3.1 DAMIAN (New)

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Le strade umide di un sabato sera in quel di Filadelfia, proiettavano le luci intermittenti del pub Lithium sull'asfalto lucido e le ombre delle persone poste in fila di fronte l'ingresso.

La musica accattivante e dai tratti rock del locale sollecitava i giovani universitari del luogo a godersi momenti di svago e di piacere fuori dagli schemi dei libri e dei lavori sottopagati della media borghesia.

«Finalmente!» la voce acuta di una ragazza si udì fino a metà della fila di giovani. Le sue braccia si erano allungate per farsi vedere dall'amica a pochi passi dall'ingresso del locale. Lei, dai corti capelli bruni con onde sinuose che fuoriuscivano dal cappello di lana, che tentava di coprire il più possibile la sua figura all'interno del cappotto grigio, si era avvicinata coprendosi come un fagotto.

«A quanto pare sono io l'unica ad essere accaldata al solo pensiero di vederlo...» sospirò l'amica alla giovane in apparente stato di ipotermia.

«Sì, Vi, solo tu non vedi l'ora di entrare nelle grazie di Acab Damian. A me bastano i personaggi dei miei manga...» commentò.
«Ecco perchè ti ho fatta uscire!» esclamò la ragazza, prendendola a braccetto fino a raggiungere l'ingresso. L'amica infuocata dalla curiosità di conoscere l'affascinante promessa del casato Damian, aveva indossato per l'occasione un vestito nero attillato, tacchi, e, per sopperire all'eventuale primo gelo di novembre, aveva pensato di indossare un coprispalla di lana.

«Sai che potremmo non incontrarlo, vero?» soggiunse l'amica, intenta a guardarsi intorno mentre l'altra porgeva il biglietto di ingresso al buttafuori.

«Ma cosa stai dicendo?!» la strattonò l'altra. «Noi non usciamo da qui se prima non abbiamo incontrato i suoi occhi!» il tono acuto sull'ultima parola, suggerì a Lily che l'amica non l'avrebbe fermata nemmeno Dio sceso in terra.

Quindi la osservò da dietro entrare a grandi falcate all'interno del locale. Superata la porta, dovettero attraversare una pesante tenda di velluto bordeaux, oltre della quale apparve loro il fascino del celebre pub Lithium.

Lily si fermò a osservare l'ambiente elegante e sofisticato mentre Vivianne, forte della sua prorompente autostima, appena entrata, pensò bene di aggiustarsi il vestito fin sopra le ginocchia; i capelli rossi, sciolti e lisci, le coprivano la scollatura del petto.

Intanto, Lily, dopo aver lasciato a un cameriere il cappotto, per niente a suo agio con il suo abbigliamento, spostò lo sguardo in ogni dove alla ricerca di uno specchio, con una sensazione di strana tensione all'altezza dello sterno, fino a quando non ne vide uno apposto su una parete alla sua sinistra; insieme a piante da interno fungeva da divisore tra la sala pubblica e le aree riservate. Osservandosi nel suo riflesso, si sistemò la camicia blusante nera che lasciava intravedere il reggiseno della stessa tonalità; la gonna fasciava la vita fino a coprire le cosce. Grazie dei consigli, Vi, pensò, guardandosi con una punta di soddisfazione in più quando considerò quanto i tacchi delle scarpe modello Chanel l'avrebbero aiutata a resistere le ore necessarie a non sembrare del tutto una povera sventurata di provincia.

La musica la accolse come un presentimento e il cuore sembrò voler fare di tutto per uscire dalla cassa toracica e da quel luogo, mentre una nuvola di fumo biancastro dalle note terrose e legnose volteggiò sopra la sua testa prima di entrare nelle sue condutture aeree, lasciandole nella gola un sentore di vaniglia misto a caramello. Il tabacco dei Lucifer, pensò, tutto così accattivante, eppure così pericoloso... Rifletté, ripensando alla chiamata del collega del padre che lo metteva in guardia rispetto alle sue uscite serali, viste le continue sparizioni di giovani.

«Lily, vieni a bere qualcosa? Andiamo!» La rossa si era già accomodata in uno degli sgabelli del bar dalle linee sinuose, scure e attraversate da led purpurei.

La giovane si avvicinò a passo lento, intenta com'era a osservare il luogo: dopo l'ingresso, sulla sinistra si apriva la pista da ballo al centro del quale vi era un cubo e tutto attorno alla pista erano posizionati i tavolini e i divani dei privè; sulla destra il piano bar era così rialzato, da costringere i clienti a sedersi sugli sgabelli, quasi fosse d'obbligo fermarsi a bere qualcosa.
Così, una volta accomodata, Lily cercò una bevanda poco complicata da ingoiare velocemente, visto il subbuglio che l'ansia le stava provocando allo stomaco.

«Quindi, cosa prendi?» Vivianne si era sporta nella sua direzione, per guardare il menù.
«Penso che prenderò un bicchiere d'acqua...» sospirò Lily, chiudendo di scatto il libricino nero.
«Cosa? Sei pazza?!» le urlò l'altra, levandoglielo dalle mani con un'espressione tra il ribrezzo e il costernato.
«Sinceramente vorrei rimanere lucida un bel po!» disse a denti stretti, a un passo dal naso di Vi, facendo un cenno con la testa per indicare la pista da ballo dove le luci violacee illuminavano orde di giovani avvinghiati l'uno con l'altro darsi a libere espressioni di piacere. Vivian si girò in quella direzione e a quella visione non parve scandalizzarsi.

«Signorine, cosa vi servo?» il barman si era sporto nella loro direzione con i palmi sul bancone, in attesa di una risposta.

Vivianne inquadrò l'interlocutore con una certa noncuranza, ma Lily rimase interdetta per qualche secondo a osservarlo: i capelli lisci biondo platino e dal taglio regolare sulla nuca, lasciavano sfuggire dei ciuffi ai lati della fronte; gli occhi di un azzurro brillante rubavano lo sguardo quasi fossero uno strumento ipnotico; il viso aveva delle linee perfette, come scolpito dal miglior artista del Rinascimento.

Questo fa un baffo pure al David di Michelangelo... Constatò prima di analizzare con gli occhi di un'amante di arte classica anche gli arti ben proporzionati e visibili da sotto la camicia bianca arrotolata fin ai gomiti; il busto era coperto da un gilet nero, ornato da ricami rossi raffiguranti serpi avvinghiate tra loro.
«Allora... Per la mia amica 2D, un Lithium light... E...»
«Non se ne parla! Io non la prendo quella roba!» esclamò dopo averle riservato una gomitata così forte da mettere alla prova la stabilità delle sedute.

«Allora perchè non parli tu con... Come hai detto che ti chiami, carino?» Il giovane, che intanto aveva servito altri clienti, esibì un lieve ghigno malizioso.

«Continua tu, qui». Aveva avvisato il collega a bassa voce e con il mento nella sua direzione.

Lily notò con una certa preoccupazione gli occhi maliziosi dell'altro interlocutore che le dedicavano fin troppe attenzioni, così, per evitare di dimostrare una pur minima disponibilità girò lo sguardo verso l'amica.

Proprio in quel momento il platinato poggiò i gomiti sul piano del bancone con le mani intrecciate e il naso a un pelo da quello di Vi. Lily trattenne il respiro e Vivianne spense il sorriso, catturata dagli occhi del Damian. Il rossore le fu così evidente che le luci del Lithium a confronto parevano un brillare innocuo.

In quei secondi interminabili, osservava il giovane come si osserva un luogo sconosciuto: i capelli platino sotto i colori sgargianti del pub, rendevano il suo volto etereo; gli occhi, improvvisamente illuminati da un raggio di luce bianca erano azzurri come il mare di un luogo esotico; i suoi lineamenti le ricordavano i paesaggi invernali del nord Europa e nel vortice di quelle sensazioni, il cuore di Vivianne sembrò battere con una cadenza innaturale; brividi attraversavano la pelle chiara e voci indistinte occupavano i suoi pensieri. Non ci sono dubbi...

«Mi chiamo Victor Damian e sono al vostro servizio.»

Il cuore mancò un battito.

È l'effetto che fa un Damian!

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