Capitolo 7

154 13 9
                                    

Ci misi un po' di tempo ad assimilare quell'ultima informazione e, quando infine realizzai quale fosse il significato di quelle parole, imprecai e sospirai rumorosamente.

«Finirò per impazzire.» dissi, passandomi entrambe le mani sul viso. Abigail era lì, nascosta chissà dove, nell'angolo più scuro del locale o in mezzo ai gruppi più numerosi, impegnata ad osservare la sua gente e me che giravo in tondo, affamata di informazioni, persa nel mio lavoro e terribilmente, continuamente, stupidamente ossessionata da lei.
Camminai fino al divano, mi sedetti su di esso, nascosi il mio viso nei palmi delle mie mani e sospirai, spezzata a metà tra il mio desiderio di rivederla e la consapevolezza di non avere alcuna possibilità con lei.
Le nostre vite erano due rette parallele eppure, a volte, mi sembrava come se fosse non un'anima ma l'anima affine, la mia, solo ed esclusivamente mia.
Più scappavo, più si creavano situazioni dove non potevo far altro che pensare a lei. Se solo le cose fossero state più semplici, se le nostre vite fossero state più compatibili, forse...

«Cosa devo fare con questa informazione? Dannatissime Lloyd!» imprecai più volte, mi alzai dal divano, aprii la porta e mi buttai nuovamente nel chiasso del locale.
Camminai ignorando il mio desiderio di guardarmi intorno e cercarla con lo sguardo. Mi feci spazio tra le persone perse in quella musica assordante che, in altre occasioni, forse sarebbe riuscita a far ballare anche me, e raggiunsi nuovamente il bancone del bar.

«Ti piacciono le nostre stanzette private?» chiese il medesimo bartender. Quei baffi all'insù mi sembravano davvero buffi.

«In realtà non ho fatto molto caso alla stanza. Però il divano era molto comodo quindi do 5 stelle.» dissi, facendolo ridacchiare.

«Com'è andata? Soddisfatta?» mi chiese. Anche in quel caso i suoi colleghi avevano preso il suo posto lasciando che lui si occupasse esclusivamente di me.

«Dipende dai punti di vista.» gli risposi. Ancora una volta notai come il suo sguardo passasse da me al piano superiore, quasi come se stesse cercando di individuare qualcuno.

«Dovresti vedere le stanze dell'ultimo piano.» aggiunse, suscitando il mio interesse.

«Sono sempre private?» chiesi. Ogni informazione poteva essere utile.

«Serve un permesso speciale o devi essere fortunata abbastanza da avere particolari... amicizie. La privacy e la tranquillità è garantita al 100%.» mi rispose, sorridendo.

«Eccoti qui, ti ho cercata ovunque!» disse Jeanne dandomi un colpetto sul braccio.

«David ha detto che sei scappata via dopo che...»

«Non sono scappata da lui e da quello che mi ha detto. Non sono quel tipo di persona e dovrebbe saperlo. Stavo solo...» quando mi resi conto di essere al bancone dove c'era quel bartender piuttosto sospetto, evitai di dire determinate cose e mi limitai a sospirare.

«Non l'ho mai illuso, gli ho sempre detto come stavano le cose.» dissi, passandomi una mano sul viso.
Lanciai una veloce occhiata al bartender impegnato a preparare cocktail e non mi ci volle molto a notare come tentasse sempre di essere nelle vicinanze quando aprivamo bocca.

«Posso essere sincera con te?» chiese Jeanne, mettendo un braccio sul bancone per sorreggersi. La guardai per un po' ma infine annuii.

«Come ben sai, sono sempre stata quella che si trovava nel mezzo. Ogni volta che litigavate ne parlavate con me, quando non avevate voglia di rivolgervi la parola ovviamente usavate me come tramite.» parlò.

«Sono sempre stata chiara con...»

«È vero, sei sempre stata tu quella che cercava un dialogo ma, a volte, scappavi da tutto immergendoti nel tuo lavoro. David si lamentava sempre di questa cosa, della tua... ossessione per il lavoro.» spiegò, facendomi scuotere il capo.

Stitches - May We Meet Again SequelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora