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Nei giorni successivi, la tensione a Villa Riddle era palpabile. Voldemort non aveva dimenticato il piccolo incidente nel giardino, e la sua ira sembrava sempre a un passo dall'esplodere nuovamente. Io cercavo di mantenere un basso profilo, evitando di attirare ulteriormente la sua attenzione. Ma una sera, mentre stavo nella mia stanza cercando un po' di pace, un elfo domestico apparve improvvisamente davanti a me, con gli occhi spalancati per il terrore.

"La signora deve venire subito," disse con voce tremante. "Il Signore Oscuro vuole vedere la signora."

Mi alzai lentamente, il cuore che batteva all'impazzata. Seguii l'elfo lungo i corridoi oscuri fino alla grande sala dove Voldemort stava in piedi, il volto contorto in un'espressione di fredda determinazione. Accanto a lui c'era Merope, visibilmente spaventata, con le mani che tremavano.

"Iris," disse Voldemort con una calma sinistra. "È giunto il momento di eliminare una debolezza nella nostra casa."

Sentii un gelo attraversarmi il corpo. "Cosa intendi?" chiesi, la voce tremante. "Merope ha dimostrato più volte di essere inutile e una potenziale minaccia alla nostra sicurezza. È tempo che venga eliminata."

"No!" gridai, senza pensare. "Non potete fare questo! È tua sorella"

Voldemort si girò lentamente verso di me, il suo sguardo freddo e tagliente. "E chi sei tu per dirmi cosa posso o non posso fare?" chiese, la sua voce carica di veleno. "Merope è una debolezza che non possiamo permetterci."

"Mio Signore, vi prego," implorai, avvicinandomi a lui. "Non è necessario ucciderla."

Voldemort mi guardò per un lungo momento, il suo sguardo che penetrava nella mia anima. Poi, con un gesto rapido, sollevò la bacchetta e la puntò verso Merope."Avada Kedavra!"

Un lampo verde riempì la stanza e Merope cadde a terra senza vita, gli occhi spalancati in un'espressione di terrore eterno. Sentii un grido lacerarmi la gola mentre le lacrime che scendevano copiose sul mio viso.

Mi inginocchiai accanto al corpo senza vita di Merope, sentendo il mondo crollarmi addosso. Non riuscivo a staccare lo sguardo dagli occhi spalancati di Merope, fissi in un'espressione di terrore eterno. "Alzati," ordinò Voldemort con voce tagliente, afferrandomi per il braccio e tirandomi lontano dal corpo di Merope. Mi trascinò via con una forza implacabile, ignorando i miei singhiozzi e le mie suppliche.

"Per favore, lasciami stare con lei," implorai, ma le mie parole caddero nel vuoto. Voldemort mi spinse contro un muro, il suo sguardo freddo e implacabile che mi penetrava come una lama affilata. "Non hai alcun diritto di sfidarmi," sibilò, la sua voce piena di veleno. "Merope era una debolezza che doveva essere eliminata. Tu mi appartieni, Iris. Non dimenticarlo mai."

Sentii il gelo della sua presa sul mio braccio, il suo sguardo che mi faceva rabbrividire di terrore. Non potevo fare altro che annuire, il corpo tremante e il cuore spezzato. "Portatela via," ordinò a due Mangiamorte, che si affrettarono ad avvicinarsi a me, sollevandomi con delicatezza. Mentre mi trascinavano via, gettai un ultimo sguardo al corpo di Merope, promettendo a me stessa che avrei trovato un modo per onorare la sua memoria.

Una volta lontana dalla vista di Voldemort, mi lasciai andare alla disperazione, le lacrime che continuavano a scendere inarrestabili. Mi condussero nella mia stanza, dove crollai sul letto, il cuore pesante e la mente affollata di pensieri dolorosi.

Mentre il mio corpo si abbandonava alla stanchezza e alla disperazione, sentii la porta della stanza aprirsi con un cigolio. Voldemort entrò con passo deciso, il suo sguardo freddo e impenetrabile che si posò su di me. "Iris," chiamò, la sua voce come un sibilo che mi fece rabbrividire. Mi sollevai a fatica, il corpo ancora tremante e gli occhi gonfi di lacrime. "Mio Signore," risposi con un filo di voce.

Voldemort si avvicinò al letto, fissandomi con un'intensità che mi faceva sentire piccola e impotente. "Devi capire che ogni debolezza deve essere eliminata," disse, la sua voce priva di qualsiasi traccia di compassione.

Il mio cuore si stringeva nel petto mentre ascoltavo le sue parole, ogni frase come una lama che mi penetrava l'anima. "Non posso dimenticare ciò che hai fatto a tua sorella," sussurrai, la voce rotta dal dolore. "Non posso dimenticare Merope."

Voldemort si avvicinò ancora di più, il suo volto a pochi centimetri dal mio. Sentivo il suo respiro freddo sulla mia pelle, ogni parola che pronunciava un richiamo al mio terrore più profondo. "Sei mia moglie, Iris. Devi imparare a vivere secondo le mie regole," ripeté, ogni parola accentuata con una calma inquietante. Le sue dita si strinsero intorno al mio polso, il suo tocco gelido e autoritario. "Capisci?" domandò, il suo tono non ammettendo replica.

Annuii debolmente, incapace di rispondere con parole. La mia mente era un vortice di dolore e paura, ma una parte di me sapeva che oppormi ora sarebbe stato inutile. "Sì, mio Signore," mormorai, la voce appena un sussurro.

Voldemort mi scrutò ancora per un momento, poi lasciò andare il mio polso con un gesto brusco. "Bene," disse, raddrizzandosi. "Ora riposati. Avremo molto da fare nei prossimi giorni."

Lo guardai mentre si allontanava dalla stanza, il suo mantello nero che fluttuava dietro di lui. Quando la porta si chiuse, mi sentii crollare, un misto di sollievo e disperazione. Il mio corpo cedette di nuovo sul letto, e mi rannicchiai in posizione fetale, cercando conforto nell'oscurità della stanza.

Il dolore per la perdita di Merope era insopportabile, ma dovevo essere forte. Dovevo trovare un modo per sopravvivere, per onorare la sua memoria e, forse un giorno, per trovare la mia vendetta.

Con il cuore pesante, chiusi gli occhi, cercando di trovare un po' di pace nel sonno, consapevole che il mio futuro sarebbe stato una battaglia continua.

Sotto il Regno delle Tenebre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora