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— ESME —

«Esmy!»
La voce della mia migliore amica mi urtò un timpano e fu costretta ad allontanare il telefono.

«May, che succede? Non gridare.»
«Non posso. Asher è tornato. Mi ha spiegato la sua reazione alla notizia della bimba e abbiamo chiarito.»

Sorrisi tra me, contenta che fosse andato tutto bene alla fine. «Sapevo sareste tornati insieme» commentai.

«Io no, ma sono felice sia così» ribatté lei emozionata. «Lui è quello perfetto, Esme. Non vorrei aver nessun altro a mio fianco.»
Sospirai. «Lo so.»

Quindi ci fu un minuto di silenzio, per me quasi soffocante. Una parte di me voleva darle novità dal mio canto, l'altra no.
Decisi di no. Non volevo una vagonata di domande al momento. Dovevo partire.

«Beh, May. Ci sentiamo.»
«Certo, preparati a diventar zia.»

Annuii, ma non dissi nulla e chiusi la chiamata. Ero entusiasta all'idea di conoscere la piccola Izumi e pronta a viziarla un pochino qualora ne avessi avuto la possibilità; però ora avevo altro a cui pensare.

Mi attendeva l'evento di Proenery per il lancio della stagione ed ero già in ritardo.

Quindi cercando di sbrigarmi sistemai le ultime cose in valigia e precipitai di sotto cercando di non cadere dalle scale. Il bagaglio non era molto pesante dal momento che staremo stati via solo un paio di giorni, ma abbastanza per farmi quasi perder l'equilibrio. Stavo praticamente correndo per raggiungere la Porsche, che Andres stava caricando.

«Eccomi» annunciai a perdifiato una volta fuori di casa.

Lui si volse donandomi un sorriso raggiante come non mai. «Buongiorno bellissima.»

Arrossii e feci avanti passandogli il borsone e lui lo mise al suo posto; chiudendo poi il baule.
«Pronta?»
Annuii con sicurezza e sorrisi. «Assolutamente si.»
«Questa è la mia ragazza.» Mi sollevò il capo con l'indice e diede un bacio sulla labbra, leggero e dolce.

Io ricambiai, ma ci staccammo perché consapevoli di non poter andar troppo oltre. Quindi Andres mi fece segno di salir in macchine e io eseguii, allacciandomi la cintura.

Erano le quattro del mattino e ci attendevano parecchie ore di viaggio – l'aereo sarebbe partito da Barcellona quindi innanzitutto bisognava tornare in città.
E poi raggiungere gli altri per partire.

Ore dopo...

Per mezzogiorno arrivammo a Barcellona e andammo dritti all'appartamento di Andres per parcheggiare la Porsche nei posti riservati ai residenti dal suo palazzo.

«Sai, è strano» dissi soprappensiero quando spense l'auto.
«Cosa?»
«Pensavo che un pilota come te abitasse in una villa di lusso.»

Piegò le labbra in una smorfia divertita. «Sono ancora tante le cose che non sai di me, Esmeralda.»

Mi lanciò un'occhiata di sfida e un minuto dopo allungò una mano sotto la mia gonna. Sussultai, presa alla sprovvista.

Ma venimmo interrotti. Udimmo il suono di un clacson dietro di noi; scendemmo dunque dall'auto ritrovandoci di fronte Hernández e Alexio, a bordo del SUV.

Il proprietario scese e avvicinò. «Hai chiuso a dovere?» domandò ad Andres.
Quest'ultimo annuii meccanicamente.

«Bene, andremo a prender la macchina non appena faremo ritorno.» Pedro giunse le mani e andò ad aprire il baule, così che potessimo trasferire le valigie. Poi Riva sigillò col telecomando la sua auto. «Possiamo andare» annunciò Vega.

CRASH | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora