𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐈𝐈

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"I'll be there for you,
when the rain starts to pour"
I'll Be There for You - The Rembrandts


𝐂𝐚𝐬𝐬𝐢𝐝𝐲


"Arrivo per le 16:20... fate le brave, tutte e due" Come vuole lei mater familias.

Chiusi la porta di casa con un calcio, mettendo giù Madison, e chiudendo a chiave, mentre lei poggiava il suo zaino di Trilli sul divano a forma di L, a pochi passi dalla porta d'ingresso, mentre io poggiavo la giacca sull'appendiabiti, buttando le chiavi nello svuotatasche dal ciondolo a cuore.

Si sedette a una sedia del tavolo, posizionato vicino al ripiano dello svuotatasche, precisamente alla mia sedia, quella vicino all'estremità della superficie, dal lato del soggiorno; la sua è quella accanto, con di fronte papà. Mentre io cerco di far vedere a mamma che fingo di mangiare per poi vomitare in bagno.

Aggirai il tavolo, avvicinandomi all'isola in marmo bianco con sopra il lavandino e lo scolapiatti, verso il frigorifero.

Sul piano alla sinistra del tavolo c'erano i fornelli con sopra la cappa e gli armadietti con tazze, biscottiera, olio, aceto, sale, zucchero... e sotto cassetti con la pasta e una piccola dispensa di marmellate, salse, tonno... avete capito, no?

Le altre cose sono nell'armadietto - usato come dispensa - a muro vicino al frigo, accanto alla porta del corridoio con sopra il microonde.

«C'è del bagel con lox e crema di formaggio, se ti conosco bene scommetto che vuoi anche avocado, pomodori, cipolla e uova strapazzate, vero Maddy?» La vidi annuire, ma il sorriso che aveva fino a cinque minuti fa, in ascensore, che le evidenziava la fossetta sulla guancia destra, era sparito. «Che c'è, farfallina? Sembri giù...» le chiedo, questa volta senza voltarmi, uscendo il pesce dal frigo e il pane dal cassetto inferiore vicino ai fornelli.

È una domanda che in realtà nascondeva la mia preoccupazione. Ho imparato a leggere le persone, a capire i loro stati d'animo, ma con Madison è diverso. Ogni volta che la vedo triste, sento una fitta al cuore.

«Non... non è niente.» risponde con un tono che tradisce il suo malumore. Mi viene spontaneo girarmi e guardarla.

Madison è seduta al tavolo, giocando con il suo libro di disegni da colorare che aveva recuperato dalla libreria di fronte al tavolo, poco sotto la televisione, ma il suo solito entusiasmo è assente. I suoi occhi blu, di solito così vivaci, sono spenti.

Qualcosa la preoccupa, e io devo scoprirlo. Mi sento, in qualche modo, responsabile per lei, come se il suo benessere dipendesse interamente da me.

«Alla tua sorellona non sembra proprio niente.» insisto, posando il Philadelphia sul ripiano dell'isola. «Dai, dimmi cosa c'è che non va. Non lo dico a mamma, promesso.» Mostrandole le mani per farle vedere che non avevo le dita incrociate, come quando si promette qualcosa e non la si fa.

Madison sospirò, abbozzando un mezzo sorriso, ma abbassa lo sguardo subito dopo. «Non voglio andare a scuola domani.» mormora con la sua solita vocina di quando è giù di morale, incrociando le braccia sul tavolo e poggiando la testa in mezzo a esse.

Sembrava una piccola gattina indifesa di razza burmese così.

Mi avvicinai aggirando l'isola e l'angolo del bancone, e mi sedetti accanto a lei. «Perché non vuoi andare a scuola? C'è qualcosa che non va?» Il mantenere un tono calmo e rassicurante, quando dentro di sé si percepisce un'ansia crescente è come un esercizio di controllo complesso in una situazione di disagio, soprattutto qu ando riguarda qualcun altro. Se c'è qualcosa che la fa soffrire, devo saperlo. Devo proteggerla.

𝐍𝐨𝐧 𝐡𝐨 𝐦𝐚𝐢 𝐝𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐢 𝐨𝐝𝐢𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora