Capitolo 8

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Rimasi con nostro padre ancora un po'. Non avevo la forza di abbandonare il suo capezzale.

Dopo circa mezz'ora in cui ero rimasta in assoluto silenzio a tenergli la mano mi alzai e cominciai a vagare per i corridoi del castello. Un miliardo di pensieri mi annidavano la mente.

-Cosa fare ora? Come andare avanti? Qual è la mia priorità in questo momento?...-

Dopo aver camminato per non so quanto senza una meta precisa mi si avvicinò una figura scura, che riuscì a mettere a fuoco solo dopo che gli arrivai davanti.

"Principe Edward! Che sorpresa, non...non mi aspettavo di vederla qui" gli dissi con fare triste e sguardo vuoto. Non avevo voglia di vedere nessuno, volevo restare un po' sola coi miei pensieri. Anzi, no, non è vero, volevo mio padre. Volevo che si tirasse su dal letto e mi abbracciasse. Era l'unica cosa che mi avrebbe calmata ed era l'unica cosa che sapevo non sarebbe successa.

"Vi sentite bene, principessa? Sembrate così...stanca" domandò lui, preoccupato.

"Sto bene, grazie. Sono solo preoccupata per mio padre, e per un milione di altre cose, ma non è un vostro problema" gli risposi, tentando di improvvisare un sorriso, cosa che non mi riuscì molto bene.

"Si, ho saputo. Mi dispiace veramente molto. Se c'è qualcosa che posso fare per voi..."

Dai grugniti che sentivo provenire dalle mie spalle capivo molto bene quanto le rughe sulla fronte di Alan si stessero facendo profonde. Il suo sguardo di rabbia doveva essere davvero molto prominente, ma riuscì comunque a mantenere la sua compostezza di cavaliere, quanto meno per chi non lo conosceva bene come la sottoscritta.

"No grazie" gli risposi accennando uno splendido falso sorriso. Per quanto fossi triste ero pur sempre una principessa e non potevo mostrare così le mie debolezze.

"Però c'è una cosa che potreste fare per me. So che mia sorella vi sta cercando per farvi qualche domanda. So che potrebbe essere imbarazzante ma potreste accontentarla per favore? È solo il suo modo per elaborare la cosa"

"Siete molto buona nei confronti di vostra sorella"

"Dalla morte di nostra madre mi sono assunta il compito di essere come lei...almeno quando sono con Hel..." avrei voluto dire ancora tante cose, su come ero stata una madre per Hel in tutti questi anni, come l'avevo assecondata nelle sue idee per quanto le considerassi folli perché sapevo che la mamma si sarebbe fidata di lei, di come le avevo lasciato i suoi spazi tenendo però sempre un occhio vigile su quanto le accadeva...

Ma mi tornò come un pugno dritto nello stomaco quanto mi aveva confidato mia sorella qualche mese prima. Il modo in cui tutti questi anni si era presa la colpa per la morte di nostra madre, come aveva cercato di fare ammenda nelle maniere più bizzarre e pericolose.

D'un tratto tutte le immagini che avevo della mia infanzia successive a quel giorno assumevano tutto un altro significato.

Quante volte ero stata io quella bisognosa di aiuto, quella che piangeva la notte per via degli incubi, quella che tentava attività come andare a cavallo o anche solo arrampicarsi sugli scaffali della biblioteca, e ogni volta con me c'era sempre stata mia sorella, ad asciugarmi le lacrime, ad evitare che cadessi, che mi facessi male.

Realizzai in un attimo che in effetti lei era stata una mamma per me molto più di quanto io lo fossi stata per lei. La sorpresa di questo mio pensiero si unì allo sconforto e alla tristezza.

L'unica cosa in cui pensavo di aver eccelso in questi anni rispetto a mia sorella svaniva così in una nuvola di fumo.

"Vengo proprio ora da un incontro con vostra sorella" disse improvvisamente il mio interlocutore dopo un silenzio d'attesa che doveva essergli sembrato infinito.

"Ah si?" riuscì solo a rispondergli io, riprendendo lentamente coscienza di dove mi trovo e chi avevo davanti.

"Si, e mi è sembrata parecchio strana, se mi è concesso dirlo"

"Se vi riferite alle domande che vi ha fatto..."

"No, non è tanto per quello. Quello posso capirlo. Quanto più dove me le ha fatte. Era nella sala del trono di vostro padre, seduta sul suo trono dorato. La cosa mi è sembrata parecchio strana se devo ammetterlo"

Quest'ultima cosa mi diede il colpo finale che mi riportò alla realtà.

-Perché mai Hel dovrebbe sedersi sul trono di nostro padre, non ha senso! Devo andare a parlarle immediatamente, magari ho solo capito male-

Mi congedai quasi all'istante dal principe Edward e mi diressi lentamente verso la sala del trono per accertarmi di persona di quanto mi aveva detto.

-E' impossibile, sicuramente deve esserci un errore, o quantomeno una spiegazione credibile...-

Pensavo mentre mi avvicinavo sempre di più alla sala del trono.

Appena arrivata non ebbi nemmeno bisogno di bussare alla porta. Uno spiraglio mi lasciava perfettamente intravedere l'interno.

Se fosse stato un giorno normale avrei visto Hel china sulla mappa a studiare ogni singolo centimetro dei nostri confini. Da piccole un paio di volte l'avevo vista lanciargli contro persino delle freccette, come per decidere quale regno attaccare per primo.

Questa volta però Hel non era lì.

Non dovetti vagare con lo sguardo o sporgermi all'interno per vederla. Era in piedi davanti al trono di nostro padre, sul penultimo gradino vicino alla cima. Era talmente vicina che se avesse allungato la mano di poco lo avrebbe toccato.

- Edward aveva ragione. Perché mai è qui? Non dovrebbe essere qui, non in questa sala. Cosa crede di fare?-

Non mi ero resa conto che concentrandomi per vedere meglio mia sorella mi ero sporta in avanti e, perdendo leggermente l'equilibrio, avevo fatto aprire la porta un po' di più, generando un gran frastuono che aveva rimbombato per tutta la sala, portando Hel a voltarsi di scatto e a incontrare il mio sguardo.

Due capitoli dello stesso libroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora