CAPITOLO 3

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Agosto 1998

Il martelletto del Giudice Supremo del Wizengamot riportò l'ordine in aula, mentre tutti gli spettatori stavano aspettando la pronuncia della sentenza.

Il mare di tonache viola scuro fece il suo ingresso nella grande aula, dove ognuno dei membri prese posto sul proprio seggio dopo essersi radunati per decidere le sorti dei mangiamorte che stavano aspettando incatenati davanti a loro.

I prigionieri erano stati fatti accomodare ognuno in una minuscola gabbia, grande a sufficienza per contenere una vecchia sedia di metallo sgangherata e le pesanti catene che avvolgevano i polsi degli imputati.

-La Corte ha deliberato. - annunciò Kingsley Shecklebolt, che come Primo Ministro era stato chiamato anche a presiedere pro tempore il tribunale magico.

Lo sguardo dell'uomo si spostò sul prigioniero alla sua sinistra, guardandolo diritto negli occhi.

-Antonin Dolohov. - scandì duramente Kings, mentre sulla fronte dell'uomo in questione passava una goccia di sudore freddo. - Colpevole di crimini di guerra perpetrati come seguace di Voldemort e Mangiamorte. Condanna all'ergastolo senza possibilità di sconto della pena presso la struttura di massima sicurezza di Azkaban con effetto immediato.

Il martelletto si abbatté sul piccolo piedistallo di legno, mentre nel silenzio dell'aula si udivano solamente i piagnistei del condannato che veniva portato via di peso mentre stava ancora cercando di convincere tutti della sua innocenza.

Uno dopo l'altro, i nomi di tutti gli imputati presenti venivano chiamati, e inevitabilmente condannati.

Quando arrivò il turno di Lord Malfoy, Lucius raddrizzò la schiena da fiero purosangue quale era, accettando senza minimamente scomporsi il suo ergastolo, incamminandosi poi senza fare nessuna resistenza con gli auror che lo avrebbero scortato nel freddo mare del nord.

L'unica volta che l'uomo si fermò fu soltanto per sorridere tristemente in direzione della moglie e inviarle un ultimo bacio.

Narcissa era seduta sugli spalti, cercando di trattenere i singhiozzi quanto più poteva.

Il sole stava pian piano volgendo al tramonto, mentre i condannati presenti in aula diminuivano di numero, quando le alte porte si aprirono e fecero il loro ingresso cinque auror completamente ricoperti di sangue e malridotti, portando con loro una gabbia interamente circondata da catene magiche, al cui interno si dimenava una bestia.

Molte voci dagli spalti mormorarono impauriti, incapaci di inquadrare l'essere all'interno della gabbia per quello che era: la creatura si poggiava sui 4 arti con il busto arcuato al massimo; mani e piedi erano più grandi di quanto avrebbero dovuto essere, presentando lunghi artigli ricurvi al posto delle unghie ben curate che un tempo aveva.

Ma quello che spaventava di più tutti i presenti era il volto di quella creatura, che oramai non presentava più nulla di umano.

Gli occhi erano erano due enormi pozze nere di puro istinto animale, con zanne lunghe e ricurve macchiate di sangue rappreso; la mascella si era deformata a tal punto da aver assunto una forma allungata , a ricordare quasi il muso di un cane da caccia con un perenne ringhio costante con la bava che stava colando sul pavimento della gabbia.

Pansy Parkinson emise un gemito soffocato nel riconoscere quello che per un breve periodo era stato il suo fidanzato, lasciandosi sfuggire una lacrima solitaria nel vedere che il lato dolce del ragazzo che l'aveva fatta innamorare non esisteva più, lasciando al suo posto un animale selvaggio e letale senza controllo.

L'ALTRA META' DI MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora