L'arresto

12 1 0
                                    


Lilia tornò velocemente alla nave, il cuore che batteva forte nel petto. Appena mise piede a bordo, percepì subito un cambiamento nell'aria. L'atmosfera era densa, carica di tensione. Gli sguardi dei marinai erano bassi, evitavano di incrociare il suo. Nessuno parlava, il silenzio era rotto solo dal rumore delle onde che si infrangevano contro lo scafo.

"Perché non partiamo?" si chiese Lilia, cercando di capire cosa stesse succedendo. Si avvicinò a uno dei marinai, ma prima che potesse chiedere qualcosa, vide salire a bordo degli uomini in uniforme. Erano agenti della polizia sudafricana. Il loro arrivo fu come un fulmine a ciel sereno.

Uno degli agenti si avvicinò a Lilia, il volto serio e impenetrabile. "Lilia Ferro?" chiese, e lei annuì, sentendo un nodo formarsi nello stomaco.

"Siamo qui per arrestarla. C'è un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti."

Lilia sentì il mondo crollarle addosso. Le gambe le tremavano mentre gli agenti le mettevano le manette ai polsi. Cercò di protestare, di chiedere spiegazioni, ma le parole le morivano in gola. Tutto ciò che riusciva a pensare era: "Perché? Cosa ho fatto?"

Mentre veniva condotta via, gli sguardi dei marinai la seguivano, pieni di pietà e paura. La nave, che doveva essere il suo rifugio, si era trasformata in una prigione.

Maria, che aveva seguito Lilia fino alla nave, si fece avanti, il volto pallido ma determinato. "Aspettate!" gridò, cercando di raggiungere l'amica. "C'è un errore, non potete portarla via così!"

Uno degli agenti si voltò verso Maria, il volto impassibile. "Signora, le consiglio di non interferire. Questo è un affare di polizia."

Maria non si lasciò intimidire. "Lilia è innocente, deve esserci un malinteso. Vi prego, lasciatemi parlare con lei."

L'agente esitò per un momento, poi annuì. "Avete cinque minuti."

Maria si avvicinò a Lilia, le mani che tremavano mentre le stringeva le sue. "Lilia, non ti preoccupare. Troveremo un modo per risolvere tutto questo. Non sei sola."

Lilia annuì, le lacrime che le rigavano il viso. "Grazie, Maria. Non so cosa farei senza di te."

Mentre gli agenti la portavano via, Lilia si voltò un'ultima volta verso la nave, verso Maria. Sapeva che la sua amica avrebbe fatto di tutto per aiutarla, ma il futuro le sembrava più incerto che mai.

Mentre veniva condotta via, Lilia cercava di capire di cosa fosse accusata, ma gli agenti non parlavano. "Tutto le sarà spiegato in seguito," le dissero con voce monotona. Non aveva fatto in tempo a recuperare niente dalla nave, le sue cose, la sua valigia. "Non si preoccupi," le dissero gli agenti, "se sarà necessario, manderemo qualcuno a prendere le sue cose."

Lilia chiese se la nave sarebbe partita senza di lei, ma ancora una volta le ribadirono di non preoccuparsi di questo. "Al momento la nave la aspetta, poi si vedrà."

Mentre veniva trasportata verso la stazione di polizia di Durban, Lilia sentiva il peso dell'incertezza schiacciarla. Il futuro le sembrava più incerto che mai, ma dentro di sé sapeva che doveva trovare la forza per affrontare qualsiasi cosa le riservasse il destino.

L'arrivo alla SAPS Durban Police Station fu un'esperienza surreale per Lilia. Gli agenti la condussero attraverso un corridoio stretto e poco illuminato, fino a un ufficio spoglio. Le pareti erano grigie e spoglie, e l'unico arredamento consisteva in una scrivania ingombra di carte e una sedia di metallo. Lilia fu fatta sedere e lasciata sola. Il tempo sembrava dilatarsi, ogni minuto un'eternità. Il silenzio era rotto solo dal ticchettio dell'orologio appeso alla parete.

Dopo un tempo interminabile, la porta si aprì con un cigolio e una poliziotta dall'aria scorbutica entrò nella stanza. "Capisce l'inglese o ha bisogno di un traduttore?" chiese, senza preamboli.

Lilia annuì, cercando di mantenere la calma. "Capisco l'inglese, posso fare senza."

La poliziotta la guardò per un momento, poi uscì senza dire altro, lasciandola di nuovo sola. Lilia si sentiva come se fosse intrappolata in un incubo da cui non riusciva a svegliarsi. Ogni rumore proveniente dal corridoio la faceva sobbalzare, il cuore che batteva forte nel petto.

Finalmente, la porta si aprì di nuovo e un uomo in borghese entrò, seguito da un'agente donna. L'uomo si sedette di fronte a Lilia, il volto serio ma non ostile. "Signora Rossi, mi chiamo John Smith," disse, "e sono qui per informarla che si trova in custodia in esecuzione di un ordine di cattura internazionale nei suoi confronti."

Lilia sentì il sangue gelarsi nelle vene. "Di cosa sono accusata?" chiese, la voce tremante.

"Omicidio," rispose l'uomo, senza mezzi termini. "Le consiglio di trovare un avvocato il prima possibile. La gravità delle accuse impone il suo fermo. Manderemo qualcuno a recuperare i suoi beni personali sulla nave."

Lilia annuì, incapace di parlare. Le parole dell'uomo rimbombavano nella sua mente, ogni frase un colpo al cuore.

"Il vero e proprio interrogatorio sarà svolto da un investigatore della polizia italiana che arriverà a Durban a breve," continuò il funzionario. "Nel frattempo, sarà trattenuta in una cella di sicurezza qui nella stazione di polizia. Le sarà risparmiato per il momento il trasferimento nel carcere femminile di Durban."

Lilia annuì di nuovo, sentendosi come se fosse in un sogno. La sua vita, che solo poche ore prima sembrava piena di promesse e possibilità, era ora un incubo da cui non riusciva a svegliarsi.

Lilia - Gli oceani del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora