66. Per un ideale sbagliato (I)

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Shadee avrebbe ucciso Hondo a sangue freddo pur di evitare una guerra, è stato il primo a meditare un tradimento, e allora perché l'idea che lo abbia pugnalato brucia più del veleno iniettato nella spalla? Se mai uscirà da quell'assurda situazione, si farà sentire! Sempre che prima riesca a recuperare l'antidoto. Lo vede, su una torretta di sale, un piccolo pilastro a una decina di metri, per lui una distanza spropositata.

La parte sinistra del corpo sta iniziando a svegliarsi, è scossa da brividi sempre più intensi che non lasciano presagire una guarigione, anzi, è come se gli organi stessero cercando una via per fuggire dalla gabbia del corpo. Qualsiasi sostanza gli abbia somministrato Hondo, lo stadio terminale deve essere atroce, se ha scelto di lasciargli un antidoto. Dannati lui e il suo odio per le mezze misure!

Con i nervi tremanti, si puntella sul gomito sinistro per rotolare fino alla torretta dell'antidoto, ma le ossa cedono e l'assenza di un supporto lo fa cadere in posizione fetale. Non può finire così. Ha spezzato le regole della casata e giurato davanti agli dèi di rimediare. Come può perdere contro qualche goccia di veleno?

«Hondo.» L'amore non è mai violenza. Glielo ha insegnato Chanti, quando si arrabbiava con lui perché suo padre lo malmenava durante i loro allenamenti. Sarà la prima cosa che dirà a Hondo quando lo rivedrà. Dovrebbe tornare a soccorrerlo, adesso che mezz'ora è trascorsa e il veleno sta raggiungendo gli organi, ma forse l'amore di cui parlava, distorto e malato, era soltanto un concentrato di parole vuote, e lui è uno sciocco a sperare che ci sia sempre qualcuno a guardargli le spalle.

Un tranello della mente annebbiata gli regala un ricordo di Chenzira e dei suoi insegnamenti, del sorriso beffardo che gli rivolgeva quando lo invitava a rialzarsi dopo un fallimento.

"Non è mai la fine, non finché sarai disposto a provarci."

Il pensiero del maestro gli trasmette una scarica di dolore, ma è una sofferenza effimera che si rimpicciolisce di fronte al senso del dovere. Al limite delle forze, scaglia una goccia d'acqua contro il piedistallo di sale per far cadere la boccetta, niente, una seconda, obiettivo mancato, ancora una, un fallimento.

"Riprova, Shadee. Ti ho insegnato solo questo?"

Una convulsione lo attraversa per intero, una scossa così forte da rigirarlo sul fianco. L'impatto della guancia contro il freddo del pavimento gli concede la lucidità necessaria per rialzarsi su un gomito e rivolgere una preghiera agli déi.

Quando tutto sembra perso, un brivido di magia, come un girino di rovi abbracciato da una freccia d'acqua, gli sboccia sulle dita. È un gioco di alleanza tra due dèi, tra due rami dell'identità che lo compongono, la forza di suo padre, la determinazione di sua madre. E così la goccia d'acqua spinge la boccetta giù dal piedistallo, e una rosa, sbocciata su un rovo, ne attutisce la caduta evitando che vada in frantumi.

Shadee ordina al rovo di strisciare a terra e di portargli l'antidoto. Lo stappa con dita impacciate e ne riversa il contenuto in bocca, sospira di sollievo quando un senso di refrigerio spegne l'incendio nelle vene.

Qualche minuto dopo cerca di rimettersi in piedi. Per due volte le gambe non reggono il peso del corpo e lo mandano steso a terra. Al terzo tentativo si sistema in una posizione curva e barcollante e con l'appiglio della parete riesce a mantenere l'onda. Ha i muscoli rattrappiti e la ferita alla spalla gli fa vedere le stelle, però non può tirarsi indietro. Deve trovare Ordon e appellarsi alla magia di Zeme e Dagan per ucciderlo, ma quando si immette in uno slargo, più lustro di una pianura ghiacciata, scorge un corpo a terra, il viso rivolto in alto come se stesse studiando un cielo di stelle.

«Hondo!»

Shadee crolla accanto a suo cugino, si dà dell'idiota per avere creduto di poterlo uccidere, perché ora che lo vede con gli occhi vitrei e un rivolo di sangue che cola dall'angolo della bocca sente il cuore rompersi in mille pezzi.

Una storia di ali e spilliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora