POSTO

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"You gotta step into the daylight and let it go
Just let it go, let it go"

Posto a tavola. Posto nel cuore di Margherita. Matteo si siede. Matteo si fa spazio. Spazio fra l'inchiostro. Spazio fra le piegature. Spazio fra gli strappi. Cerca di riportarlo alla sua forma originale. Di stirarne le nervature. Di riempirne i vuoti. Di ricucirne le fratture. Un cuore di carta non può battere. Un cuore di carta non può sorridere. Un cuore di carta non può respirare. Margherita ne era convinta. Ne era convinta fino ad adesso. Adesso che il suo cuore è davvero suo e non di quella Margherita che crede di essere stata. Adesso che il suo cuore sembra essere tornato a funzionare. Adesso che si perde ad osservare il viso di Matteo che si scompone in una risata. Adesso che si trova a raccontare di sé, o meglio lascia che sia Giulia a farlo, a Matteo. Felice. Margherita sente di esserlo. Lo sente nel suo silenzio. Lo sente osservandoli. Matteo e Giulia. I suoi due aspetti positivi. Matteo aveva ragione. Basta davvero fermarsi. Sorrisi. Sorrisi su volti. Sorrisi fra posate. Sorrisi stampati su bicchieri. Sorrisi fra parole. La mano di Matteo raggiunge quella di Margherita. La stringe sotto il tavolo. Lontano dagli occhi di Giulia. Lontano dalle guance imbarazzate di Margherita. Forza. Sicurezza. Margherita fa un respiro. Cerca di rientrare negli spazi incompleti della conversazione fra Matteo e Giulia. Non ha mai saputo attirare l'attenzione su di sé. Non ha mai voluto attirarla. "Giulia". Convinzione. Silenzio. Entrambi si voltano nella sua direzione. La stretta si rafforza. Matteo sa cosa ha intenzione di dire. Sa che il momento è arrivato. "Io voglio fare la giornalista, voglio trovare un lavoro, voglio scrivere". Pronuncia tutto d'un fiato. Giulia fa uno dei suoi sorrisi. Uno di quei sorrisi a cui non puoi resistere. Uno di quei sorrisi a cui seguitano altre labbra all'in su. Giulia lascia il suo posto. Raggiunge Margherita. Matteo lascia andare la sua mano. Sotto lo sguardo di Giulia. Sotto le guance arrossate di Margherita. Giulia l'avvolge in un abbraccio. Amicizia in corpi stretti. Amicizia in respiri filtrati da sorrisi. Amicizia in occhi sollevati. "È merito suo?". Giulia lo domanda allontanandosi. Margherita incontra gli occhi di Matteo. Le sue parole arrivano a colmare i suoi silenzi, le sue risposte a eliminare le sue domande. "No, io ho semplicemente...". "Si". Voci accavallate. Risposte differenti. Matteo si ferma. Sguardo immobile. "Lui crede così tanto in me che ha spinto anche me a farlo nuovamente". Completa Margherita. "Tu crei una nuova realtà, Marghe, quando scrivi, è naturale credere in te". "Non potrei essere maggiormente d'accordo con te". Giulia e Matteo si battono il cinque sopra il suono delle loro risate. "La vostra unione mi terrorizza". Nuove risate. Un gruppo di vecchi amici. È questa l'impressione che danno. Sembrano conoscersi da sempre. "Vi lascio da soli, i piatti, i bicchieri e le posate mi attendono". Giulia lascia la stanza con un sorrisetto stretto fra i denti. Margherita e Matteo. Matteo e Margherita. Silenzio. Respiri. "Io". Pronunciano all'unisono voltandosi l'uno verso l'altro. "Prima tu". La invita a continuare Matteo. "Volevo semplicemente ringraziarti e chiederti scusa". "Per cosa?". "Per non essere ciò che meriti". Matteo le si avvicina. Pochi centimetri fra i loro volti. "Perché? Cosa merito?". "Una persona migliore di me, io non faccio altro che crearti problemi, non faccio altro che allontanarti, non faccio altro che...". Labbra su labbra. Guance fra mani. "Non fai altro che parlare, Margherita". Fronte su fronte. Bacio. Un secondo. Un terzo. Occhi negli occhi. Margherita osserva attentamente i suoi movimenti. Matteo si alza. Le porge la mano. "Facciamo una passeggiata?". Margherita annuisce. Posa la sua mano su quella di Matteo. Si stringono l'una all'altra. Ne avvertono il bisogno. Bisogno di vicinanza. Bisogno di spazi condivisi. Stanze. Cucina. "Giulia, stiamo uscendo". "Divertitevi e non pensate troppo a me, bloccata qui a lavare stoviglie". Risate. Porta. Aria aperta. Passi per strada. Passi per Monza. Matteo dimentica di essere "Matteo Pessina" quando Margherita stringe la sua mano. "Cosa volevi dirmi?". "Volevo invitarti alla prossima partita". "Immagino di non poter dire di no". "Immagini bene". "Beh, se non ho altra scelta...". "Hai proprio voglia di scherzare oggi, non è vero?". "Sono felice, Matteo, come non lo ero da molto tempo". "Magari non mi crederai ma anche per me è così". Si guardano. Si osservano. Si vedono. Senza vestiti. Senza maschere. Nudi. Uno di fronte all'altro. Nudi e pieni di difetti. Difetti di carne. Difficili da modificare. Difficili da scalfire. Matteo li vede. Margherita li vede. Lasciano che le loro mani li sfiorino. Soli in una piazza piena di gente. Soli e nudi ad osservare i loro difetti. "Ti va del gelato?". "Sai, a volte penso che tu mi conosca meglio di quanto faccia io stessa, è esattamente ciò che volevo in questo momento". "Conosco i tuoi occhi, ormai riesco a comprendere tutto ciò che cercano di dirmi". "Devo allenarli al silenzio allora". "No, mi piace parlare con loro, offrono una conversazione alquanto piacevole". "Sei davvero uno stupido". "Uno stupido che ti piace. "Uno stupido e basta". "Posso accontentarmi, per te posso farlo". La avvicina a sé. Bacio. Rapido. Improvviso. Sorpresa negli occhi di Margherita. "Perdonami, io non lo farò un'altra volta se non lo vorrai anche tu". "Non hai nulla di cui scusarti, fai soltanto quello che senti, ricordi?". Risposta in un sorriso. Risposta in uno sguardo. Gente, urla, rumori, musica a loro estranei. Nient'altro ha importanza. Nient'altro se non loro due. Se non le loro dita intrecciate. Se non i loro sorrisi, le loro risate, i loro occhi.

Sorrisi||Matteo PessinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora