18 - Disfruto (parte2)

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Andrea

Tu. Ginevra.
Non ti lasci guardare, non sai aspettare, ti incazzi, non hai peli sulla lingua.
Io. Andrea.
Come chi scappa e non sa che vuol tornare, vorrei tornare solo a te.
Ma non lo ammetto ne a me stesso, ne a te.

Te ne stai qui davanti nel tuo pigiama logoro, piccola con gli occhi immensi.
Tutto urla di dovermene andare, eppure, sto immobile.
Ci sono spazi sconnessi tra me e te, passi dissestati, strade buie fatte di notte, lampioni, e bar. Caffè disgustosi che li avrei bevuti fino ad affogarci.
Cosa mi sta succedendo?

C'è troppo silenzio, troppo di tutto. Troppo di te.
Stronza dagli occhi di ghiaccio, che prima mi uccide di silenzio e poi mi bacia.

Poso la tazza sopra il tavolo di legno e riduco la distanza tra noi due. Avvicino cauto la mano al suo viso. Non si muove, i suoi occhi seguono le mie dita, il suo petto, lo so, impazzisce, perché il mio è come se non lo fosse più. Le mie mani i suoi lineamenti. Le sfioro la fronte, scendo sul naso, le sue labbra. I suoi sospiri mi accarezzano. Continuo nel mento, il collo, le clavicole pronunciate, lo sterno, giù fino al suo stomaco, la pancia, il ventre piatto, aggancio le dita al pantalone e la trascino vicino a me.

«Quanto?» sussurro a metà labbra.

Sorride dispettosa.
Guardo gli occhi, una domanda aleggia tra noi, nessuno risponde.

«Sai cosa mi ha ossessionata per tutto questo tempo Andrea?»

Segue con le dita affusolate la linea del mio stomaco, su fino allo sterno, il collo, il pomo d'adamo, contorna le mie labbra, il naso, la fronte e scende delicata tra i miei capelli, si alza in punta di piedi e avvicina le labbra alla mia bocca.

«Le tue mani» soffia indelicata, imprecisa, piena di scarabocchi e puntini che vorrei solo unire.

Nessuno dei due si muove, rimaniamo così un tempo infinito.
Occhi dentro occhi, cuore dentro cuore.

Siamo anime incasinate, io troppo grande per fare passi falsi lei troppo piccola per non farne. Non sappiamo come fare l'amore ma la mia bocca è sulla sua prima che possa solo pensare di andarmene. Lascio perdere, guido le sue mani su di me, lascio che mi spogli, le lecco la spalla, mi morde di rimando. La spoglio lentamente, ci appoggiamo maldestri al tavolo vicino a noi, la metto a sedere, l'avvicino al bordo, seguo la bocca, la lecco, la spoglio e la tocco. Il suo corpo si liquefa sotto di me, i sospiri incazzati che le escono mi eccitano. Ci guidiamo ubriachi, inebriati dal suono dei nostri gemiti. E' tutto veloce, impazzito, la sua lingua in bocca è l'attimo più sensuale che io vivo da molto tempo.

«Andrea..» è un sussurro masticato, incerto. Non sa dove sbattermi. Sento che si arrampica forte alle mie gambe. Le unghie maledette di sei lettere si appunta alla mia pelle e si trascina fino a su, raggiunge il cuore. Ed è come esser trasportato indietro nel tempo. Quando queste sei lettere, con questa intonazione appartenevano solo a lei. 

Il volto di Maddalena mi balena in testa, non basta il cuore. Mi stacco da Ginevra con il respiro pesante. Mi guarda ansimante. Mette una mano sulla mia guancia. Cerca i miei occhi. Siamo anime incasinate, io troppo grande per fare passi falsi lei troppo piccola per non farne.

«Non dobbiamo fare niente...» sussurra dolce.
Rimango fermo, perché la lucidità lasciata fuori da questa porta si presenta a chiedere il conto. L'Andrea che sono stato fino a poco tempo fa torna a bussare prepotente. E dentro di me so che sono di nuovo al punto di non ritorno. Rimanere o tenere fede alla muratura che mi sono autoimposto dopo la morte di Maddalena. Vedo la delusione farsi strada nelle sue iridi. Le prendo la mano e la porto in quella che credo la camera, ci adagiamo sul letto. Un groviglio di corpi, nudi per metà, eccitati fino all'osso con i respiri pesanti. Non posso fare l'amore con Ginevra senza prima dirle chi sono.

Ma sono pronto a dirle chi sono?

Ed io che ho sempre amato guardare l'alba ma adesso che nasce preferisco guardare te, che respiri lenta sopra di me. E' tanto che non vedevo qualcuno di così bello. E' tanto che non vivevo un momento così bello.
Ho pensato che sarei riuscito a scordarti, ma come faccio se non riesco a respirare quando il tuo ricordo torna così prepotente?
Cosa penserebbe Giulio di me? 

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