Capitolo 7

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LUCA POV

Lo sapevo, avevo tirato troppo la corda e l'avevo persa definitivamente. Aveva il suo fidanzato a proteggerla, non aveva bisogno di me. E, per cercare di dimenticarlo, ero ritornato quello di prima. Appena uscito dall'ospedale, sono andato in un bar, ho bevuto, ho adocchiato la prima ragazza che era pronta a ricevere le mie avances e, senza pensarci due volte, eravamo andati nella mia macchina a fare sesso e poi, come se non bastasse la prima, l'avevo accompagnata a casa e, salendo insieme a lei, eravamo finiti nel suo letto, pronti per il secondo round.

Così, alzandomi, ovviamente senza fare rumore, iniziai a rivestirmi. Dieci minuti dopo, ero già nella mia macchina, diretto in albergo. Di sicuro mi sarei sorbito la ramanzina di mia madre per non averla avvisata. Infatti, appena parcheggiai, vidi mia madre venirmi incontro, completamente infuriata. Prima che potessi chiederle scusa, mi arrivò un ceffone sulla guancia. Mi disse:<<Ti rendi conto di che nottataccia mi hai fatto passare, Luca?>> Le risposi:<<Hai ragione mamma, mi dispiace tantissimo. Però, possiamo parlare tra un paio d'ore?>> Mi disse:<<No, ne parliamo adesso. Mi hai detto che ti assentavi per un pò, non per tutto il giorno>>. Le risposi:<<Lo so mamma, hai ragione ad essere arrabbiata ma, ho solo provato ad aggiustare qualcosa con scarso risultato>>. Lei mi disse:<<Che genere di risultato?>> Le risposi:<<Lascia perdere>>. E, superandola, andai nella stanza che condividevo con mia sorella, mi spogliai ed andai a farmi una doccia.

Ero veramente deluso ed umiliato, volevo essere d'aiuto per una persona che credevo fosse mia amica, invece mi sbagliavo alla grande. Così, dopo essermi vestito con solo un pantalone della tuta, mi sdraiai sul letto e iniziai a pensare alla giornata di ieri. Ero stato veramente un coglione a presentarmi lì in ospedale, lì da lei. Avevo giurato a me stesso di non cascarci più, di non provare più emozioni che non avrei dovuto provare. Non mi sarei dovuto affezionare così tanto ad Elena, per lei non sono nient'altro che un amico anzi, un semplice amico ed io, come un emerito coglione, anche se avevo giurato di non cascarci più, avevo fallito perchè c'ero troppo dentro.

Ma, mentre ero completamente assorto nei miei pensieri, il mio cellulare iniziò a suonare. Appena presi in mano il telefono, rimasi spiazzato sul display c'era scritto "Elena" ma, in meno di trenta secondi, chiusi la chiamata. Non volevo sentirla. Sapevo benissimo che reagendo così ritornavo ad essere lo stronzo che ero ma, sentivo di dover ritornare ad esserlo per tentare di dimenticare una ragazza che non potevo avere e che mi vedeva solo come un amico. Così, ponendo fine ai miei pensieri, mi alzai dal letto e, indossando una maglietta, uscì fuori dalla camera e andai nella hall.

Nel mentre raggiungevo gli altri, il mio telefono continuava a squillare. Così, stanco di ascoltare quella maledetta suoneria, misi la vibrazione al telefono, continuando ad ignorare Elena. Arrivato nella hall, mi imbattei in mia madre che vedendomi, mi disse:<<Dov'eri finito?>> Le risposi:<<Ero in camera, non allarmarti>>. Mi disse:<<Tu dici che non devo allarmarmi?>> Le risposi:<<Si, non devi farlo. Ti avrei avvisata se sarei uscito, ma sono qui>>. Mi disse:<<Luca quello che hai fatto, secondo te è una cosa normale?>> Le risposi:<<Non è normale, sono d'accordo con te ma, non lo faccio sempre. Era da tempo che non lo facevo. Comunque, la ramanzina me l'hai già fatta, posso andare a mettere qualcosa nello stomaco?>> Mi disse:<<Ci andrai tra un minuto. Voglio sapere se queste "sparizioni notturne" le facevi anche quando tu e Giada eravate a casa da soli>>. Le risposi:<<Certo che no, mamma. Quando eravamo a casa, mi dedicavo a mia sorella con tutto me stesso, non facevo come te e papà che, per pensare alla vostra catena di alberghi, pian piano vi siete dimenticati noi>>.

E, dopo quelle parole, ricevetti un altro ceffone da mia madre. Così, senza pensarci, andai al ristorante. Mentre mangiavo, iniziai a sentire un peso sullo stomaco per le parole dette a mia madre. E, senza pensarci due volte, lasciai il mio tavolo e mi diressi da lei. Appena entrai nel suo ufficio e la vidi girata di spalle a piangere, mi sentì una merda. Così, chiudendo la porta e abbracciandola da dietro, le dissi:<<Scusami mamma, non dicevo sul serio, non le penso quelle cose, credimi>>. Lei mi rispose:<<Sono stata una cattiva madre per moltissimo tempo. Tu e tua sorella avete ragione ad avercela con me però, ce la sto mettendo tutta per recuperare il tempo perso>>. Le dissi:<<No mamma, non sei una cattiva madre>> e, mettendomi di fronte a lei, ripresi:<<sei una mamma che sta facendo moltissimi sacrifici per farci vivere una vita normale e noi dobbiamo essere grati per questo. Scusami per tutto quello che ti ho detto, non te lo meriti. Sono soltanto arrabbiato per cavoli miei e me la prendo con te che non c'entri nulla. Ti voglio bene, mamma>>.

La mia ancora di salvezza sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora