Capitolo 6

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Il cunicolo era stretto e buio

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Il cunicolo era stretto e buio. Procedevo in totale silenzio cercando di imitare i movimenti di Gisulf mentre procedevo a tentoni lungo le scale ricavate nella roccia. L'umidità dell'ambiente si faceva sempre più opprimente a mano a mano che procedevamo nella discesa. Mi era impossibile rendermi conto di quanta strada avevamo già percorso e, soprattutto, di quanta ne rimaneva. Eppure non mi ero azzardata a fare una sola domanda da quando mi aveva condotto in quel cunicolo. Quello che Gisulf mi aveva detto prima di accedere a quell'ingresso segreto mi era bastato, almeno fino a quel momento. A farmi compagnia e a cadenzare i pensieri c'erano i suoni dei passi di entrambi che riecheggiavano in quello stretto passaggio.

Per quanto cercassi di rimanere al passo per non perdere di vista la schiena dell'uomo che, a stento, riuscivo a scorgere dinanzi a me, la mia andatura iniziò a farsi sempre più incerta e fui costretta costantemente a poggiare le mani sulla dura pietra. Solo in questo modo riuscii a mantenere l'equilibrio. Un altro elemento a mio sfavore era la gonna dell'abito che si impigliava costantemente nelle incongruenze della parete ruvida o mi impediva di trovare al primo colpo lo scalino successivo.

Mi era sempre più difficile capire quanto tempo fosse trascorso da quando avevamo iniziato a percorrere quelle scale misteriose. Il cuore non aveva smesso per un solo istante di colpire prepotentemente contro il petto, rendendomi difficoltoso anche il respiro. Non che l'aria attorno a me lo rendesse altrettanto facile. Umidità, muffe, zolfo, tutto questo miscuglio micidiale di odori mi aveva ormai invaso i polmoni.

Un lampo di incredulità mi accese lo sguardo quando riconobbi uno spiraglio di luce che rendeva l'oscurità un po' meno densa. La luce mi diede la speranza di poter resistere fino a quando non avessimo raggiunto l'uscita. Quello che avrei trovato era un mistero.

"Ci siamo quasi, Azaria." Annunciò Gisulf.

L'uomo non mi aveva quasi rivolto la parola, se non per mettermi in guardia su qualche eventuale gradino sconnesso lungo il percorso. La sua voce era sempre roca ma, dopo tanto silenzio, mi apparve quasi piacevole da sentire.

Dopo aver proseguito per un'altra cinquantina di gradini, il cunicolo proseguì dritto, fino ad una porta in legno, consumata dal tempo e dai tarli, viste le tante aperture da cui era possibile scorgere la luce proveniente dall'altro lato. Nella penombra, distinsi il movimento lento dell'uomo che allungava la mano verso la maniglia ed il cuore mi si strinse per l'ansia. La piccola porticina, però, dava su un altro corridoio dello stesso tipo, sebbene notevolmente più ampio, abbastanza da permettere a due persone di procedere l'una accanto all'altra. Con sorpresa mi accorsi che non c'era nessuno ad attenderci o a notare il nostro arrivo. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi ma il corridoio era del tutto vuoto. Le pareti ruvide e giallognole erano illuminate da una serie di candele immobili posizionate a debita distanza l'una dall'altra.

Ricercai subito lo sguardo di Gisulf, senza nascondere un'espressione interrogativa mentre attendevo sue indicazioni.

"Questo è il luogo che chiamiamo Accademia, svolgiamo qui i nostri incontri e attività segrete." Mi spiegò, richiudendo la porticina scricchiolante alle mie spalle. "La nostra Accademia è la diretta discendente di quella creata da Giovan Battista della Porta nel 1560 ma scommetto che non ne hai mai sentito parlare."

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