AVE CALCIDEUM: diario di due guerrieri

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Diario di Erasto:
Il sole batteva forte quel fresco giorno estivo. Si dice che in mare si senta più forte la brezza, era vero, soprattutto a prua, dove al vento naturale si sommava la spinta della nave. Quanto mi piaceva il vento....
Quella mattina ci alzammo presto, ricordo. Il ponte era lucidissimo, probabilmente era piovuto. Quanto era bello ritornare sullo Ionio, era limpido come un frammento di cobalto appena lucidato, mi ci sarei buttato volentieri, ma poi mi resi conto di avere ancora un briciolo di buonsenso non facendolo. Avevo altro a cui pensare, non ero li per gioire di me e delle mie emozioni, ma fare di tutto per dare orgoglio alla mia patria. Ogni invasione era pianificata in ogni minimo dettaglio, lo schieramento, le armi ben lucidate a cui era data molta importanza, quasi la stessa che si dava all'aspetto estetico della nave. In effetti non ero sicuro circa l'importanza di ciò, ma quasi certamente la magnificenza serviva per intimorire gli indigeni. Già, gli indigeni, un nome solo per indicare una innumerevole quantità di popoli, senza distinzione. È sbagliato, ognuno ha le sue tradizioni, le sue leggi, le sue armi, la sua terra natia, e tutte quelle danze che per me hanno la stessa utilità dell'aspetto estetico della nave. Alzatomi, mi guardai intorno, possibile che così tanti uomini potessero sacrificare la propria vita per la propria madre patria, compreso me, che ogni volta ci rifletto ma non trovo spiegazioni e vado avanti, come feci in quel momento. Vi erano molte altre emozioni contrastanti, uno splendido crepuscolo si presentava all'orizzonte, provavo tanta gioia vedendolo, ma al contempo anche tanta rabbia per non avere neanche un attimo per assaporarlo a pieno. Presi una delle ciotole che erano poste li per i soldati. Osservai con un sorriso che i fagioli entravano perfettamente in quella ciotola, e che rivoltandola non cadevano, il che significava che erano della notte prima. Li mangiai benché non sapessero di granché. Mi girai e cercai Alipio, anche per condividere qualche strategia prima dello sbarco, ma non lo trovai, eppure, le nostre navi non erano mica così grandi, ed allora chiesi a Crescle che era accanto a me se sapesse dove fosse, ma in realtà, dallo sguardo molto titubante che vidi nei suoi occhi castani, capii che neanche lui ne sapeva nulla. Fortunatamente, mi ricordai quasi subitamente di parlare col più sbadato dell'intero Peloponneso. Crescle era un uomo alto, pelato, molto coraggioso, ma come ho già detto prima, piuttosto perdigiorno. Parlavo spesso con lui, di qualunque cosa, anche quando, stanco a causa della vogata giornaliera, cercavo di far arrivare la mia voce stanca a delle orecchie amiche, come le sue, ma spesso invano. Ovviamente, il mio compagno di viaggio e di ogni battaglia non era lui, bensì Alipio. Alipio era un amico di antichissima data, nonostante ciò il rapporto non si era sminuito, come solitamente accade. Lo conobbi a Olimpia, durante la corsa dei carri alle Olimpiadi. La mia famiglia era appassionata e per assistere percorreva sempre una notevole distanza, ma lo sforzo non era mai vano, specialmente quell'anno. Non tanto perché le Olimpiadi furono spettacolari, cosa che comunque furono, piuttosto perché conobbi una persona che sarebbe diventata per me compagno di numerose battaglie. Lui era molto diverso da Crescle, sapeva pensare. Aveva la capacità di prevedere le mosse tattiche dell'avversario, ovvero dove sarebbe andato, e quanti uomini avrebbe usato come diversivo, ma oltre a essere un abile combattente e un ottimo stratega era anche un grande amico. Alipio è un uomo effettivamente non molto alto, ma piuttosto magro. I suoi attenti occhi verdi leggermente incavati creavano uno splendido contrasto con la sua carnagione piuttosto scura. Ma per quanto possa sembrare anomalo, Alipio non era il nostro condottiero. Era Tucle, il quale possedeva la forza fisica di Crescle e la lucida forza mentale di Alipio. Era un combattente veramente formidabile, soprattutto per quanto riguarda il lato prettamente tecnico. La nostra brigata, per quanto poliedrica possa sembrare, aveva anche molti punti deboli, ovvero guerrieri che non citerò, in quanto io non li considero tali. Naturalmente anche io faccio parte della brigata. Beh, il mio nome è Erasto, e su questo non ci piove. Ma in realtà, chi sono io? Onestamente non credo che qualcuno sia o sarà mai in grado di rispondere a tale domanda. La mia personalità, con aspetti molto contrastanti, non ha mai fatto emergere la mia vera identità, ma in fondo chi è realmente a conoscenza della propria. Ad ogni buon conto sono alto e abbastanza forzuto, ma la mia stazza non si può neanche paragonare a quella di Crescle. Mi sono spesso guardato allo specchio, ma sfortunatamente, oltre il mio aspetto fisico, che è comunque molto relativo, non ho mai trovato niente di veramente profondo in me. O meglio, in effetti si dice che ci sia una parte del corpo che rispecchi perfettamente l'anima, ovvero gli occhi. Io ho, e almeno di questo mi vanto, degli splendidi occhi azzurro cielo, ma non so effettivamente se la mia anima sia di colore azzurro o sia un collegamento di altro tipo, e non cromatico. Bene, checché se ne dica, questa è la nostra brigata e secondo noi quella che ben presto sconfiggerà i siculi. Finalmente vidi Alipio, si era posizionato in prima fila in maniera tale che appena la nave fosse approdata lui sarebbe uscito subito dopo Tucle, se non prima. Stava sbattendo rumorosamente il suo scudo sul ponte. Eppure quello scudo sembrava non distruggersi mai, anche quando subiva dei colpi che per Alipio sarebbero stati sicuramente mortali, ed era anche esteticamente piuttosto bello. Decisi di parlargli dopo lo sbarco, quando solitamente la confusione si dirada. Era molto concentrato, si vedeva, ma anche molto preoccupato... io lo sentivo, lo percepivo... .
La parte dello sbarco mi piaceva molto, soprattutto il rumore sordo e scoordinato dei sandali dei soldati che con forza urtavano il terreno erboso, o roccioso, a seconda del litorale sul quale ci trovavamo. Sbarcati, Tucle radunò tutti, voleva essere sicuro che qualsiasi cosa fosse successa tutto l'equipaggio sarebbe stato al suo fianco. Personalmente ritengo che non sia per mancanza di audacia, ma per voglia di compattezza dell'intero esercito, e per limitare le perdite. Lo apprezzo molto per il suo altruismo. Andai finalmente a parlare con Alipio, anche perché, ora più che mai, lo vedevo assolutamente evaso dalla realtà, con lo sguardo perso nell'aggressiva cromatura del suo scudo, con i suoi colori, opposti, e penso che anche lui avesse, dentro di sé, qualcosa di contrastante. Lo avvicinai e lo chiamai, girandosi mi disse :- Erasto, ciao, dovevo parlarti. Circa cinque anni fa visitai questo luogo, affascinato dai racconti leggendari dei pescatori che parlavano di acque cristalline abitate da specie di pesci mai viste, ma non vidi queste meraviglie, ne vidi una ancor più grande, un segreto che non ho mai raccontato neanche a te. Lei, la meraviglia ha un nome, si chiama Brizzitedda -:
Al pronunciare di quel nome femminile i suoi occhi divennero più luminosi di quanto effettivamente siano... illumini di luce. :- Brizzitedda è una ragazza di questo luogo, Erasto -:
Sul mio volto cercai di far apparire un'espressione il meno sprezzante possibile. Trattenni la rabbia quel tanto che bastava per rendermi conto che arrabbiandomi con lui, avrei commesso un grande errore. Da lì cominciò un dialogo che mi portò a scoprire che si erano conosciuti per sbaglio sul litorale, che il sentimento era già abbastanza maturo, e cosa ancor più importante, reciproco, ma soprattutto che Brizzitedda temeva la guerra contro Calcide e contro i greci in generale, e che Alipio avrebbe fatto di tutto per impedire a Calcide di muovere guerra contro la sua popolazione. Cercai di guardarlo intensamente, ma non ci riuscii. Lo lasciai, non era il momento giusto per parlargli. Andai da Crescle, vedendo che aveva appena annuito a una domanda di Tucle, chiedendogli quale fosse questa fantomatica domanda. Mi rispose che Tucle aveva ordinato di muoverci il più possibile verso ovest e che lì avremmo eretto il nostro accampamento, In maniera tale che in pochi giorni, se non uno, saremmo stati in grado di affrontare i siculi e di sconfiggerli, sperando di trovare centri abitati da ampliare o addirittura rifondare. Arrivati, ci accampammo in un luogo boscoso ma tranquillo, che chiamammo provvisoriamente Leontini, come la colonia che fondammo un anno addietro. Avevamo in programma di ampliarlo e di farlo diventare come una delle nostre poleis, ma questa volta intendevamo espandere i nostri territori, il che comportava necessariamente una battaglia contro le popolazioni del luogo. Tucle era molto contento di non averle ancora trovate, anche perché secondo lui non eravamo ancora pronti per sostenere una battaglia se non contro le bestie del luogo, che rappresentavano il principale motivo del suo disagio, il quale sosteneva che quasi sicuramente ci avrebbero aggredito di notte con ferocia, dunque raccomandò all'intera brigata di stare sull'attenti. Su questo mi permisi di dissentire e di considerarla come una eccessiva preoccupazione. Nonostante ciò, per rispetto reverenziale eseguii il suo ordine, ma parzialmente, ovvero mi sembrava giusto concedermi almeno del tempo per dormire, in maniera da essere pronto allo scontro in caso di emergenza.

" Nel frattempo, Alipio, è intento ad eseguire una misteriosa attività nel cuore della notte "
Diario di Alipio:
Dopo aver ascoltato la comunicazione di Tucle ed aver aiutato Erasto a costruire una piccola recinzione attorno alla sua postazione, gli chiesi di aiutarmi a fare la mia, ma non mi disse una parola e io non dissi nulla a lui, eravamo in freddo. In mente mi ritornava quel suo sguardo a metà fra delusione e disapprovazione. Io sapevo che lui non poteva accettare che un guerriero non combattesse, soprattutto se si trattava di me, e ancor di più se l'impedimento era generato da motivi estranei a infermità o malattia, ma lui non conosceva Brizzitedda, non sapeva quanto la amavo e quanto sarebbe stato forte il dolore nel vedere la sua popolazione sterminata dalle nostre fredde armi di metallo. Sapevo che li avremmo sconfitti, la sua popolazione non era avanzata come la nostra. Io non dormii, ma non per il comando a mio avviso scellerato di Tucle, ma tanto perché pensavo alle ripercussioni che avrebbe avuto qualsiasi mio gesto. Allora ascoltai il cuore, presi più armi possibili, spade corte o coltelli, e scappai, scappai da Brizzitedda per consegnarle queste armi, per dirle che i calcidesi avrebbero attaccato alle prime luci, e per dirle che avevo avuto il coraggio di rivoltarmi contro il mio popolo e contro la mia adorata madre patria solo per lei, solo per Brizzitedda. Corsi, corsi all'impazzata, volevo arrivare prima di Tucle, Erasto, Crescle e tutti gli altri, volevo arruolarmi con i siculi per combattere dalla parte di Brizzitedda, e nessuno mi avrebbe fermato. Arrivai al campo che era illuminato da uno splendido plenilunio. Vidi molte abitazioni, ma distinta fra le altre, riconobbi quella di Brizzitedda, bussai. Sicuramente Brizzitedda si domandò quale folle bussasse nel cuore della notte alle case degli individui, ma in ogni caso aprì. La guardai fissa negli occhi e lei mi riconobbe, mi abbraccio caldamente dopo avermi osservato in un crescer progressivo di gioia. Mantenni la terza ripercussione della promessa, quella che non dissi neanche ad Erasto. Se non fossi riuscito neanche a oppormi alla mia chiamata alle armi, una volta sul posto avrei dovuto combattere nelle file sicule, per il mio onore e per quello di Brizzitedda, e per quello dell'intero popolo siculo. Brizzitedda pronunciò con dolcezza queste parole :
-Dolce Alipio, sei tornato-
-Si, Brizzitedda, sono tornato, ricordi la promessa che ti feci parecchio tempo addietro?
-Si, la rimembro-
-Sono qua per mantenerla-:
Il mio ricordo di lei corrispondeva in maniera pressoché perfetta alla realtà. Gli occhi neri come la pece si abbinavano perfettamente ai suoi splendidi e lisci capelli neri che si distendevano lungo la sua delicata guancia. Gli consegnai le armi e le raccontai che i calcidesi avrebbero sferrato il loro attacco alle prime luci. Lei, dopo aver ascoltato il mio racconto, e mi sembrava molto attentamente, promise di prestarmi alloggio. Saremmo dovuti subito andare a chiedere al capo campo del possibile arruolamento nelle sue file, ma considerammo che sarebbe stato ampiamente sconveniente, dato che era notte inoltrata. Il capo campo era un uomo anziano, mi disse Brizzitedda, ma fascinoso nella sua emancipata saggezza. L'avrei visto il giorno successivo, dopotutto Brizzitedda lo conosceva da quando era venuta alla luce, per cui il posto nello schieramento era assicurato. Dopo una bella chiacchierata le chiesi se potessi andare a letto, ero davvero stanco. Il prima possibile avrei dovuto conoscere e avvertire gli abitanti siculi. Stava per cominciare ad albeggiare, ma non avrei potuto farcela a combattere senza un po' di sano riposo, dunque dormii. Avrei affrontato Erasto, e non per allenamento, l'avrei dovuto uccidere, nonostante lui non l'avrebbe fatto mai. Ma io dovevo farlo, per i Siculi, per me ....per Brizzitedda . A NOI ERASTO .
" Torniamo all'accampamento calcidese, ove un giovane guerriero sta per scoprire una triste realtà, un tradimento di un amico, colui è Erasto "
Diario di Erasto:
Ci svegliammo presto anche quel giorno, d'altronde come tutti i giorni della vita di un soldato, una vita dura, ma gratificante alla fine di ogni battaglia, se vittoriosa. La prima cosa che pensai fu quella di uscire a vedere se gli altri della brigata erano lucidamente svegli e consci. Vidi tutti quanti fuori che discutevano di informazioni strategiche, uno dei quali era Crescle, che una volta tanto era interessato all'aspetto tattico, oltre che a quello prettamente fisico. Non vedendo in piazza Alipio, dedussi che fosse ancora alla sua postazione a dormire, dunque, prima di andare da Crescle decisi di fare un salto da Alipio, per assicurarmi che non fosse più in freddo con me. Percorso quel breve tratto, spostai la piccola tendina di stoffa che lui usava come porta, ma incredibilmente.... Non trovai nulla! Alipio non era nella sua postazione, e tutte le sue armi erano scomparse, i suoi coltelli, le sue spade corte, tutto incredibilmente si era volatilizzato. Ma vi era una sola soluzione a tutto ciò.... Era passato dalla parte di Brizzitedda e dei siculi. Lo sapevo! Non mi sarei dovuto fidare di quello sguardo pensieroso.... Ma ora non avevo scelta, dovevo sfidarlo, lui era contro di me ed io, per la prima volta ero contro di lui. Uscii e annunciai a tutti la fuga volontaria di Alipio, la quale creò ovviamente molto malcontento fra i soldati, compreso me, per primo.. ero a pezzi, il mio storico compagno aveva scelto l'amore anziché l'amicizia. Di solito degli amori si dice che li separi solo la morte, in tal caso quello di Alipio era destinato a finire. Quella di Alipio era una scelta avventata, e come tutte si sarebbe rivelata, a lungo andare, fallimentare. Andai dunque da Crescle a discutere di cosa ne pensasse personalmente dell'azione di Alipio, ma comprensibilmente, preferì non rispondermi. Sostituì a delle parole un intenso sguardo, che lasciava trapelare tutti i sentimenti più reconditi. Adesso bisognava agire, il tempo delle considerazioni doveva lasciare il posto alla loro realizzazione, dunque andai prima di subito a chiedere a Tucle se saremmo potuti partire immediatamente, in maniera da battere sul tempo i siculi, che adesso avevano un asso nella manica, ALIPIO.

" Il sole faceva nuovamente capolino in una giornata che sarebbe stata registrata negli annali della storia. Nel villaggio siculo, intanto, assistiamo a un'imminente reclutamento di un soldato particolare, Alipio da Calcide "

Diario di Alipio:
Non credo che il tempo dedicato al riposo fosse stato sufficiente, in quanto ero terrorizzato all'idea di combattere contro un popolo la cui forza mi era ben nota, ma lungi da me cambiare strada.
Andai immediatamente a parlare con Brizzitedda per andare dal capo del campo, ma probabilmente per la poca luce, per l'emozione o per la stanchezza, la sera prima non mi ero accorto che Brizzitedda era incredibilmente incinta. Non potevo credere ai miei occhi, come avevo fatto a non accorgermi di un dettaglio così evidente?!! Ero confuso, non riuscivo a concentrarmi. Mille pensieri vagavano in libertà nella mia mente. La mia patria, il mio onore, e i miei fedeli amici barattati per un sentimento che era diventato solo mio. Raccolsi le mie forze, presto sarebbero arrivati i miei nemici, e li avrei sconfitti. Brizzitedda dormiva e quello non era il momento giusto per parlare della sua gravidanza, ma io avrei dovuto sapere, dopo. Confuso e affranto, stavo per andare via dal campo, rassegnato, ma una calda e paterna voce attirò la mia attenzione. Era il capo campo, il quale guardandomi andare via, a sua detta, mi riconobbe dalle descrizioni di colei che per me al momento rappresentava la sconfitta, lui mi conosceva. Mi parlò di come Brizzitedda narrava spesso di me e dell'amore lontano che ci legava. E che da lì a presto io sarei tornato, e che avrebbe dato alla luce un bambino dal sangue calcidese. Come avevo fatto a dubitare di lei? Ora ero pronto ad affrontare i miei vecchi compagni, ma da nemico, al fianco del mio amore, e ora anche di mio figlio. Nel frattempo il capo campo aveva radunato e informato tutti gli abitanti. Tucle, Erasto, Crescle e tutti gli altri sarebbero arrivati da lì a breve e noi eravamo pronti. Inizia la battaglia.

" Contemporaneamente, al campo greco, i guerrieri si preparavano alla battaglia, in particolare uno. Il nostro caro Erasto."

Diario di Erasto:
Ognuno di noi prese le migliori armi e le migliori armature di cui fossimo in possesso e partimmo.
Per molti era una semplice battaglia di colonizzazione, per me, invece, era una vera e propria battaglia della vita. Partimmo presto, Tucle aveva esaudito la mia richiesta per due ragioni; La prima, più semplice, è che era una buona strategia. La seconda, un po' più difficile da carpire, era quella che Tucle aveva visto nel mio sguardo, ora più che mai, la voglia di riscatto. Avanzammo con molta velocità, perché sapevamo che il campo siculo non era propriamente vicino. Mi soffermai un attimo sulla folta vegetazione che imperava intorno a me, ma me ne distaccai psicologicamente quasi subito, a causa della forte pressione che manifesta imperversava dentro di me. Eravamo arrivati al campo, ma con nostra grande sorpresa non vi era nessuno. Nonostante ciò, molti di noi si accorsero che non poteva essere la realtà, era una trappola. Provammo ad addentrarci in formazione nel campo, il silenzio regnava sovrano. Ad un certo punto sentimmo un lieve rumore, ma nessuno di noi si sarebbe dovuto staccare per nessun motivo dalla formazione. Ma come immaginavamo, vedemmo degli indigeni attaccarci da tutti i fronti, in una tenuta che per loro doveva assomigliare a una militare. Erano molti di più di quanti ne avessimo mai immaginati. E ...si lo vidi, per quella minima frazione di secondo che mi era stata data per vedere chi mi attaccava.. ed era ovviamente lui, sapeva le mie potenzialità e mi volle affrontare di persona. Gettò un grido dalla forza sovrumana, ma neanche durante la battaglia mi volle parlare. Accidenti, quanto era bravo, ma pensai che stavolta... stavolta non avrebbe potuto battermi. Lo atterrai, e per la prima volta dopo tanto tempo, mi parlò, ma come lui era solito, aveva scelto il momento e il posto sbagliato. :-Alipio, tu per tanti anni sei stato il mio compagno, la mia spalla, ma come qualsiasi spalla, non sei e non sarai mai migliore del maestro!!- Quelle parole mi rimbombarono nel cuore come cento spade corte ben affilate. Ero infuriato come non mai, ma lui mi guardò con uno sguardo sprezzante, e da quello, capii che non era più lui, ma mentre stavo per sferrargli il colpo di grazia, lui mi disarmò, e mi atterrò... in quel momento sarebbe toccato a me parlare, ma non ci riuscii. Non avevo armi con cui difendermi, e noi eravamo come in una sfera psicologica che nessuno avrebbe potuto toccare, ma ormai era la mia ora. Elevò la sua arma altissima, e proprio quando ero pronto per la mia fine udii un :- NOOOO, Erasto non morirà !!!-. Crescle si gettò verso di me, la spada colpì lui anziché me. Lui era steso a terra, il sangue sgorgava dal suo corpo muscoloso, ed io ero impotente. Avrei potuto fare solo una cosa... vendicarlo. Presi la sua spada, con la forza di un leviatano, e dopo un altro eccitante duello ebbi nuovamente l'opportunità di sconfiggere il comandante delle forze avversarie, ma stavolta non ascoltai le sue parole... Se avessi mandato a segno questo colpo, avremmo vinto e il campo sarebbe stato nostro, ma valeva la pena sprecare la vita di un amico solo per un territorio, no, mi dissi.... Alipio non era più un mio amico! Quegli attimi che precedettero quel finale di scontro furono i più duri ma i più intensi della mia vita. Tenni forte la spada e sferrai il colpo finale.... Alipio era morto, per amore, e per presunzione. Gli altri non ci misero molto a sconfiggere gli altri siculi. Dopo lo scontro, c'era un silenzio di tomba, nessuno parlava, ma tutti pensavano. Ci fu la quiete dopo la tempesta, ovvero i festeggiamenti, euforia viaggiava dentro di me come non mai in tutta la mia intera vita, ma guardai Alipio, oramai era morto, a terra. Ma non potevo non onorarlo. Decisi di dare una degna sepoltura a un grande guerriero quale era stato. Presi il suo scudo ma non per rubarlo né per coprirlo. Mi posizionai al centro del campo e gridai con tutto il fiato che avevo in gola:- BRIZZITEDDA-: Inizialmente non rispose nessuno, tentai una dozzina di volte invano. Ma, dopo, una donna dal viso delicato uscì da una delle abitazioni presenti nel campo. Notai due dettagli evidenti, il primo che stava chiaramente piangendo, e da quello capii che era Brizzitedda, ma il secondo, che era anche il più evidente, è che era incinta! Sarebbe nato un figlio dal sangue metà siculo, metà calcidese, il figlio di Alipio. La avvicinai, ma non le parlai, le consegnai con riluttanza lo scudo che, a mio parere, era il più potente del mondo conosciuto. Sarebbe stato di suo figlio... e gli dissi solo una cosa:- Chiamalo Alipio, per favore, ti imploro. Chiamalo come il più grande guerriero che sia mai esistito, suo padre-: La pregai in ginocchio, ma dal minimo sguardo che mi lanciò, capii che non sarebbe servito insistere. Almeno, l'onorabile scudo, con l'effige e il nome di Alipio orgogliosamente inciso, vivrà per onorare altre mille battaglie o più. Così finiva la storia di una amicizia, o forse lui avrebbe continuato a seguirmi, e sapevo che quello che feci sarebbe stato esattamente quello che avrebbe voluto che facessi. Andai dai miei compagni, avevamo vinto. Pensai....
Questo è per te Alipio... un giorno ci rivedremo, da amici, ma in un posto migliore..
" E fu così che i calcidesi fondarono Katanè dove oggi sorge, protetta dal sommo vulcano, la fiorente città di Catania, una città piena di storia, terra di conquiste, una delle quali una trentina di anni dopo di quella dei nostri protagonisti, da parte del dittatore siculo Ducezio, il cui esercito era guidato da un fantastico soldato, che portava il nome di Alipio II da Katanè".

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 31, 2021 ⏰

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