𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐭𝐫𝐞𝐧𝐭𝐚𝐝𝐮𝐞:

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Rendi speciale ogni singola cosa.

Aprii gli occhi lentamente, mettendo a fuoco ciò che mi si presentava davanti, realizzando poco dopo, che mi trovassi nella camera da letto di Can.

Il quale, dormiva ancora, proprio lì al mio fianco, steso su letto con il braccio stretto intorno alla vita e l'espressione serena, appagata.

Lo guardai e inevitabilmente sorrisi, beandomi di quella vista, della sua bellezza.

Ero più che fortunata.

Se ripensavo alla discussione avvenuta il giorno prima con Bianca, sentivo una morsa allo stomaco che mi provocava una rabbia incredibile.

Che faccia tosta che aveva avuto nel dirmi quelle cose. Ma con che coraggio poi?

Capivo la delusione, la tristezza nel perdere l'uomo che amava, ma si era spinta ben oltre, parlare di lui in quel modo, dire che i suoi sentimenti non erano veri, mi aveva ferita, sapevo bene di non doverle dare importanza e non crederle poiché non era vero, ma mi infastidiva comunque.

Era stava davvero cattiva e l'aveva detto con l'intenzione di ferirmi e allontanarmi da lui.

La gelosia era davvero una brutta bestia.

Mi strofinai gli occhi e sospirai, scacciando definitivamente quei pensieri malsani.

Non dovevo darle importanza, non né valeva la pena di pensare ancora a lei. Io e Can avevamo già dimenticato l'accaduto passando la serata insieme, al mare, lontano da tutto e tutti.

«A che cosa stai pensando di primo mattino?» mi chiese Can d'un tratto, catturando la mia attenzione, con voce impastata dal sonno, mi voltai e gli rivolsi un sorriso.

«Buongiorno anche a te» gli risposi divertita, lui accennò un sorriso, «Buongiorno amore...» mormorò, «Non pensavo a nulla di importante comunque...» dissi poi, sostenendo il suo sguardo, minimizzando.

Non aveva senso dirglielo, non volevo incupirlo.

«Voglio saperlo invece...» insistette, alzai il braccio e gli accarezzai il viso, «No, non è importante» dissi di nuovo, lui sospirò e si strofinò gli occhi, poi si alzò, tenendo il peso sull'avambraccio.

«Lo sai che se voglio posso diventare molto fastidioso» commentò facendomi ridere, «Quindi mi darai il tormento finché non te lo dirò?» gli chiesi, lui annuì con convinzione, «Si, proprio così» confermò, alzai gli occhi al cielo con un sorrisino.

«Altrimenti...» esordì, infilando una mano dentro il pigiama, «Potrei passare alle maniere forti...» disse, lanciandomi uno sguardo, «Non ti azzardare a farmi il solletico!» lo avvertii puntandogli un dito contro, lui accennò un sorriso, «Va bene, allora dimmelo!» asserì.

Dio, sapeva essere così insistente certe volte.

«E va bene!» dissi rassegnata, alzando le mani per aria, «Pensavo a quello che è successo ieri...» confessai, «Di nuovo?» mi chiese aggrottando la fronte, mentre delicatamente mi spostava una ciocca di capelli dietro l'orecchio, scrollai le spalle.

«E' che... non riesco a togliermi certe parole dalla testa, sarò esagerata, ma non ci riesco.»

«Tesoro...» mi richiamò Can, poggiando una mano sul mio viso, cosicché potessi guardarlo, «Ciò che ha detto, l'ha detto per pura cattiveria, per ferirti e mettere in discussione ciò che abbiamo, ciò che io provo per te» affermò, fissandomi, «Te l'ho già detto com'è fatta...» aggiunse.

«Lo so, ma non mi piace quando qualcuno parla male di te!» risposi irritata, scuotendo la testa, lui sorrise dolcemente.

«Non mi scalfisce più di tanto, a me importa solo di te» replicò, «E poi, mi sembra di averla messa apposto una volta per tutte, dopo tutto ciò che le ho detto, non oserà farsi più viva te lo posso assicurare questo, la conosco, ha l'orgoglio ferito, non si farà più vedere da noi» aggiunse con un sorrisetto, «Tu credi?» gli chiesi, perplessa.

Hidden Hearts || Can YamanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora