Capitolo 10

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Il giorno seguente fummo impegnati nelle intercettazioni sul campo e a trascriverle, nella speranza che mergesse qualche dettaglio importante.

Ero seduta alla scrivania, con indosso le cuffie. Di fianco, Pascal mi toccò col gomito per farmi guardare cosa stesse scrivendo sul block notes.

"STASERA – ORE 21 – CENA"

Mi stava invitando a cenare da lui. Gli sorrisi e ci guardammo d'intesa.

Nel pomeriggio non riuscimmo a vederci, Pedro era stato fuori con il collega Wilson ed io in centrale con Jack a disquisire sull'argomento Ortega con Lopez. Smontammo dal turno abbastanza presto.

Mi preparai ed uscii. Macchina nuova. Eravamo soliti cambiare per non farci riconoscere.

Arrivai a casa del bruno. Indossai un semplice tubino nero e tacchi a spillo. Avevo raccolto i lunghi capelli, alzandoli e lasciando il collo scoperto. Iniziava a fare caldo.

Bussai alla porta e mi apri Pedro, bello come il sole. Aveva una larga camicia bianca in lino e dei pantaloni comodi beige. Era scalzo.

"Ciao".

"Ciao agente Miller", salutò con un sorriso malizioso.

Varcai la soglia di casa e gli poggiai la mano al centro del petto, spingendo leggermente. Indietreggiò di qualche passo.

"Hmm, mi piace come sei vestito", lo scannerizzai con lo sguardo

Si avvicinò, mi cinse la vita col braccio sinistro mentre con l'altra mano risalì dalla coscia fino alla scollatura, dove infilò un dito.

"Come sei calda qui in mezzo", mi baciò il collo, poi la mandibola.

"Capo non aveva preparato la cena?" stuzzicai.

"Oh si, prego, venga di là". Fece segno stendendo il braccio.

Avvicinandomi alla cucina, un buon profumino mi sorprese. Aveva preparato pollo al curry ed una semplice insalata.

Una musica leggera suonava in sottofondo. Mi appoggiai al bancone della cucina e lo osservavo armeggiare con padella e cucchiaio di legno, mentre sorseggiavo dal calice di vino. La schiena era sinuosa e si intravedeva dalla camicia quasi trasparente. I piedi nudi...

"È pronto!", mi destò dai pensieri peccaminosi.

Scostò la sedia dal tavolo quadrato che padroneggiava la stanza, per farmi accomodare. "Che gentiluomo". Al centro c'era un piccolo vaso con un fiore rosa. I calici erano pieni a metà di vino rosso.

Da dietro spostò una ciocca dei miei capelli, non trattenuta nell'acconciatura, e mi baciò leggero il collo.

"Ecco", mi porse il piatto, "è l'unica cosa che mi riesce meglio". Si mise a sedere di fronte a me.

"Non è vero... c'è una cosa che ti riesce meglio di tutte", dissi sfiorandogli l'inguine col piede, sotto al tavolo.

"Karen vedi?"

"Cosa, che è già pronto per me?" alzai un sopracciglio.


Cenammo ridendo come non mai, mi sentivo spensierata ed al sicuro quando ero con lui. La cena era stata deliziosa.

"Bene agente Pascal...", mi alzai e feci il giro del tavolo. Afferrando il calice di vino, mi sedetti cavalcioni su di lui, sollevando l'abito altezza inguine.

Mi guardava con occhi languidi e le labbra schiuse appena. "Mi dica Miller", rispose divertito.

Mantenendogli il mento, gli aprii la bocca col pollice. Lo baciai e feci scorrere sulla sua lingua quel fresco succo d'uva che avevo appena sorseggiato. Una goccia uscì dall'angolo della sua bocca e la leccai, dal collo fino ad arrivare alle sue labbra.

AMOR LOCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora