Capitolo 31

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Riuscivo a leggere l'esitazione nello sguardo di Hel. Nonostante le avessi detto che non era un problema l'esito che mi si prospettava davanti, lei non riusciva a fare il passo successivo.

Potevo capirla, aveva già visto morire la mamma, sarebbe stato tremendo perdere anche me e probabilmente nostro padre. Senza pensare al fatto che quasi certamente non aveva idea di che fine avesse fatto suo marito dopo che era uscito dalla sala. La tensione era alle stelle.

Ad un certo punto decise di fare l'unica cosa a cui non avevo pensato, gettò la sua spada a terra.

L'incredulità non risiedeva solo nel mio sguardo, ma anche in quello dei nostri aguzzini. Amelia lasciò andare leggermente la presa ed Edward rimase lì, in piedi, fermo e completamente esterrefatto a guardare la spada che tintinnava ancora leggermente e il cui eco si propagava per l'intera sala.

"Beh, che dire. Questa non me l'aspettavo. La combattiva, la stratega, la guerriera che getta a terra le sue armi. Questa famiglia riesce sempre a sorprendermi!" disse dopo essersi ricomposto, riprendendo il suo tono giocoso di scherno e rivolgendo uno sguardo divertito alla donna dietro di me.

Provai a lanciargli un'occhiata carica d'odio ma se mai lo raggiunse non lo diede a vedere.

Riprese pericolosamente a far roteare la sua spada, avvicinandosi sempre di più a Hel. Avrei voluto fermarlo, muovermi di lì e saltargli addosso, ma non potevo. Non perché non mi reggessero le gambe, ormai avevo raggiunto un livello di adrenalina tale che avrei saltato alto 10 metri se fosse stato necessario, ma per via di quella stra-maledettissima daga che mi premeva sul collo.

Cercai di muovere la mano che avevo ancora libera per cercare un punto debole di Amelia ma era troppo lontana perché la raggiungessi senza farmi notare. Così come era troppo lontana dalla portata dei miei piedi. Ero intenzionata a pestarle i suoi per cercare di liberarmi, ma non li trovai.

Edward raggiunse mia sorella e si posizionò alle sue spalle, con la spada sguainata e pronta a colpire. Urlai per intimargli di fermarsi, ma le mie parole si persero nella stanza.

Chiusi gli occhi un istante, per non vedere quanto stava per accadere, ma li riaprì di scatto quando sentì un respiro soffocato proveniente dalle mie spalle. Amelia lascò andare la daga che sotto il mio sguardo, in un momento che sembrò infinito, raggiunse il pavimento, tintinnando leggermente, e il peso del suo corpo iniziò a gravare sulle mie spalle.

Mi girai di scatto a guardare cosa stesse succedendo ed Alan era lì. Era venuto a salvarmi!

Subito mi voltai verso mia sorella, pronta a correre contro l'uomo che la minacciava. Ma non feci in tempo a fare un passo che la lama del mio cognato preferito si posizionò sulla giugulare dello psicopatico che ci teneva sotto scacco.

-Si, anch'io conosco qualcosina di scacchi-

"Metti giù le mani da mia moglie! Abbassa quella spada, ora!" gli intimò Jon con voce bassa e il tono più minaccioso che avessi mai sentito. Se fossi stata in Edward l'avrei fatta finita lì per non dover affrontare l'ira di quell'uomo che in quanto a vendetta credo proprio potesse essere più temibile delle due persone che ci minacciavano poco prima messe insieme, e di gran lunga.

Edward gettò la spada a terra e venne allontanato di qualche passo. L'attacco al palazzo doveva essersi concluso e a giudicare dalle macchie di sangue sui nostri salvatori, doveva essere stato un attacco molto violento.

Arrivarono altre due nostre guardie, anche loro malconce, che presero in custodia Edward e lo allontanarono verso il fondo della sala.

Sapevo che il primo abbraccio sarebbe dovuto essere tra Hel e Jon, ma in quel momento non mi importava. Mi gettai nelle braccia di mia sorella e iniziai a versare tutte le lacrime che avevo trattenuto negli ultimi minuti, stringendola sempre più forte a me.

Non ero mai stata più vicina di così a perderla e non riuscivo a sopportarlo.

-Come aveva fatto lei quando era morta la mamma davanti ai suoi occhi? Come?-

Lei mi accolse e mi sostenne, lasciandomi sfogare per quelle che sembrarono ore, prima di lasciarmi andare e asciugarmi le ultime lacrime con la sua mano. Anche lei aveva pianto un po', ma era riuscita a nasconderlo molto meglio di me, non emettendo i miei singhiozzi. Anche se quegli occhi lucidi la tradirono.

"Non c'è qualcun altro che dovresti abbracciare qui?" mi disse in tono sarcastico, lanciando una veloce occhiata alla mia guardia del corpo.

Feci cenno di sì col capo e mi discostai da lei a fatica. Era giusto che si riunisse a suo marito. Lasciai loro quanto più spazio possibile e mi avviai a ringraziare l'altro mio salvatore.

"Principessa..." iniziò Alan chinando il capo "...sono felice che stiate bene"

Avrei dovuto ringraziarlo semplicemente a parole, era questo che si addiceva ad una principessa nei confronti dell'uomo il cui compito, a tutti gli effetti, era quello di proteggerla. Invece non dissi una parola, ma buttai le braccia al collo anche a lui e lo abbracciai, felice più che mai che fosse ancora vivo.

"Grazie..." gli dissi all'orecchio.

"Ho fatto solo il mio dovere" disse lui, preso alla sprovvista da quel mio gesto.

"No, grazie di essere tornato e di essere sano e salvo" il che era vero. Non ero tanto contenta che mi avesse salvato, quanto che lui fosse salvo. Non mi ero resa conto di quanto tenessi a lui finché non avevo rischiato di perderlo.

Dopo queste mie parole, lasciò andare la spada che ancora teneva in una mano e ricambiò il mio abbraccio, poggiando la sua testa alla mia e rilassandosi per una volta.

"Non è il momento di riposare sugli allori. Dobbiamo ancora sistemare la faccenda di nostro padre" disse Hel dato che il nostro abbraccio stava durando un po' troppo.

"Hai ragione. E ora sappiamo esattamente cosa fare" risposi, dopo essermi staccata lentamente e con non poca fatica dalle braccia di Alan, lanciando un ultimo sguardo ad Edward, stavolta di piena superiorità e sincera contentezza.

Due capitoli dello stesso libroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora