Tressette

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Bebi aveva invitato Silvia e Isi a casa sua per un partita a carte dopo cena ma quando arrivarono non trovarono esattamente quello che si erano immaginate, un'allegra comitiva di amici che amorevolmente si passavano le carte. Quei ragazzi seduti in cerchio intorno al tavolo con lo sguardo scaltro sembravano tutt'altro che amorevoli, giocavano sì, ma nel frattempo fumavano sigarette e non solo, e urlavano, ridevano, schiamazzavano ogni volta che qualcuno gettava una carta.
Silvia non era il tipo che fumava o si esaltava per i giochi, la cosa più trasgressiva che aveva fatto nella sua vita finora era stato marinare la scuola, sempre dopo aver avvisato i suoi genitori ovviamente. Ma non rimase affatto sconvolta, piuttosto approfittò di quella comitiva esperta per imparare meglio il Tressette. Lei era negata, poco astuta e sbadata durante le giocate, non ricordava le carte importanti che uscivano durante ogni mano e rimaneva fregata a causa della sua poca furbizia. In più quella sera la sua attitudine a ridere e a scherzare con gli sconosciuti sembrava scarseggiare dato che era appena cominciata la sessione estiva di esami all'università. Odiava il fatto che l'estate fosse cominciata per tutti ma non per lei che era costretta a trascorrere quelle giornate calde di Giugno immersa nello studio. Stava preparando l'esame di Scienze Biologiche con l'ansia costante di una possibile bocciatura e quell'invito di Bebi era arrivato a pennello. Anche se non la conosceva bene, era amica di Isi più che sua, le sembrava una buona occasione per staccare il cervello per qualche ora.
Isi si era allontanata per sedersi vicino a Bebi, forse dovevano aggiornarsi sui primi scoop estivi, Silvia prese una sedia di plastica e si mise a sedere in un angoletto per osservare bene i quattro giocatori-fumatori. Tra loro c'era un ragazzo che sembrava essere il più furbo di tutti, quando vinceva si alzava in piedi e urlava "quanto sono forte!", e poi si atteggiava come un pavone in un cortile pieno di tacchini. Non ci avrebbe messo la mano sul fuoco ma proprio quel ragazzo l'aveva guardata più di una volta e lei aveva ricambiato lo sguardo senza pensarci due volte.
- Accuso! – gridò uno dei giocatori.
- Di nuovo? Che culo! Hai fatto punti solo accusando, mannaggia a te! – rispose il ragazzo che, a quanto pareva, stava perdendo quella partita.
Gli altri intorno al tavolo continuavano a fumare e bere birra, si godevano lo spettacolo dei giocatori che battibeccavano scherzosamente fra loro. Per Silvia, invece, ogni occasione era buona per guardare quel tizio di cui ancora non sapeva niente, nemmeno il nome. Istintivamente si alzò dalla sedia di plastica, si diresse verso il ragazzo che era concentrato a giocare la sua partita e senza esitare si mise in piedi vicino a lui. Poi trovò il coraggio di rivolgergli la parola.
- Chi sta vincendo?
Solo dopo aver pronunciato quella domanda ad alta voce si sentì in imbarazzo e le sbucarono due rossi sulle guance a prima vista impercettibili. Se si fosse guardata allo specchio sicuramente li avrebbe riconosciuti, i rossi di quando agiva d'impulso e poi ci ripensava.
Il tizio era un ragazzo tutto d'un pezzo, alto e robusto, con spalle larghe che sembravano poter sostenere enormi pesi. Portava una tuta blu scura, orribile secondo Silvia, e indossava una maglia a maniche corte aderente che risaltava la forma del suo corpo un po' muscoloso e un po' morbido.
Tutti avevano sentito la domanda di Silvia, tranne lui.
Gli amici di Bebi si erano voltati di scatto verso il tizio, ansiosi di sapere cosa avrebbe risposto a quella ragazza mai vista prima, ma lui se ne stava seduto impassibile con le carte in mano e con lo sguardo rivolto verso il gioco. Isi, che non si era mai mossa dal suo posto, guardava Silvia dall'altra parte del tavolo con un'espressione confusa. Quel silenzio durò qualche secondo ma a Silvia sembrò un'eternità, stava già immaginando la scena imbarazzante di lei che a testa bassa tornava a sedersi su quella sedia di plastica all'angoletto quando il tizio girò improvvisamente la testa verso di lei. Solo allora notò che i suoi occhi erano blu come il mare, contornati da due solchi scuri che chiunque avrebbe definito occhiaie ma che a lei non sembravano così male. Il suo sguardo la impietrì, sentì come un pugno nello stomaco.
- Per ora i miei avversari, ma è ancora presto per dirlo.
- Ah giusto, finché la partita non è finita non si può dire, vero? Porta male, giusto?
Quando era nervosa o si sentiva insicura Silvia aveva il vizio di parlare velocemente e a vanvera, soprattutto in situazioni in cui una domanda secca e coincisa sarebbe bastata.
- Esatto. – Disse il tizio mentre buttava una carta sul tavolo.
- Mai dire mai nella vita!
Dopo quella banale perla di saggezza che sembrava esserle uscita dalla bocca senza il suo permesso, il tizio si limitò ad emettere un risolino.
- Allora, giochi?
- Ma chi? Io?
- Eh si, tu. Sai giocare?
- Ehm... si, più o meno. Ma non sono brava.
- Tranquilla, giochi con me, io sono forte.
Silvia sorrise. Pensava che quel tizio fosse uno sbruffone arrogante e il suo atteggiamento, chissà perché, la divertiva. All'inizio si era sentita lusingata, l'idea di fare coppia col giocatore più forte e più carino del gruppo la stuzzicava, poco dopo però arrivò la paura tremenda di fare una figuraccia. Era una schiappa con le carte, anche suo fratello Sam glielo diceva sempre da piccoli quando giocavano a Scopa o a Rubamazzo, e non voleva essere proprio lei la responsabile della prima sconfitta del tizio.
- Dai, giochiamo. – Disse lui con fare deciso. Sembrava disposto a tutto pur di mantenere
il suo titolo di re indiscusso del tavolo.
Le partite del Tressette si giocano coppia contro coppia, per questo è richiesto un costante contatto visivo col proprio alleato durante la partita, un modo per comunicare in silenzio senza farsi capire dall'avversario. All'inizio lei e il tizio si scambiavano qualche sguardo timido, ma man mano che le carte giravano stabilirono una vera e propria intesa. Fu allora che Silvia realizzò che la sua testa non avrebbe più viaggiato fra le nuvole ma sarebbe rimasta fissa verso il suo alleato.
- Cos'hai in mano? – Disse il tizio.
- In che senso?
- Nel senso... come stai messa a bastoni?
- A bastoni?
- Sì, dimmi che carte buone hai.
- Oddio... ehm... ho il Tre.
- Brava! Allora butta il Tre.
Silvia sembrava un agnellino indifeso in balia di lupi agguerriti. Nonostante le occhiate snob dei presenti e le continue domande del partner super esperto, il gioco proseguiva a suon di risate e tifo e inaspettatamente aveva cominciato davvero a divertirsi. Il tizio la indirizzava dolcemente verso le mosse giuste, la guardava arrossire e lanciare insicura le carte, Silvia si lasciava guidare.
Alla fine non andò così male anche se persero per pochi punti e il tizio non le sembrò neanche così amareggiato per la sconfitta, anzi, le aveva sorriso un paio di volte prima di salutarla con la mano e andare via.
Silvia si guardò intorno, cercava Isi per potersene andare. Per tutta la sera erano state sedute allo stesso tavolo e adesso, tra la folla dei ragazzi che rimettevano a posto le sedie, buttavano via le bottiglie di birra vuote e sparecchiavano i tavoli, non la trovava più.
- Eccomi, Silvia, sono qui! Non puoi capire cosa è appena successo!
Silvia vide Isi venirle incontro mentre agitava le braccia in alto, in una mano aveva il cellulare. Era così minuta che spariva in mezzo a tutti quei ragazzoni.
- Che ti prende, Isi? – domandò Silvia, smaniava di sapere perché la sua amica fosse tanto su di giri.
- Indovina chi è stato appena invitato alla mega festa che ci sarà a Ferragosto a casa di Guido?
- Chi?!
- Noi!

Non ho mai vinto a tombolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora