Celeste Basilica, 1802
Era notte inoltrata a Monte Sant'Angelo, il silenzio regnava sovrano sulla piccola cittadina arroccata sulla montagna, avvolta da un cielo privo di nuvole ed illuminato da una miriade di stelle. Quella pace notturna non faceva che sottolineare la santità del luogo in cui sorgeva il santuario per eccellenza dedicato al culto di San Michele Arcangelo. Tutto era immobile, tutto era addormentato, sembrava essere quasi in un luogo congelato nel tempo e nello spazio. Eppure, nel silenzio generale, si avvertì un lieve fruscio di ali.
Sul lastricato di marmo, dinanzi alla Basilica del Santo, comparve improvvisamente una figura ammantata, inginocchiata e con la mano destra poggiata dinanzi a sé, come se volesse rendere omaggio alla statua dell'Arcangelo Michele che dominava la facciata della Basilica. La testa, occultata dal mantello nero, si sollevò lentamente ad ammirare l'architettura dinanzi a sé. Nel compiere quel gesto il cappuccio venne rigettato all'indietro abbandonandosi lungo la schiena ricurva, svelando così una chioma castana, lunga sino alle spalle e arruffata. Se non fosse per la sporcizia che gli anneriva il volto, una ferita fresca che gli apriva un solco sulla guancia sinistra e il sangue rappreso sullo zigomo, si potrebbe affermare con certezza che il volto dell'uomo era al pari per bellezza a quello del Santo. Ed i due si osservavano, infatti. La statua di pietra aveva lo sguardo fisso, imperturbabile ma, soprattutto, severamente trionfante, col piede che sovrastava una figura maligna e la spada alzata, pronta a giudicarlo. Dal basso, la misteriosa figura sorresse lo sguardo dell'Arcangelo per diverso tempo e senza alcun timore di subire lo stesso giudizio per quell'affronto.
"Dove si spalanca la roccia, lì saranno perdonati i peccati degli uomini." lesse, con voce bassa e profonda, la scritta in latino che sovrastava l'arco di accesso alla Basilica, sotto cui si intravedevano due possenti porte rivestite in bronzo.
"Sono qui per questo." Aggiunse, dopo un momento di riflessione, e nel farlo si sollevò lentamente.
Una smorfia di dolore gli piegò le labbra carnose per alcuni istanti mentre la mano destra correva a tenersi il braccio sinistro, la cui ferita era visibile attraverso uno squarcio nelle vesti. L'uomo sembrò titubare per alcuni istanti ma qualcosa internamente lo smosse e lo convinse ad avanzare con improvvisa sicurezza verso una delle porte che sapeva essere aperta. In fin dei conti stavano aspettando proprio il suo arrivo.
Scese le scale con aria circospetta, cercando di non dare particolarmente a vedere il dolore che ogni scalino gli causava per le innumerevoli, piccole, ferite che aveva sul corpo. Ma non soffrì a lungo. Dinanzi a lui comparve la grotta del Santo. L'intero ambiente era ricavato nella roccia e il riflesso delle fiammelle agitate delle candele, disseminate lungo le pareti, rendevano il luogo ancora più sacro e suggestivo. Sul fondo della grotta, troneggiava la statua dell'Arcangelo, riempiendo interamente lo spazio sin al soffitto. Il santo vestiva l'armatura romana e teneva la spada sguainata verso l'alto. Alle sue spalle le enormi ali erano spiegate e l'artista aveva dedicato molto tempo alla realizzazione nel dettaglio di ogni singola piuma. Lo sguardo della statua era severo e implacabile ed i capelli apparivano smossi come dal vento, sebbene tutto fosse immobile lì sotto.
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FOEDUS
FantasyNapoli, 1821. Nel ventre della città, sotto la superficie, si nasconde un'Accademia che forma streghe e guerrieri da sempre impegnati nella faida contro i seguaci del culto micaelico. Azaria, una giovane di salute cagionevole, cresciuta in una famig...