Noemi aveva trascorso l'ultima settimana riflettendo a lungo sulla decisione di porre fine anche alla sua esistenza fisica, che rappresentava l'unica cosa che le era rimasta e che la imprigionava in quel mondo da cui voleva scappare. Passò quei giorni a scandagliare ogni dettaglio in modo lucido, mettendo attentamente a confronto i pro e i contro che, per una sorta di triste ironia, coincidevano: non sarebbe più stata viva.In realtà era da molto tempo che la sua mente era costretta a tornare su quell'argomento, che si presentava ridondante come il ritornello di un tormentone. Se prima quell'idea era sempre più sporadica, nel tempo si fece sempre più imperativa. Non ricordava da quanto tempo fosse nata o in quale preciso momento l'aveva pensata come l'unica soluzione per smettere di soffrire, ma aveva localizzato nell'adolescenza la scintilla. La sua esistenza, a suo giudizio, non era qualcosa per cui valesse la pena di resistere, per continuare a lottare o almeno, per cui avere anche solo la curiosità di vedere cosa sarebbe potuto capitare, perché il suo trascorso era martoriato da continui peggioramenti con qualche sporadica e sempre meno attesa parentesi positiva. Sentiva di aver sprecato un tempo che non aveva nulla di lineare, che era passato come coriandoli lanciati al vento e che tutti i momenti che erano caduti al suolo erano in attesa di degradarsi completamente. Nel periodo precedente ai suoi 12 anni c'era qualche spazio in cui credeva nella speranza che le cose sarebbero cambiate per il meglio, che i suoi sforzi e le sue lacrime avrebbero quantomeno trovato un senso, ma queste situazioni facevano presto a diventare illusioni e, nel tempo, ricordi malinconici. Era nata in una famiglia disfunzionale, di quelle insospettabili però. Nessuno, né da fuori né da dentro e specie per i primi anni, avrebbe avuto anche solo il dubbio sulle capacità genitoriali o di accudimento. Figurarsi se può sorgere qualsivoglia dubbio, quando i due genitori si impegnano praticamente tutto il giorno nel lavoro e i bambini sono talmente educati da mangiare composti e non disturbare. A lei non aveva mai convinto l'idea che il silenzio e la compostezza nascessero dall'educazione e nemmeno che ne fossero sintomo. Il tempo, infatti, non tollera certe messe in scena e inesorabilmente scopre tutto come un forte uragano, scoperchiando le fragili costruzioni della falsità, fino alle fondamenta. Quando la verità si rivela nella sua crudezza, i membri più vulnerabili della famiglia vengono guardati come dei poveri sfollati dopo una catastrofe o con la stessa pietà con cui si guarda un cucciolo dietro le sbarre di un canile. Noemi odiava quegli sguardi dagli estranei, sentiva nel profondo che la loro coscienza si puliva grazie a quel sentimento di compatimento nell'accezione più negativa del termine, mentre lei continuava a soffrire le ire violente del padre e le manipolazioni tossiche della madre. Nessuno aveva avuto il coraggio di chiamare le forze dell'ordine o gli assistenti sociali, nemmeno l'insegnante che per pura casualità vide un ematoma immenso, violaceo, che le abbracciava le costole, a soli 13 anni. Si chiedeva se tutte quelle persone che non alzarono un dito per aiutarla sarebbero rimaste immobili anche nel vedere una donna adulta picchiata o emaciata; forse qualcuno si sarebbe messo in mezzo o almeno avrebbe allertato chi di dovere. Con i bambini, per chissà quali motivi, è diverso. Ci mise molto tempo e ancor più fatica per capire che l'educazione non ha nulla da spartire con la violenza. La violenza inibisce, toglie, impaurisce, degrada, chiude e umilia; l'educazione eleva, fornisce competenze e autostima, ma sicuramente richiede più sforzo di uno schiaffone in pieno viso, di continui ricatti, insulti o di un calcio ben assestato sulle costole. Lei non voleva la pena, non voleva essere compatita, né trattata come una povera vittima, lei voleva che qualcuno le riconoscesse la sua dignità di individuo. C'era solo una persona che l'aveva amata davvero, ossia la nonna paterna. L'aveva accolta in casa sua come una figlia mentre i genitori si erano completamente scordati di lei e, per pulire la macchia delle loro mancanze, si erano rifugiati nell'alibi del lavoro. Stava da sua nonna tutta la settimana tranne il giorno di riposo dei suoi, che nel crescere aspettava sempre meno e sperava passasse in fretta. È normale che una bambina desideri stare con i genitori, ma era troppo intelligente per non percepire il cambio di atmosfera, che si faceva sempre più tesa. Doveva stare attenta alla minima parola e non poteva permettersi di pronunciare un "no" o di rifiutarsi di svolgere qualche compito. La madre aveva viziato suo padre e lei, senza sapere come né perché, aveva ereditato i compiti di sudditanza e assistenza, come se il padre avesse qualche tipo di disabilità e dal momento che tutto questo era preteso, lei si sentiva ingabbiata e inibita. Quindi, oltre a fare tutto controvoglia, non poteva far altro che notare con frustrazione le ipocrisie che aleggiavano come una spada di Damocle sulle teste dei suoi genitori, in una vana attesa di essere guardate. Almeno suo padre era apertamente violento, quindi sapeva da cosa difendersi, ma la madre... ci volle molto tempo per capire che tipo di persona era sua madre e che tipo di meccanismi utilizzava. Con sua madre le sembrava di essere in una palude da cui non poteva uscire, era limacciosa, viscida e al contempo appiccicosa, ci sprofondava e ogni passo per cercare di allontanarsi costava una fatica immensa. Quella donna le faceva credere che l'avrebbe salvata, che l'avrebbe portata a riva per poi liberarla, perché la palude non la meritava, solo che era la stessa donna che l'aveva buttata dentro e che l'avrebbe rifatto ancora e ancora. Per anni si chiese cosa volesse veramente sua madre da lei, ancora non lo capiva. Si domandava come avesse fatto a non intromettersi, a non difenderla dal carnefice violento che era suo padre, quando anche gli animali difendono la prole a costo della loro vita. Mentre affrontava questo dialogo interiore, per un momento, le sembrò di sentire ancora il profumo del latte e caffè che la nonna le preparava prima di alzarsi dal letto e il ronzio della TV in sottofondo, poi la realtà la travolse di nuovo nella sua disarmante crudeltà.
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l'inverno delle gemme
RandomNoemi è una giovane donna che, a causa di un ambiente famigliare violento e manipolatore, subisce la durezza della vita sin da piccola. Dopo l'ennesimo dolore, decide di mettere fine alla sua vita. Un incontro fortunato con Kiky, una donna africana...