Nella notte non feci altro che ripensare incessantemente a quel bacio, a quel nostro momento nella biblioteca che era veramente solo nostro e che purtroppo era durato troppo poco.
Subito dopo essermi staccata da quelle dolci labbra mi era tornato in mente mio padre, il fatto che lo avessi lasciato da solo con Alan, per non parlare di quello che aveva appena fatto mio genero sotto la spinta di mia sorella.
Molto riluttante, mi ero poi allontanata dal mio Edward per svolgere i miei doveri.
Ad Alan non dissi nulla dell'accaduto, lo ringraziai solo per il lavoro che aveva appena svolto al mio posto. Diversamente dal solito non mi sorrise ma si rimise immediatamente al suo posto, fuori dalla stanza, doveva essere ancora risentito per la discussione che avevamo avuto.
Non avevo avuto modo di confrontarmi con mia sorella dopo l'accaduto ma avevo tutta l'intenzione di farlo il mattino seguente.
Questa notte era interamente dedicata ad Edward e a noi due. Cominciai a fantasticare sul genere di futuro che avremmo potuto avere, dalle più piccole sciocchezze, come quale colore d'abito si abbinasse meglio alle nostre carnagioni, ai grandi progetti, i classici casa, famiglia e figli.
Finalmente la vita poteva cominciare ad assomigliare alla storia di uno dei miei romanzi preferiti, poteva aprirsi un nuovo capitolo, stavolta più positivo dei precedenti, o almeno così sembrava.
Non era ancora sorto il sole che venni svegliata dai miei sogni di miele da un frastuono in lontananza, e poi un altro e un altro ancora.
D'improvviso, dopo quello che mi parve essere il quinto forte rumore, Alan entrò nella mia stanza, senza convenevoli e senza bussare. Aveva indosso appena la camicia e i pantaloni, doveva essersi anche lui appena alzato dal letto e non aveva avuto tempo di indossare la sua armatura. Tuttavia in mano stringeva la sua fidata spada e con i suoi occhi squadrava ogni centimetro della stanza per assicurarsi che fosse tutto sotto controllo.
"Che succede?!" chiesi io allarmata, ancora in camicia da notte e mezza rintanata sotto le coperte. Nonostante i forti rumori avevo preferito restare a letto, con però occhi e orecchie tese all'esterno. In tanti anni non era mai capitato che qualcuno entrasse così nelle mie stanze, specialmente Alan.
"La città è sotto attacco principessa. Dovete venire con me. ORA!" mi disse con lo sguardo di chi non ammette obiezioni e allungandomi la mano libera perché l'afferrassi.
Mi precipitai giù dal letto, afferrai la prima vestaglia che trovai e corsi fuori dalla stanza mentre a fatica la indossavo.
"Non riesco a capire, dove mi stai portando? E in che senso stanno attaccando la città? Quel rumore...cos'era?" continuai a domandargli io mentre a fatica gli stavo dietro. Per assicurarsi di non perdermi mi aveva preso per mano nel momento stesso in cui avevo finito di indossare la vestaglia. Aveva una stretta forte ma non per questo dolorosa. Cercava di fare di tutto perché nessuno mi facesse del male, compreso lui.
Se normalmente camminava sempre cinque passi dietro di me, ora invece era il primo a varcare la soglia, a girare l'angolo, ad entrare in una stanza, facendomi da scudo con il suo corpo e la sua spada da ogni possibile pericolo che fortunatamente non incontrammo.
"Vi sto portando nella sala del trono. Ho ordini precisi. Nel caso d'attacco quello è il luogo più sicuro. Per quanto riguarda la città, so solo che un gruppo numeroso di persone la sta radendo a fuoco e fiamme. Ci sono state delle esplosioni e non si sa quanti feriti o morti ci siano" mi disse accelerando ulteriormente il passo.
Avevo mille pensieri per la testa...
-Cosa sta succedendo esattamente? Chi sono quegli uomini? Cosa vogliono? Perché ci attaccano? Perché ora? Quanti morti ci sono? Cosa posso fare per aiutare?...-
Alan doveva aver intuito il mio ultimo quesito perché si fermò di scatto davanti alla porta della sala del trono, si voltò verso di me e guardandomi negli occhi, tenendomi ancora la mano, mi disse dopo poco "Non c'è niente che voi possiate fare, tranne stare al sicuro. Voi e vostra sorella siete il futuro del regno..." e così dicendo aprì la porta della sala del trono con l'altra mano, dove ad aspettarci c'erano Jon ed Helena lì in piedi.
Per un attimo mi voltai a guardare Alan, ma non appena mi lasciò la mano capì che non era il momento di comportarsi come una bambina e fare quello che mi veniva detto.
Feci qualche passo avanti in modo che lui potesse chiudersi la porta alle spalle e prepararsi a proteggerci.
"Fai attenzione!" gli dissi un attimo prima che chiudesse la porta. Stavo rischiando seriamente di non vederlo più e la sola idea mi stava uccidendo. Cercai di non pensarci e di concentrarmi invece su chi c'era lì con me.
Mi avvicinai a mia sorella, senza ancora proferirle parola, quando un nuovo trambusto, proveniente stavolta dalle mura del castello, ci colpì tutti.
"Devo andare!" disse Jon, dando un bacio sulla guancia di sua moglie.
"Vengo con te!" rispose lei subito dopo che lui ebbe fatto un singolo passo e obbligandolo ad arrestarsi sul posto.
"Non se ne parla neanche!" replicò lui all'istante, voltandosi di scatto e guardando Hel dritta negli occhi.
"Sono una brava guerriera..." cominciò lei.
-Il che è vero. Anzi, è forse l'affermazione più vera che abbia mai detto-
"...ti sarò utile sul campo di battaglia"
"Ascoltami bene. Tu non uscirai da questa stanza, non così, non nelle tue condizioni! O te lo sei forse scordato?!" urlò Jon, furente.
Si scambiarono uno sguardo ricco di tensione. Una persona esterna avrebbe pensato che si volessero uccidere a vicenda.
Solo dopo un lungo istante di silenzio, Helena fece un passo in avanti verso suo marito, lo baciò appassionatamente sulle labbra e lo salutò prima di lasciarlo andare.
"Vedi di tornare da me, capito?!" rispose infine mia sorella, cedendo alle sue parole.
"Ne ho tutta l'intenzione" disse lui di rimando con un leggero sorriso, felice di quel gesto inaspettato, afferrando una delle spade che erano appese alla parete e dirigendosi fuori a piede svelto, lasciandoci completamente sole.
Lo guardammo varcare la soglia e aspettammo che l'ennesimo frastuono interrompesse il nostro silenzio pesante. Anche se delle parole mi ronzavano in testa ed era giunto il momento di dargli fiato.
"Tu...sei incinta, non è così?" domandai a mia sorella, anche se era più che altro una domanda retorica a questo punto.
STAI LEGGENDO
Due capitoli dello stesso libro
ChickLitSequel di "Due cuori sotto scacco" Racconta la storia delle due sorelle, riprendendo da dove le avevamo lasciate Questa volta però a raccontare la storia sarà la nostra Layla Tra nuovi amori e vecchi rancori questo racconto andrà ad esplorare e app...