59. Dentro un'anfora

54 13 172
                                    

È come cadere senza muoversi. Evianne getta le braccia di lato, cerca di aggrapparsi a un qualsiasi appiglio, ma le dita non afferrano nulla. Resta solo la sensazione di ruotare in una girandola di colori e suoni distorti, mentre su di lei si arrampica una nausea strana, come se il tempo e lo spazio si fossero fusi nello stesso groviglio.

Quando atterra, l'impatto la lascia a corto di fiato. È stato così violento da annerire la vista e da avere mandato gli organi interni a sbattere l'uno contro l'altro. Le sembra di essere stata compressa, come quando cerchi di schiacciare un oggetto troppo grande in una scatola minuscola, però vede meglio, in una gamma di colori diversi. Sono vivi e lucenti, così brillanti da sembrare artificiali, riprodotti a tempera. Si trova nel giardino della regina Adama, inginocchiata a terra, eppure quel luogo è diverso da come dovrebbe essere.

«Shadee!» Qualcuno chiama il principe da lontano. Non è stata lei, lei non riesce a emettere mezzo suono, un fatto strano. Si concentra sul battito del suo stesso cuore. Shadee. Se lo stanno cercando, significa che è lì, ma dove? Gira la testa in ogni direzione e osserva il giardino della regina. È ancora bello e sfarzoso, come se l'incendio di Reggia Blu non lo avesse mai toccato, e il simulacro, la tomba dove riposa... svanito nel nulla.

«Shadee! Se ti prendo!» La voce insiste, chiama Shadee. Appartiene a un ragazzo, ma Evianne non lo vede, né lui né Shadee. Si chiede se l'anfora del Vecchio Saggio non si sia rotta. Si guarda le mani in cerca di risposte. Sono sporche di tempera, anche se lei non ricorda di avere disegnato, una realizzazione che sbiadisce quando si accorge che quelle mani, piccolissime e dalla carnagione bruna, non possono essere le sue.

"Ma cosa sta succedendo?"

All'improvviso qualcuno la scrolla. «Shadee, cos'hai fatto?»

Aspetta... Lei non si chiama Shadee! Guarda il ragazzo che la scuote, la copia in miniatura di Jaja.

«Non volevo farti arrabbiare, fratellone!» È Evianne a dirlo, la sua bocca, le sue corde vocali, ma il cervello non ha trasmesso l'ordine.

"Che mi sta succedendo?"

È come se stessero animando in due lo stesso corpo, e poi... È uno specchio issato a una fontana a darle la soluzione. Evianne non indossa più il suo corpo da ragazza, ma un volto di bambino con gli occhi di rubino e le guance brune.

"Sono Shadee. Sono Shadee da piccolo."

Sente tutto quello che deve aver provato lui in quell'istante: è arrabbiato e ha paura, e poi c'è quell'amore fortissimo per la casata che trabocca dalla pelle come un fiume in piena, indomabile.

Jaja gli afferra il braccio e Shadee – Evianne – singhiozza: «Io volevo solo regalarti un drago! L'ho disegnato per te!»

Su un taccuino simile a quelli che Evianne ha trovato nella cripta della regina, c'è il disegno del fiore viola, subito sotto lo schizzo di un drago grasso. È lì che Shadee ha visto il fiore viola, solo e soltanto lì, solo quando era un bambino, e lei non gli ha creduto.

«Ti ho detto che non devi toccare le mie cose» sbraita Jaja. Continua a voltare la testa all'indietro. Sembra avere paura di venire spiato e in effetti, sul limitare del giardino, ci sono altri due ragazzi più grandi di lui di quattro, forse cinque anni.

Evianne riconosce subito l'aura glaciale di Hondo, i capelli corvini impomatati con il tirabaci che dondola sulla fronte, la stazza minuscola che sembra sparire accanto a quella del secondo ragazzo. Lo sconosciuto deve avere quasi diciotto anni, è elegante, ha il naso dritto e occhi che inchiodano sul posto. La somiglianza genetica le permette di avere un nome senza bisogno di parole: Selassie, il fratello di Kemala e Maissa.

Una storia di ali e spilliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora