8.Benvenuta, ti stavamo aspettando

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Mi svegliai di soprassalto, il respiro affannoso e il cuore ancora pesante delle visioni dei peccati capitali che si erano dipanati davanti ai miei occhi. Sentivo le voci intorno a me, sussurranti e insistenti, guidandomi verso la mia prossima missione. Mentre mi alzavo le ombre danzavano lungo le pareti della stanza. La sensazione di essere osservata mi avvolse come un mantello, e il richiamo delle voci mi spinse verso la porta.

Attraversai i corridoi bui, il suono dei miei passi echeggiava nel vuoto silenzioso della casa. Le voci mi sussurravano istruzioni, indicando la strada da seguire. Attraversammo un labirinto di corridoi, le pareti sporche di polvere e macchie sconosciute. Ogni passo che facevo mi avvicinava sempre di più al mio destino, eppure sentivo il timore crescere dentro di me.

Quando arrivai di fronte alla porta che le voci mi avevano indicato, la tensione nel mio petto si intensificò. La porta sembrava diversa dalle altre, più imponente, più minacciosa. Con una mano tremante, girai la maniglia e spalancò la porta, rivelando una stanza diversa da tutto ciò che avevo visto prima.

era avvolta nell'oscurità, Al centro, un grande specchio si ergeva come una sentinella silenziosa. Le voci sussurrarono di avvicinarmi l riflesso nel vetro era oscuro, distante, ma riconobbi i miei lineamenti tesi dalla paura.

Con un respiro profondo, alzai la mano e toccai lo specchio. La superficie era fredda e liscia sotto le mie dita, ma qualcosa, o forse qualcuno, mi spinse, intrappolandomi al suo interno.

"Benvenuta Savannah, ti stavamo Aspettando; hai finalmente trovato lo specchio Mortale" disse una voce maschile dietro alle mie spalle.

Mi girai e li vidi tutti lì; la Famiglia di Elias al completo.

BRIAN'S POV

Il vento freddo della sera mi sferzava il volto mentre stavo di fronte alla casa degli specchi, il cuore martellante nel petto."Savannah!" chiamai, la mia voce echeggiava nell'aria notturna, disperata e tesa. "Savannah, mi senti? Rispondi!"

Nessuna risposta. Solo il suono del vento tra gli alberi e il silenzio opprimente della casa. Il mio cuore sprofondò, ma non potevo arrendermi. Continuai a chiamare il suo nome, sperando contro ogni speranza che potesse sentirmi e rispondere.

"Savannah! Sono qui fuori! Ti prego, rispondi!"

Dopo quello che sembrò un tempo infinito, la disperazione iniziò a prendere il sopravvento. Decisi che dovevo trovare aiuto. Mi diressi verso la strada principale, cercando qualcuno che potesse assistermi. I lampioni gettavano lunghe ombre spettrali sul marciapiede mentre mi affrettavo verso il centro del paese.

La prima persona che incontrai fu il vecchio Charlie, che stava chiudendo il suo negozio di alimentari. Lo chiamai con insistenza, e lui si voltò, l'espressione preoccupata. Quando gli spiegai la situazione, la sua faccia si fece pallida.

"Ragazzo, quella casa... è maledetta. Nessuno che è entrato ne è mai uscito indenne," disse, scuotendo la testa. "Non posso aiutarti. Non posso mettere a rischio la mia vita."

"Charlie, per favore, Savannah è là dentro. È in pericolo! Ho bisogno del tuo aiuto!" implorai, la voce rotta dalla disperazione.

Il vecchio Charlie scosse la testa con più forza. "Mi dispiace, ma non posso fare nulla. Devi andartene, prima che sia troppo tardi."

Lo lasciai andare, sentendo una morsa di impotenza stringersi intorno al mio cuore. Continuai a cercare aiuto, bussando alle porte delle case vicine, ma ogni volta ricevetti la stessa risposta: paura, rifiuto, e occhi che evitavano il mio sguardo. La leggenda della casa degli specchi era troppo radicata nelle menti degli abitanti del paese.

Mi diressi allora all'ufficio dello sceriffo, sperando che almeno le autorità avrebbero preso sul serio la mia richiesta. Lo sceriffo Dawson mi accolse con un cipiglio preoccupato, ascoltando attentamente il mio racconto. Ma quando menzionai la casa degli specchi, la sua espressione cambiò.

"Brian, capisco la tua preoccupazione, ma quella casa... abbiamo già perso troppi uomini là dentro," disse con un tono grave. "Non posso mandare altri a morire."

"Non posso lasciarla lì dentro! Devo fare qualcosa!" gridai, sentendo la frustrazione montare.

"Non posso permettere che qualcuno entri in quella casa," ribatté lo sceriffo con fermezza. "L'unica cosa che possiamo fare è aspettare e sperare che ne esca da sola."

Le sue parole mi lasciarono senza fiato. Aspettare e sperare? Non era un'opzione. Tornai alla casa degli specchi, il cuore pesante e la mente in tumulto. Mi trovai di nuovo di fronte a quella facciata inquietante, con le finestre scure che sembravano fissarmi come occhi vuoti.

"Savannah!" chiamai ancora una volta, la voce rotta dalla disperazione. "Ti prego, rispondi!"

Nessuna risposta. Solo il silenzio opprimente. Le lacrime iniziarono a rigarmi il volto mentre cadevo in ginocchio, sconfitto. Mi sentivo impotente, incapace di salvare la persona che amavo.

Mentre mi allontanavo dalla casa degli specchi, un urlo agghiacciante squarciò l'aria notturna, fermandomi di colpo. Il mio cuore saltò un battito e riconobbi immediatamente la voce di Savannah. L'orrore e la disperazione nel suo grido erano palpabili, come se il suono stesso potesse lacerare l'oscurità.

"Savannah!" urlai, il panico nella mia voce. Mi voltai e corsi verso la casa, ignorando il freddo e l'oscurità che sembravano volermi trattenere. Non potevo permettere che Savannah soffrisse un momento di più. Dovevo salvarla, a qualunque costo.

L'urlo di Savannah risuonava ancora nelle mie orecchie, e la disperazione mi dava la forza di andare avanti nonostante il freddo e la paura che sembravano voler trattenere ogni mio passo.

"Savannah!" gridai di nuovo, sperando di ricevere una risposta. Il silenzio opprimente mi circondava, interrotto solo dal rumore del vento tra gli alberi.

Arrivato di fronte alla porta della casa degli specchi, sentii il cuore battere furiosamente nel petto. Le finestre scure e le ombre danzanti sembravano guardarmi con occhi vuoti e maliziosi. Respirai profondamente e allungai una mano tremante verso la maniglia della porta. Era fredda come il ghiaccio sotto le mie dita.

"Savannah, sono qui! Ti prego, rispondi!" urlai di nuovo, ma non ricevetti risposta.

Con un gesto deciso, cercai di aprire la porta. Era bloccata. Tirai e spinsi con tutte le mie forze, ma sembrava che qualcosa dall'altra parte resistesse. Un senso di frustrazione e disperazione montò dentro di me. Non potevo lasciarla lì, dovevo entrare a qualunque costo.

Mi appoggiai con la spalla alla porta, mettendo tutto il mio peso contro di essa, ma la porta non cedeva. Mentre continuavo a spingere, un rumore sordo mi fece voltare di scatto. Sentii il cuore fermarsi per un istante. Un'ombra si mosse dietro di me, ma quando mi voltai completamente, non c'era nulla.

"Savannah!" chiamai di nuovo, la voce tremante.

All'improvviso, una forza invisibile mi spinse violentemente indietro. Persi l'equilibrio e caddi pesantemente a terra, sbattendo la testa contro il pavimento duro. La vista si annebbiò, e un dolore acuto mi esplose nella testa. Cercai di rialzarmi, ma la forza mi schiacciava a terra, come se mani invisibili mi trattenessero.

Il freddo si intensificò, penetrando fino alle ossa. Il mondo intorno a me cominciò a sfumare, e la coscienza mi abbandonò lentamente. L'ultima cosa che sentii fu il suono del mio respiro affannoso mescolato al sussurro del vento.

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