1.48 ● QUANDO LA FAVOLA SI FECE BRUTTA

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In macchina giocherellavo con il cartellino senza il prezzo. «Alla mamma non piacerà.»

«Deve piacere a te. Faremo cambiare idea a tua madre.»

«Sembra che sia diventata la vostra missione, far cambiare idea alla mamma.» Accarezzai le paillettes sul tessuto che mi grattavano il palmo. Il riflesso dei raggi formava tanti piccoli cerchi verdi sul soffitto della macchina.

Ripensai all'abbraccio di Michael. Gli gettai un'occhiata mentre era concentrato sulla strada. La sua espressione era quella di sempre.

Chissà se prova qualcosa anche lui quando mi abbraccia.

Strinsi le gambe, che erano più sudate del solito. Mi ricordai di quello che avevo provato la sera sul divano. Sapevo cos'era. Osservai gli alberi, l'asfalto, l'odore dell'erba, qualsiasi cosa per frenare quella felicità che mi aveva dato il suo gesto nel camerino. Ma più tentavo di scacciarla, più sentivo i brividi sulle braccia, le gambe indebolirsi, il cuore sembrava non voler smettere di agitarsi e la mente ritornava sempre a quello che avevo fatto sul divano. La sensazione di imbarazzo e di caldo si fece più forte. Chiusi i pugni.

Lo sente, quello che sto provando? Siamo così vicini.

«...nessuno!»

Mi voltai di nuovo «Cosa?» sentivo il sudore sulla fronte e avevo il fiato corto.

«Dicevo, promettimi che non lo farai vedere a nessuno», si voltò e sorrise. «Fino a sabato.» Abbassò le sopracciglia e mi guardò serio. «Juno, stai male? Sei rossa, stai sudando e... Respiri a malapena.» Allungò una mano verso il mio viso, gliela spostai di scatto, con la mia.

«Facciamo lezione?» Non sapevo perché mi fosse venuta quell'idea assurda, qualsiasi cosa pur di non farmi toccare in quel momento andava bene. I miei pensieri erano così forti che avrebbe potuto sentirli toccandomi sulla fronte.

Scattò indietro e spalancò gli occhi. «Hai la febbre?»

Le mie dita iniziarono a muoversi senza sosta, grattai la pelle delle unghie e ne strappai pezzettini. Avevo voglia di stare ancora un po' con lui, e avevo paura che appena tornati a casa si sarebbe chiuso in camera o perso a suonare il pianoforte. «No.»

«Mmmh... Facciamo che lezione la si fa domani.»

«Va bene» Sussurrai a mezza bocca.

Entrati in casa la zia mi venne incontro «Juno, che hai fatto?»

Mi fermai con la borsa col vestito sulla porta, lei si fece sempre più vicina e giocherellò con i boccoli. «Sei bellissima. Dove siete sta~» Alzò la testa e si fermò a bocca aperta, un attimo dopo la richiuse mettendoci davanti una mano.

Stava guardando Michael dietro di me, mi voltai e lo sorpresi a scuotere la testa con le dita sulle fronte.

«Io... Michael mi ha detto che tu gli hai detto di andare dal suo parrucchiere per sistemarmi i capelli.» Continuai a fissare Michael che era bianco in faccia, con solo la parte delle guance rossa.

«Sì, mamma, non ti ricordi, l'altro giorno? Me lo avevi detto tu che il colore di Juno aveva bisogno di...» fece un movimento con la mano, una specie di cerchio, «una ravvivata.»

Lei abbassò e alzò il mento al rallentatore «Sì. Certamente.»

La zia non è una brava bugiarda.

Mi resi conto del mio pensiero e le gambe mi si paralizzarono sul legno un po' consumato dell'entrata. Non era mai stata un'idea sua? Aveva pensato a tutto Michael? Continuava a dirmi di essere felice, di essere carina e le sue parole le avevo ancora in testa. E più le ripetevo, più il mio cuore sembrava saltare nel petto.

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