Capitolo 1

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Mi hanno sempre detto che il tempo cura ogni ferita, che il dolore è destinato ad andare via e che i ricordi più spiacevoli, man mano, diventano offuscati. Mi hanno anche detto che siamo fatti per cadere e rinascere, raccogliere i cocci e ricostruire, voltare pagina ed andare avanti. E hanno inoltre aggiunto che nel libro che narra la vita non c'è spazio per i punto e virgola, per i capitoli riletti infinite volte, perché la vita è una e nulla e nessuno ci darà indietro gli attimi persi.
Ho vissuto una vita intera a spingere me stessa a credere a quelle parole, eppure tutto quello a cui riuscivo a pensare era il fatto che il tempo non ha mai guarito un bel niente: le ferite sono rimaste lì, dannatamente vive, infette, incapaci di guarire. Il dolore non si è mai affievolito anzi, infinite volte mi ha spinta sull'orlo di un baratro e i ricordi beh, non sono mai stati più vividi. Sono morta e rinata infinite volte, certo. Sono caduta a pezzi e ho raccolto i cocci ma l'insieme non è più stato lo stesso, io non sono più stata la stessa. E quelle pagine le ho odiate, con ogni fibra del mio corpo e le ho strappate via, bruciate fino a ridurle in cenere, ma nessuno mi aveva mai avvertita del fatto che l'inchiostro sarebbe rimasto sotto pelle, al disotto di quelle ferite, pronto a bruciare come fuoco rendendomi impossibile mettere un punto a tutto e porre fine a quella tragedia.
La verità è che mi sono sempre sentita come un libro incompleto, con pagine stracciate da uno scrittore che odia ogni lettera scritta, destinata a finire nel fondo più remoto di un cassetto che non verrà più aperto.
Credevo che la mia forza sarebbe stata sufficiente, che fossi intelligente abbastanza da colmare le mie mancanze e che l'amore che provavo mi avrebbe impedito di indietreggiare, ma di fronte alla morte, al sangue versato, alle lacrime di pura disperazione e dolore mi sentivo così debole, svuotata, incapace, senza speranza. Ero sempre stata il nulla più assoluto, una folle prepotente abbastanza da credere di poter cambiare le cose. Forte abbastanza da non cedere ma così debole da non poter far altro che guardare inerme la sua vita crollare, pezzo dopo pezzo.

«Svegliati, per favore.» sussurrai con le lacrime agli occhi posando il capo sul suo petto: sentivo il battito del suo cuore, lo seguivo come se fosse l'unica sinfonia in grado di tenere in vita entrambe e battevo l'indice sulla sua mano stretta alla mia, cercando mille modi di mantenere anche solo il più fievole contatto con lei.

«Apri gli occhi, g... guardami.» continuai sentendo il mio cuore bruciare nel petto.

«Stringi la mia mano ancora una volta. Ti prego, R... Raegan.» la supplicai stringendo la sua mano ma lei non reagì.
Mi morsi con forza il labbro, chiusi gli occhi e cercai infiniti modi per tornare a respirare in modo regolare. L'ossigeno sembrava incapace di raggiungere i miei polmoni, il mio petto bruciava e io boccheggiavo in cerca di aria mentre affogavo nelle mie stesse lacrime, completamente sconfitta, disperata.

«Hai poco più di un'ora.» la voce di Priya raggiunse il mio orecchio destro ma non mi mossi, rimasi lì, con gli occhi chiusi, ad ascoltare il battito.

«Scarlett!» mi richiamò Priya lasciando andare un lungo sospiro.

«Devi andare e mostrarti forte. Lei... non è in grado di proteggere se stessa, al momento, quindi devi farlo tu. Non lasciare che qualcuno apra delle crepe. È un momento critico, non puoi...»

«Ma il suo cuore...»

«Sono passate settimane dall'ultima volta che hai lasciato quella stanza, è arrivato il momento di far vedere che non tutto è perduto, che il gruppo non sta cadendo a pezzi, che sei forte e...» per un momento Priya smise di parlare, poi sospirò anche lei esausta e infine si decise a parlare.

«Hanno bisogno di vedere che c'è qualcuno di affidabile e forte al suo fianco, che farebbe qualsiasi cosa per proteggerla.» continuò con un tono stanco.

«Se le sue condizioni dovessero peggiorare mentre sei via sappi che ci sono persone affidabili pronte ad intervenire. In ogni caso saresti la prima ad essere avvisata.» continuò.
Subito dopo qualcuno bussò alla porta della camera e, senza esitare, estrassi la pistola dalla cinta, mi tirai su e la puntai contro la porta. Se qualcuno si era finalmente deciso ad agire, avrebbe dovuto prima passare sul mio cadavere.

Stitches - May We Meet Again SequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora