Capitolo 18.

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L'Eros, oltre ad essere il dio dell' amore, come già ribadito, è anche una forza primordiale potentissima, a cui nemmeno gli dèi riescono a tener testa. Era una cosa risaputa tra di loro. Solo alcuni però lo sanno maneggiare a piacimento: Afrodite e suo figlio Eros, l'arciere alato, di cui il nostro protagonista portava il sangue e che lo aveva colpito alle spalle con uno dei suoi dardi.
A questo punto possiamo definire il piano di Jongseong andato in fumo, o almeno in parte

Egli lanciava sguardi all' avo, ancora in volo a una ventina di metri sulla sua testa, che si stava avvicinando lentamente e silenziosamente, velato in parte dalle tenebre. L'aria mossa dalle imponenti ali candide gli lambiva il viso, come la mano che gli passò sotto il mento. Tuttavia il suo cipiglio rimase tale, anche mentre, avvicinatosi abbastanza, gli parlava con voce addirittura dolce, come se fosse suo figlio.

"Jongseong, da quanto tempo! Vedo che conservi ancora il gran dono che ti ha dato mia madre... E l'arco che ti ho regalato io invece?"

"Ammetto che non sono un bravo arciere, ma cerco di fare del mio meglio..." Successivamente cambiò discorso immediatamente, per non far trasparire la mezza bugia- infatti lui non era molto paziente con l'arco, quindi trovò modo di agevolarsi con gli intrugli che preparava nel tempo libero- e domandò: "che cosa ci fai qui?"

"Sono qui per eseguire un incarico."

"E questo incarico prevede di colpirmi la schiena con una delle tue frecce, come hai fatto con Apollo? Chissà quante volte lo avete preso in giro, mentre correva appresso a quella ninfa, Dafne, e quante risate vi sarete fatti, quando è diventata una pianta di alloro, per colpa delle tue frecce!" Lo aggredì. Ma questa accusa non scompose il dio alato davanti a lui.
"Avanti, chi ti ha mandato?"

"Non mi è permesso rivelarlo."

"Sai che novità!" Jongseong fece qualche passo indietro offeso... "Non è certo la prima volta che agite alle mie spalle."

"Forse perché fai azioni sconsiderate a danni nostri. Ti devo forse ricordare di quello che hai fatto nel tempio della Pallade?..."

"Pure Poseidone l'ha fatto e quindi? Non credo che sia stato punito o rimproverato, anzi..." Lo interruppe ormai furente. Si ricordava bene di quella giovane, divenuta un mostro a causa di un capriccio divino, e a ripensarci, risentiva il sapore ripugnante della bile, che gli contorceva lo stomaco. Ecco di cosa erano capaci gli dèi, lui compreso.

"E chi ha parlato di punizioni o rimproveri?! Sono venuto qui per impedirti di massacrare l'ennesimo mortale..." Eros si pose davanti a lui, sulle gambe e piegò le lunghe ali, le cui lunghe penne venivano trascinate dietro la schiena.

"Io punisco solo chi è stato irrispettoso nei miei confronti, come è bene che sia."

"Questo ti è lecito, ma quel mortale è un protetto della dea Atena."

L' incredulità si dipinse sul viso di Jongseong.

"Capisci la situazione; ho dovuto farlo, per evitarti una grande seccatura, come l'ira di una dea, già offesa in precedenza." Continuò Eros, spiccando di nuovo il volo. "Non abbiamo più niente da dirci io e te, suppongo."

"Non credo."

"Allora spero di rivederti presto." Senza aggiungere altro, la sua figura imponente scomparve nelle tenebre, lasciando suo nipote solo.

Digrignava i denti dal nervoso. Grazie al desiderio del suo avo di proteggerlo dall' ira di Atena, era stato esposto a un rischio ancora più grande: l' effetto di quelle frecce. Già sentiva le risate degli altri immortali, quando sarebbero venuti a sapere che il famigerato dio della seduzione aveva perso la testa per un mortale, a causa della freccia del suo stesso antenato.

Prese a camminare a passo svelto, furente per l'umiliazione che avrebbe subìto. Avrebbe solamente ucciso l'ennesimo mortale tracotante, perché questo gli aveva mancato di rispetto; non c'era azione più lecita di quella e la dea dagli occhi glauchi non si sarebbe scomodata tanto, per vendicare un essere così inferiore. Probabilmente c'era qualcosa sotto, che Eros non gli aveva detto, o magari ne era allo scuro pure lui.
Mentre questi pensieri gli si affollavano nella mente, si rese conto che da quel momento in avanti non sarebbe stato più lo stesso e non poteva fare niente per impedire che questo accadesse.
Poi le sue riflessioni si soffermarono su Apollo, che era stato vittima più volte di quelle frecce, le quali gli avevano portato via un pezzettino della sua integrità divina, senza che lui potesse fare niente.

Non ci volle molto perché passasse alla rassegnazione. Quindi tornò a casa per riposare per un paio d'ore. Mentre stendeva le sue membra sul letto, pensò che la sua immortalità era per lui un gran fardello da portare per tutta l'eternità. Gli tornò in mente Jungwon, che camminava lentamente su quel tetto, con la paura di cadere; se fosse caduto da così in alto, le sue ossa fragili si sarebbero frantumate all' urto con l'asfalto, invece lui non si sarebbe fatto niente. Invidiava questa inquieta premura che accompagnava le azioni dei mortali, come se ogni orrore avrebbe potuto essere a loro fatale.
Inoltre se fosse stato un mortale, la freccia del suo avo non gli avrebbe provocato così tante preoccupazioni. Invece lui era un immortale, di conseguenza la vita di colui che amava gli sarebbe scivolata dalle mani come sabbia asciutta e avrebbe dovuto sopportare il bruciore di quella ferita per l'eternità- e non era la prima volta che accadeva-.

Chiuse gli occhi e l' ultima cosa che pensò, prima di cadere tra le braccia di Morfeo fu: "se questa è la grama vita che sono costretto a vivere per l'eternità, il mio desiderio è di morire, anche se non mi è concesso."

Intanto a casa sua Jungwon non riusciva a chiudere occhio; troppi pensieri assillavano anche lui.
Non aveva mai dato un bacio a qualcuno in vita sua, nemmeno sulla guancia e si rimproverava per aver concesso questa vittoria a Jongseong. Tuttavia si accorse che quel ragazzo era molto di più di quello che aveva cercato di sedurlo in bagno tempo prima; in quel momento gli sembrava una persona completamente diversa e che incominciava a piacergli.

Ad un certo punto girò lo sguardo verso la finestra. Era chiusa, come ogni sera. Si chiese come riuscisse Jongseong ad entrare nella sua stanza, ad essere sempre presente mentre faceva i suoi soliti incubi e nei momenti in cui la paura prendeva il totale controllo e si sentiva sprofondare. Non doveva essere uno qualunque, di questo era certo e sapeva anche che prima o poi avrebbe scoperto ciò che Jongseong non gli aveva detto quella sera.

La sua mano giaceva vuota sulla sua coscia, vuota, desiderando il calore e il tocco delicato di quella di colui che affollava i pensieri del ragazzo.

-devo essere impazzito del tutto- si disse -io non dovrei nemmeno... Io... Lui... Siamo entrambi ragazzi...- si rigirò nel letto più e più volte, affondò la faccia nel cuscino e ci urlò dentro la peggio imprecazione che gli venne in mente e si rivolse nuovamente verso il soffitto... -Forse avevano ragione quei ragazzi... No... Forse... Cosa ne so?! Poi perché continuo a pensarci?! Dopotutto Jongseong non è niente per me...- Il tumulto nella sua mente era così grande che non sapeva nemmeno lui quello che stava pensando. Esso continuò a insidiare il suo sonno fino all' alba.

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Spazio autrice

Ciao a tutti! Eccomi qui con un nuovo capitolo! Come sempre lasciate una stellina e un commentino.

Vi dico che come al solito riguarderò il capitolo in un secondo momento, dopo la pubblicazione, perciò se troverete degli errori sapete il perché.

Alla prossima!

Caduto dall' Olimpo~ Jaywon ✿Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora