<<Non ci credo che tu ti sia fatto vomitare addosso>>.
Nicholas è davanti a me e continua a prendermi in giro da quando quel pomeriggio ho fatto la stupidaggine di chiedergli di andare a prendere qualcosa da bere insieme, perchè avevo bisogno di parlargli.
Immaginavo tutto quello che da lì a poco sarebbe uscito dalla sua bocca, immaginavo che avrebbe riso di me e che lo avrebbe fatto per un'altra ora buona nel caso, immaginavo anche che avrebbe saputo darmi ottimi consigli, peccato che quelli tardavano ad arrivare.
Ero con il mio long island davanti, ancora pieno, in un bar semi deserto, a rimuginare sul fatto che sì, ero stato un emerito idiota, ma che per fortuna mi ero scampato il pericolo di innamorarmi di una donna con una figlia.
<<Quando la smetterai de prendemme per il culo, c'avrei da chiederte un consiglio>> esclamo quasi scocciato dalle sue continue risate, ma al tempo stesso, anche parecchio divertito.
Ieri sera, quando sono tornato a casa, mi sono buttato sul letto e ho iniziato a pensare a quanto nella mia sfortuna, sono anche abbastanza fortunato: ho due genitori che mi vogliono bene, la compagna di mio padre ormai è diventata un'amica e in più ho due fratelli con cui ridere e scherzare in continuazione e una sorella un po' più piccola da proteggere.
Iris invece è sola, non ha più nessuno in grado di prendersi cura di lei, al contrario, è lei che deve prendersi cura di una bambina di a malapena cinque anni, è dovuta crescere troppo in fretta quando quel giorno, purtroppo ancora abbastanza vicino, le è arrivata la notizia che i suoi genitori non c'erano più.
E mi si stringe il cuore a pensare di essere impotente in queste situazioni.
Vorrei fare qualcosa, vorrei essere qualcuno per lei, essere presente, esserci quando ha bisogno, quando è triste, quando le manca la terra sotto i piedi e non sa come venirne fuori.
<<Hol ma mi stai ascoltando?>>.
Nicholas mi sventola una mano davanti la faccia e improvvisamente ritorno con i piedi per terra, prestandogli attenzione, anche se in realtà non ho capito niente di cosa abbia detto.
Scuoto la testa e gli chiedo scusa, ma non riesco a rimanere concentrato per più di dieci secondi.
Ho un leggero mal di testa che mi porto da ieri sera e neanche le pasticche prese per calmarlo sono servite.
<<Mi sa che ti sei preso una bella cotta eh?>> esordisce riportandomi con lo sguardo su di lui.
<<Ma che stai a dì, piantala de sparà cazzate>> mi altero, anche se forse non ha tutti i torti.
Ma chi mai potrebbe amare uno come me?
Sono un disastro continuo, ho fatto scappare più ragazze io, che il classico cattivo ragazzo del quartiere.
Sono ingestibile, autoritario, a tratti antipatico e rancoroso.
Potrei continuare, in quanto la lista è davvero lunga, ma preferisco non rimanerci troppo male a scoprire che le qualità sono davvero poche.
<<Ma perchè fai così?>> mi domanda sorseggiando il suo thè alla pesca e non togliendomi gli occhi di dosso neanche per mezzo minuto.
<<Perchè non sò adatto a fà il fidanzato>> sputo quasi con rassegnazione.
<<E questa stronzata chi te l'ha detta?>>.
Abbasso lo sguardo per una frazione di secondo.
È stata l'ennesima pugnalata al cuore e una frase così non si dimentica facilmente.
"Non sei bravo neanche come fidanzato, meriti di stare da solo".
Le parole della mia ultima disastrosa relazione, sembrano tornarmi in mente come un macigno.
<<Ascoltami, smetti di pensare a ciò che è stato e vai avanti>> mi dice in tono amichevole.
Come se fosse facile poi.
Sbuffo una risata e mando giù il mio drink fino all'ultima goccia. Voglio sentire la testa girare e farmi più male di quello che in realtà fa, voglio sentirmi felice.
<<A parole sono tutti bravi>> biascico giocando con un braccialetto che ho al polso, me lo aveva regalato la mia sorellina al mio ventesimo compleanno e da lì non me lo sono più tolto.
<<Meriti qualcuno che sappia capirti, nonostante tu dentro sia un casino. Meriti qualcuno che sappia capire chi sei, che vada oltre al tuo brutto carattere e credimi, "oltre" non è un posto per chiunque.
Punto di nuovo lo sguardo verso il mio migliore amico e mi domando quando sia diventato così saggio, ma forse era proprio quello che mi serviva.
Lo ringrazio per le belle parole e per avermi fatto compagnia, poi ancora traballante, mi alzo, pago l'aperitivo per entrambi e me ne torno a casa, dicendogli comunque che ci saremmo sentiti per eventuali novità.
La testa continua a pulsare e non credo sia dovuto a qualcosa che ho bevuto.
Mi sento accaldato e ho bisogno di stendermi, ma casa è ancora troppo lontana e la stanchezza inizia a farsi sentire.
Dopo interi minuti a girovagare come un disperato, nel vano tentativo di rimanere in piedi, intravedo la mia abitazione da lontano.
Con le ultime forze rimaste, tiro fuori le chiavi di casa e apro il portone.
Non saluto nessuno e mi dirigo immediatamente in camera mia.
L'oscurità è quello che mi serve in questo momento, abbasso le tapparelle e finalmente mi butto sul letto.
Mi era mancato così tanto.
Mi tocco la fronte e noto con piacere che sono anche abbastanza caldo.
Va a finire che mi sono beccato la febbre anche io a forza di stare a contatto con quella bambina.
Ma lo rifarei altre mille volte se ciò mi permettesse di vedere Iris sorridermi come l'ultima volta.
Per evitare ogni dubbio, apro il primo cassetto del comodino accanto al mio letto e tiro fuori un termometro nuovo di zecca, ipocondriaco come sono, se non ho tutto sotto controllo, potrei rischiare di impazzire.
Lo infilo sotto il braccio e attendo svariati minuti.
Quando il termometro emette il famoso "bip", lo sfilo da sotto l'ascella e mi meraviglio di come abbia fatto a rimanere in piedi per tutto questo tempo.
La temperatura segna 38 e mezzo e gli occhi iniziano a chiudersi da soli.
Prendo il telefono e mando un messaggio a Nicholas, dicendogli che domani non ci saremmo potuti vedere, perchè stavo male. Premo invio e lo poso sul comodino, ma prima di potercelo mettere e mettermi finalmente a dormire, quell'aggeggio mi avvisa dell'arrivo di un nuovo messaggio.
Sono consapevole che potrebbe essere Nicholas, ma dall'altra parte, lo riprendo per leggere che cosa vuole.
Rimango sorpreso quando mi accorgo che il mittente non è il mio migliore amico, ma bensì Iris che mi chiede se domani può venire a portarmi i pantaloni che ha lavato e stirato con cura.
Gli occhi si fanno pesanti e iniziano a lacrimare, ma trovo comunque la forza di risponderle, dandole l'indirizzo di casa e dicendole che può tranquillamente lasciarli a uno dei miei fratelli.
Aggiungo anche che ho beccato la febbre e che sarei andato a dormire subito.
Non attendo neanche una sua risposta, perchè le forze vengono meno.
Trovo giusto la forza di appoggiare il cellulare sul comodino e infine sprofondo in un sonno profondo.
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Salvami da me - Holden
FanfictionJoseph non era contento della sua vita. Ogni cosa che faceva e che viveva, era come un eterno loop infinito. Neanche la musica, sua compagna di vita da sempre, riusciva a dargli quelle emozioni che i suoi occhi stanchi celavano dietro a finti sorris...