Un bambino dai mille colori

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Mattia era così vispo e intelligente che tutti, ogni santa volta, se ne meravigliavano. Era strano per un bambino di 6 anni riuscire a parlare in maniera così frenetica senza mangiarsi una parola o far confusione. Ed era ancor più sorprendente il fatto che il piccoletto non sbagliava un tempo verbale.
"Il bambino è un genietto" – disse il preside in occasione dell'ultima riunione scolastica, ed io ero fiero e orgoglioso di lui. Mi capitava spesso di parlare con i miei genitori per dirgli che il marmocchio stava diventando grande e non solo fisicamente ma anche psicologicamente, anzi, psicologicamente era molto più avanti rispetto alla sua età. Mamma e papà sarebbero stati più orgogliosi di me.
Era bellissimo, magro, piccolo, con degli occhioni color nocciola che ti parlavano e ti dicevano quanta dolcezza nascondesse quel bimbo, dei riccioli castani solcavano la sua fronte, facendo da contorno a un nasino paffuto e delle labbra sottili, anche per via del suo sorriso che restava stampato sul suo viso per tutte le giornate.
Quella mattina era un po' arrabbiato per via di un suo compagnetto che da un paio di giorni aveva cominciato a vantarsi per il suo nuovo regalo di compleanno, un videogame che Mattia adorava ma che purtroppo, non possedeva.
"Mi fa i dispetti! Non è giusto. Ieri mi ha detto che io non potrò mai averlo perché non ho una mamma e un papà che possono regalarmelo." – mi aveva detto mentre mangiava una crostatina.
"Ma hai pur sempre il tuo fratellone!" – gli avevo risposto cercando di attutire il colpo.
I nostri genitori ci avevano lasciato da circa un anno, a causa di un incidente stradale. La ferita era ancora aperta, ma lui, come al solito, aveva mostrato più maturità di me nonostante avesse quasi vent'anni in meno. Sarà perché molto piccolo, ma lui riusciva a nascondere questa tragedia dietro un sorriso, cosa che a me ancora risultava piuttosto difficile.
Mattia ricordava tutto di mamma e papà, proprio tutto nei minimi dettagli. Le loro abitudini, i loro profumi, i loro volti e le loro parole. Tutto quello che aveva passato insieme a loro in 5 anni, lo ricordava perfettamente ed era strabiliante. Quando arrivò la telefonata, lui era vicino a me, cercai in tutti i modi di nascondere le lacrime ma lui esordì sul silenzio dicendomi: "Non preoccuparti fratellone, ce la faremo. Mamma e papà saranno sempre con noi".
Fu tutto così assurdo, una risposta del genere neanche io sarei riuscita a tirarla fuori davanti questo dramma. Mattia era la mia forza.
Appena finì di mangiare la crostatina, lo accompagnai a scuola. Tenne il faccino imbronciato per tutto il tragitto e a me di tanto in tanto, scappava un sorriso. Dopo averlo salutato e lasciato a scuola, andai di corsa al primo negozio di videogame lì vicino e gli comprai due giochi. Immaginavo già il suo viso dopo aver visto i regali. Ero emozionato e felicissimo ancor prima di uscire dal negozio. Quando mi accorsi che ero in ritardo al lavoro già di 20 minuti, corsi immediatamente alla mia auto e sfrecciai verso la sede dell'agenzia dove lavoravo.

​Davanti scuola esultò come se avesse segnato un goal al 90' minuto durante la finale dei mondiali, aveva gli occhi lucidi ed era in procinto di piangere. Il nostro abbraccio durò un paio di minuti, perchè oltre ad esserci il mio c'era anche quello di mamma e papà. Saltellando vivacemente accanto a me il piccolo mi seguì verso l'auto, pronto per andare a casa a provare i suoi nuovissimi videogames.
Successe tutto in un attimo, una manciata di secondi. Mi caddero le chiavi per terra, sotto un auto, mi chinai per coglierle e mentre le cercavo sentii il rumore di una frenata improvvisa e poi un botto. Mattia aveva attraversato la strada senza di me e il suo corpicino giaceva per terra davanti lo stupore della gente.
Mi gettai su di lui, era ancora vivo ma i suoi vestiti colorati adesso avevano un rosso predominante, il suo viso era sporco e lui teneva gli occhi semi-aperti, tra le mani teneva stretti i videogames, non li aveva lasciati neanche durante la caduta.
Avevo il cuore in gola, mi veniva da piangere, non riuscivo a far nulla, non riuscivo a parlare.
Mattia mi guardava, la gente intorno aveva già chiamato i soccorsi, dovevo solo tenerlo sveglio.

"Picc..." - dissi prima di essere interrotto da Mattia che prontamente mi risposte: "Sto bene."
Cominciai a tremare.
"Vuoi piangere?" - gli chiesi prendendo le sue manine e stringendole tra le mie.
"Tu vuoi piangere, fratellone". - mi rispose.
"Guarda cosa ho trovato..." - gli dissi mentre misi le mani in tasca e tirai fuori una fotografia dei nostri genitori. Mattia sorrise e con tanta forza la prese con una mano, mentre con l'altra cominciò ad accarezzare i volti di mamma e papà. In lontananza il suono di una sirena cominciava ad aumentare gradualmente, i soccorsi stavano arrivando.
"Mamma..... papà......" - disse Mattia, ma non guardava in direzione della fotografia, il suo sguardo era fisso nel vuoto. Mamma e papà erano lì, pronti per portarlo con loro.
Mattia morì prima dell'arrivo dei soccorsi e portò via con se anche una parte di me.
Ogni mattina vado a trovare la mia famiglia, portando tre mazzi di fiori e un pupazzetto, ormai Mattia è pieno di pupazzetti anche se già è diventato grande.
Si dice che sono sempre le persone migliori a lasciarci, Mattia era un angelo... e gli angeli, lo sappiamo tutti, non sono fatti per stare sulla terra.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 05, 2015 ⏰

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