arma nessuna traccia.