11. Tra economisti in giacca e cravatta

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Ciao stelline, come sempre vi ricordo di seguirmi su instagram dove rispondo alle vostre domande e regalo sempre spoiler. Vi sta piacendo la storia? fatemi sapere cosa ne pensate!  Grazie per aver letto fino a qui, a presto. 💖 

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Isabelle

Il mio tentativo di ritrovare Adam era fallito, si era volatilizzato nel nulla nell'arco di pochi secondi e nonostante avessi girato per ben due volte l'intera facoltà. Non mi era rimasto altro da fare che raccogliere le mie lacrime e andare via. A sguardo basso, con i miei singhiozzi a farmi da compagnia ero tornata verso casa ignorando persino le chiamate di Clara, ma non volevo parlare con nessuno e la vergogna di ritornare in quell'aula era fin troppo grande.

Malinconia, tristezza, disagio, imbarazzo e rabbia un cocktail letale che mi aveva completamente buttato giù quella sera. Tornata nel mio dormitorio mi ero rintanata nel mio letto nascondendo la testa sotto strati di tessuto che molte volte, durante le mie disperazioni, avrei voluto stringere come una corda su di me.

Se fossi stata diversa tutto questo non sarebbe accaduto, se fossi stata più bella di così, più magra di così, tutto questo non sarebbe accaduto. Eppure, i miei incubi diventavano reali ogni santa volta e io provavo, giuro su Dio, che ci provavo a metterli a tacere e inondarmi delle luci più belle ma quel buio mi raggiungeva, quella nebbia mi soffocava e la cattiveria, il disgusto, che provavo verso il mio corpo mi si imprimeva addosso.

Qualcuno mi voleva morta e quel qualcuno era la parte più infima di me.

La mattina dopo mi ero alzata con un mal di testa lancinante che non si era attenuato nel corso della giornata, anzi le cose erano solo peggiorate.

Io, Joe e Kellie ci trovavamo nell'ufficio del preside di facoltà per uno stupido errore che solo tre imbecilli come noi potevano commettere, poteva andare peggio di così la mia vita?

«Mi dispiace signorina Isabelle, ma non c'è nulla che possiamo fare. Dovrete frequentare quel corso e basta» afferma senza neanche osservarci il preside Jacobs.

Non ho neanche le forze di rispondere, sono completamente esausta.

«In che senso non c'è nulla che possiate fare!» risponde Joe adirato muovendosi agitato sulla poltrona al mio fianco.

«Signor Miller, non ho intenzione di ripetermi nuovamente» dichiarò il preside senza neanche alzare lo sguardo dalle scartoffie che aveva deciso fossero più importanti di noi disperati qui presenti.

«La prego, si è trattato solo di un malinteso» uno sbaglio che abbiamo commesso noi Kellie, seduta alla mia sinistra con il suo furetto peluche ancora fra le mani. Oggi indossava una felpa che avrei riconosciuto fra mille, perché era la preferita di Joe.

Dovevo chiedere spiegazioni a quei due, mi ero buttata a capofitto nello studio e sulle mie fantasticherie da non prestare attenzione ai miei amici.

Joe mi lancia uno sguardo eloquente chiedendomi forse di intervenire, ma mi limito a ricambiare la sua occhiata e sospirare già consapevole che le nostre parole sarebbero state vane.

«Sbaglio o no, avete comunque inserito nel vostro piano di studi un codice sbagliato e sempre a causa della vostra disattenzione siete ora obbligati a seguire il corso di marketing manageriale del professor Smith e non culturale come avevate sperato» le sue parole sono velatamente cariche di rimprovero e penso voglia solo al più presto sbatterci fuori dal suo ufficio, che tra parentesi mette anche i brividi.

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