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Il risveglio a palazzo era sempre la parte peggiore della giornata. Ogni mattina, alle nove e trenta, venivo svegliato da cinque persone della servitù che, senza mai stancarsi, mi facevano alzare, lavare e vestire. È ovvio, un principe deve essere trattato da tale, ma certe volte avrei voluto scappare via e gettare la corona. E lo feci. Quel giorno mi svegliai prima del dovuto, mi alzai dal mio letto e, indossando i primi vestiti meno appariscenti che trovavo, uscii dal mio castello e corsi verso il villaggio. Era ancora presto e nessuno era in giro, soltanto alcuni pescatori che rientravano da un giro notturno. Vidi una locanda aperta, così, dopo essermi coperto con un cappuccio, entrai per cercare rifugio. Una donna di mezza età, con il viso solcato da rughe, mi sorrise mentre puliva un tavolo.
«Buongiorno, ragazzo.» Disse. «Cosa ti porta qui così presto?»
«Solo un momento di tranquillità.» risposi, cercando di sembrare il più normale possibile. Mi sedetti a un tavolo in un angolo, cercando di non attirare l'attenzione della donna. Non ci sarebbe voluto molto prima che mi vedesse e mi denunciasse alle guardie per riportarmi al castello.
«Posso portarti qualcosa?» Chiese quella signora, avvicinandosi un poco a me.
«In realtà... Vorrei una stanza.» La donna annuì e andò nel retro della locanda, da lì tornò con un ragazzetto basso, riccio e castano. «Lui è mio figlio.» Me lo presentò, sorridendomi, e poi si rivolse al ragazzo. «Giorgio, per favore, fa vedere le stanze a questo nostro ospite, mentre io finisco di sistemare la locanda.» Il ragazzo annuì e, con un cenno del capo, mi indicò di seguirlo. Percorremmo un lungo corridoio di assi in legno che, sotto al nostro peso, scricchiolava. Mi accompagnò fino a una camera con il numero "sedici".
«Eccoci, questa è la vostra stanza. Se avete bisogno di qualcosa non esitate a chiedere.» La sua espressione, però, esprimeva tutto tranne che disponibilità. Si sentiva alquanto a disagio e non potevo biasimarlo, anch'io mi sarei sentito a disagio se un uomo incappucciato fosse accanto a me. «Posso chiedere una cosa?»
«Certo.» Gli risposi.
«Qual è il vostro nome?» Deglutii a vuoto e inziai a pensare a un finto nome da darmi, così da poter non tornare subito al castello.
«Nicholas.» Gli risposi. Nicholas non era chissà quanto diverso da Nicola, ma andava bene, almeno così speravo.
Il ragazzo continuò a scrutarmi, quasi come se sapesse, senza mai dire nulla. Mi sentivo quasi impotente, come se quel piccolo ragazzino potesse leggermi anche l'anima. Non disse nulla, però, si limitò a porgermi le chiavi della stanza e poi andò via.
Aprii la porta ed entrai nella stanza. Non era come quella a palazzo, era modesta, con soltanto un lettino e un armadietto dove posare i propri abiti. Mi gettai sul letto di peso e, senza neanche dover cercare di prendere sonno, mi addormentai.
Quando mi risvegliai, ci volle qualche minuto per realizzare il motivo per cui ero in quel luogo. Mi guardai attorno e, per prima cosa, notai la piccola finestrella che illuminava, ormai del tutto, la stanza era spalancata. Strano, non mi ero nemmeno accorto di avere una finestra.
Mi misi seduto e guardai la piccola stanzetta in cui mi trovavo. Il letto, un po' sgualcito, e l'armadietto che probabilmente conteneva poco più che una coperta extra. Non era nulla di strano, nulla di sfarzoso, eppure qualcosa nell'atmosfera mi metteva a disagio. Il silenzio che regnava intorno, interrotto solo dal rumore lontano dei passi della locandiera, mi faceva sentire stranamente isolato, come se fossi già scomparso dalla memoria di chiunque.
Eppure, la sensazione che il ragazzo, Giorgio, mi avesse scrutato in quel modo non mi lasciava. Cosa aveva capito? O forse stavo solo immaginando troppo. Non avevo mai cercato di nascondermi davvero, eppure ogni volta che mi trovavo lontano da palazzo, sentivo che qualcuno stava per scoprire la mia identità. La mia vita da principe, fatta di obblighi e lussi, mi aveva sempre fatto sentire come un prigioniero, e quella mattina, in quella locanda, avevo cercato di trovare un po' di libertà.
Mi alzai dal letto e, con passo lento, mi avvicinai alla finestra. Da lì si vedevano i tetti del villaggio, i camini da cui usciva il fumo, e alcune persone che cominciavano a scorrere nella strada principale. Il pensiero che fossi lontano dal castello mi dava una sensazione di sollievo, ma, allo stesso tempo, sentivo una leggera preoccupazione che mi stringeva la gola.
Davanti al letto vi era posizionata una sedia su cui avevo poggiato la mia borsa. All'interno, prima di scappare dal castello, avevo inserito dei vestiti puliti e dell'oro, dato che avevo programmato di stare lontano da palazzo per un bel po'. La aprì e, quando fu aperta, dentro trovai un bel niente. Tutto l'oro e i miei vestiti erano scomparsi, come se qualcuno me li avesse rubati. Iniziai ad agitarmi, come avrei pagato la locandiera e il figlio senza nemmno un briciolo con cui pagare? Iniziai a cercare più a fondo, con l'inutile speranza che una piccola monetina d'oro apparisse, ma nulla. Appoggiai la schiena al muro, facendomi scivolare giù. Avevo soltanto due possibilità: andare a rivelare la mia identità e mandare all'aria la fuga, o dire di non avere nemmeno un soldo e venire buttato fuori, forse anche venendo preso a calci.
Sospirai, decidendo che sarei rimasto in quella stanza il più a lungo possibile. Forse prima o poi si sarebbero completamente dimenticati della mia presenza in quella stanza e, così, anche del mio debito ancora inesistente.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 2 days ago ⏰

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𝒯𝒽ℯ 𝓅𝓇𝒾𝓃𝒸ℯ'𝓈 𝓁ℴ𝓋ℯ𝓇 ~Strecico~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora