Capitolo 3

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In quell'ultimo periodo ci eravamo tutte ritrovate nel bel mezzo del caos puro, in un tornado di problemi ed emozioni che nessuno era pronto ad affrontare.
Quel dannato giorno, in quella dannatissima auto, avevo visto per l'ultima volta gli occhi di Raegan che mi guardavano colmi di dolore, come se fosse stata sconfitta, ormai arresa al fatto che non sarebbe cambiato nulla, che aveva perso e tutto quel sangue non aveva portato a nulla, solo ed esclusivamente alla sua disfatta. Sapevo che avrebbe voluto dirmi qualcosa, sapevo che lo desiderava con tutto il suo cuore martoriato, ma non l'aveva fatto. Si era limitata a stringermi la mano, a sfiorare le mie dita, fino a quando non aveva chiuso gli occhi senza più riaprirli, quasi come se si fosse lasciata andare ad un addio che speravo con tutta me stessa non arrivasse mai per davvero.
Megan invece, si era svegliata qualche giorno dopo senza proferire parola. Avevo provato più volte a farle visita, a parlarle, ma lei si era limitata a darmi le spalle e non parlarmi, quasi come se non volesse avermi nei paraggi.
Abigail invece, si era ripresa in un batter d'occhio e si era subito messa a lavoro, con sicurezza e precisione. Le poche notti che si faceva viva le passava chiusa in camera, perseguitata da attacchi di panico, incubi, pura disperazione che la dilaniavano fino a farla urlare nel vano tentativo di combattere tutto quel dolore che si portava dentro e che non sarebbe sparito con facilità. O forse mai.

Con la coda dell'occhio la guardai, osservai il suo viso segnato dal dolore che le provocava la ferita e cercai in ogni modo di vedere oltre quella maschera di sicurezza apparente. Stava soffrendo, enormemente, e non a causa di quella ferita. Non stava bene, per niente, e io volevo aiutarla, alleviare il suo dolore.

«Avevi ragione per quanto riguarda le spie. Hanno cercato di infiltrare un po' di persone e tu... l'hai evitato.» parlò senza mai girarsi verso di me. Sembrava come se stesse cercando di evitare il mio sguardo in ogni modo possibile.

«Tu e Priya avete fatto il grosso del lavoro.» dissi solamente guardando gli specchietti per controllare se ci fossero movimenti sospetti dietro di noi. Fortunatamente nessuno ci stava seguendo.

«Continui a sminuire tutto quello che fai, anche quando è qualcosa di grande. Tuo padre è sempre stato un gran pezzo di merda, vero?» mi chiese guardandomi solo per un attimo per poi distogliere lo sguardo.

«Non solo mio padre.» dissi ridacchiando nonostante non lo trovassi divertente. Mi capitava spesso di ridere anche quando non volevo far altro che piangere.

«Sono certa che tu non stia parlando di una certa... donna speciale che conosciamo entrambe.» disse poggiando il capo contro il finestrino dell'auto.

«Quella donna speciale per poco non è riuscita a farmi credere di essere... abbastanza.» ammisi sentendo un gran peso sul petto.

«Abbastanza...» ripeté Abigail senza dire altro.
Improvvisamente calò il silenzio e io non mi azzardai a farle domande. Il suo sguardo era strano, affranto, sofferente, stanco e in certi momenti sembrava come se si distaccasse dalla realtà e non facesse più caso al dolore che le causava la ferita, al sangue che macchiava la sua camicia o a qualunque cosa accadesse nel traffico. In certi momenti era assente, come se stesse vivendo in un'altra realtà e, quando tornava da me e mi guardava, non leggevo altro che sofferenza e terrore nel suo sguardo.

«Siamo arrivate. Ti conviene farti controllare...»

«Devo prima andare da Raegan.» disse solamente scendendo dall'auto per poi iniziare a dirigersi verso la porta d'ingresso.
Velocemente scesi dall'auto e nello stesso momento scesero, da un'altra auto, i due che facevano parte della mia scorta. Feci cenno di non seguirmi e a passo veloce raggiunsi Abigail.

«Faith è lì dentro quindi ti conviene dire chi sei prima di entrare.» le spiegai. Lei tirò fuori uno strano verso simile ad una risata ed infine si decise a parlare.

Stitches - May We Meet Again SequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora