Shadee si trova nella stanza di suo padre quando viene raggiunto dal consigliere Emmatu. Senza bisogno di una parola, afferra la lettera che gli porge, una missiva che legge subito e lo lascia prosciugato, senza un solo barlume di lucidità. Guarda il sigillo di ceralacca spezzato, ripete mentalmente, in una spirale senza fine, il messaggio che presto impara a memoria, e resta così, annichilito, barricato dietro un silenzio tombale. Sente la vena pulsare dietro l'orecchio, genera un martellio che gli impedisce di pensare e si traduce in una fitta tra gli occhi.
«Shadee?» Seduta al capezzale del re, Kemala cerca di ridestarlo e di capire cosa ci sia scritto sulla lettera. «Chi l'ha inviata?»
In quelle ultime settimane è diventata la sua migliore alleata, è sempre rimasta al suo fianco e si è proposta di assistere il re, sebbene lo odi per avere tagliato la lingua a Maissa. Ci vuole un cuore grande per saper andare oltre l'odio, uno che lui non ha, lo capisce adesso, nello stesso istante in cui accartoccia la lettera nel pugno e sente l'odio rodere ogni resistenza, divorare ogni briciolo di controllo.
«È di Jaja» soffia con la mano ancora stretta a pugno. «Ha la cura per mio padre. Dice che la cederà in cambio del regno, alle sue condizioni.»
Rinuncia degli Spilli a Reggia Blu, smilitarizzazione della capitale, gestione totale del potere, parità di diritti tra i Primi e i Secondi con una spartizione equa delle terre e delle ricchezze. Più un miliardo di altre postille che Shadee non vuole ripetersi.
«Che intendi fare?» gli chiede Kemala.
Shadee sospira per la millesima volta e si massaggia la radice del naso, sperando di alleviare il mal di testa che preme sulla fronte. Che altre possibilità gli restano quando c'è in ballo la vita di suo padre? «Faremo come vuole.»
Kemala indugia in silenzio, si mordicchia le labbra e forse pensa ciò che chiunque altro gli direbbe in faccia, che è un idiota, che una vita non vale quanto un regno, ma capisce – per lui non potrà mai essere così – e si azzarda a sfiorargli una spalla per dargli conforto. «Vado a cercare Hondo.»
«È notte fonda» la interrompe. «Resta qui. Vado io.»
«Vengo con te...»
«No.» Un taglio secco interrompe il loro dialogo, appartiene a una voce che Shadee non sente da giorni, un rifiuto che può provenire solo da un'altra persona presente nella stanza: suo padre.
Re Tavare è sveglio, lo fissa con gli occhi distrutti dal dolore, ma dietro una patina lucida e arrossata splende ancora la fierezza di un tempo. «La mia vita non vale la casata. Non scendo a compromessi.»
Shadee si sente crollare, è come se la terra avesse appena aperto una voragine sotto i suoi piedi. «Padre, pensiamo a curarvi, poi tratteremo sulle condizioni.»
«E ci rimangeremo la parola data? Ho detto di no. Sono il re e farai come ti dico.»
Shadee affonda il viso in una mano per spostare i capelli dalla fronte. Vorrebbe dire a suo padre che se ne frega degli ordini, della reggenza, della parola data, che Jaja è stato il primo a tradirli e a giocare sporco. Rivuole soltanto la sua famiglia, non ritrovarsi da solo in un cielo buio come Luva quando ha perso le stelle sorelle, ma come può litigare con lui quando sta morendo?
«Pensateci almeno una notte» lo supplica.
«Non ho bisogno di una notte. Rifiuta subito le sue condizioni.»
È allora che un sospetto serpeggia nella coscienza di Shadee. Da settimane il re gestisce la corrispondenza con Jaja e i suoi ambasciatori. Possibile che l'esistenza di una cura venga menzionata solo ora, così in ritardo? «Voi sapevate.» È la conclusione più ovvia. «Jaja vi aveva già scritto la sua proposta e avete preferito non informarmi.»
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Una storia di ali e spilli
FantasyLe Bolle di Rovi e Rugiada sono nemiche per un motivo che con il tempo si è scordato. Omicidi, furti e agguati hanno generato una spirale di odio che non è mai sfociata in una guerra aperta, sebbene il terrore di uno scontro sia alle porte. Nella Bo...