40. Fenice

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  Mor

Sentii i polmoni riempirsi senza trovare aria.

Sentii un calore disumano addosso attaccarsi alla mia pelle solo per tramutarla in cenere.

Sentii che sarei diventata dolorosamente nulla.

Sentii le mie ossa bruciare.

Urlai e spalancai gli occhi, sensazioni viscerali e spaventosamente reali mi avevano soffocato nel sonno, tanto da convincermi di star bruciando viva.

Con la bocca spalancata provai a incanalare aria, a calmarmi, non sarei bruciata viva, non sarei morta.
Lo ripetei con lentezza, sillaba dopo sillaba nella mia mente ancora dolente.
Mi toccai le braccia che sentivo ancora incendiarsi, piano piano presi di nuovo coscienza di dov' ero, il buio che avvolgeva la mia camera a casa di Derek si fece più velato, eppure un' ombra, come un velo pesante di confusione ricopriva ancora la mia mente.

Sentii qualcosa muoversi affianco a me, le mie dita tremano.
«Ei...» sentii sussurrare.
Poi sentii il suo corpo, il suo calore accanto al mio, non era bruciante, non era letale.
«Un' altro incubo?» chiese con dolcezza, accarezzando il silenzio.
Il mio palmo si riempii del suo mentre i miei occhi guardavano le sue spalle ampie e il busto ricoperti da una t-shirt bianca, mi voltai.
«Non è niente» dissi.

Il volto ancora assonnato di Eron stava pian piano perdendo quei tratti confusi, lui stava diventando più lucido e sull' attenti per me.
La punta del suo naso per poco non sfiorò il mio volto, il suo respiro caldo andava a sbattere contro i miei tratti in rilievo, lo sentivo costante ed estremamente caldo su di me, mi strinse ulteriormente la mano e schiuse totalmente gli occhi, attento a osservarmi.

«Cos' hai sognato amore?»
Distolsi ancora lo sguardo, terribilmente confusa mentre venivo invasa dalla tachicardia.
«Mor» mi chiamò con la sua voce ancora calda e ruvida dal sonno.

Il suo pollice fece avanti indietro sul dorso della mia mano.
«Eron» sussurrai fioca.
«Si?» mi chiese ancora con quello sguardo estremamente attento.
«Non volevo svegliarti.»

Sentii le sue labbra sul mio collo, mi baciò in un punto tanto morbido e sensibile che mi fece sospirare, mi baciò con delicatezza e dolcezza, senza malizia.
Le sue dita precedentemente poggiate sul mio fianco salirono lentamente per accarezzarmi, tutto lui in quel momento era una carezza creata per darmi sollievo.
Tutto di lui in quel momento mi nascondeva dai miei incubi, li rendeva irreali, lontani.

Eron sussurrò qualcos'altro al mio orecchio, qualcosa che io non percepii.

Spostai il mio sguardo sul suo collo, sulla scollatura della sua maglietta che mi lasciata intravedere la base di esso che si agganciava alle clavicole, salii piano a osservare il suo pomo d' Adamo, un' ondata del suo odore mi penetrò e strinsi le coperte che avevo tra le mani.

Spalancai gli occhi, la luce del giorno inondava la mia stanza e nessuno oltre me era nel mio letto.

«Cazzo!» imprecai ancora affannata, con la bocca aperta in cerca d' aria.
Ero tutta sudata, il mio corpo era in tensione.
Mi misi a corponi sul letto solo per ritrovarmi a essere fissata dalla tartaruga che Eron mi aveva regalato il giorno prima.

Eron... Il suo nome suonava diverso.

Imprecai nuovamente quando sentii i miei capezzoli duri sotto il tessuto della maglietta e umidità in mezzo alle cosce.

«Che cazzo fai Mor?» dissi contro me stessa, indignata per le reazioni del mio corpo.
Indignata per il sogno che avevo fatto.
Indignata e mortificata perché il ragazzo che avevo sognato consolarmi dopo un tremendo incubo non era Blake.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 10 ⏰

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