Kole

36 6 4
                                    

«Aidan e Natalia sono lì da un po'» dice Oliver. Annuisco distrattamente, ma il mio sguardo è fisso su Karina, che sta parlando con Damian e Theo.

«Scusa, Olly. Torno subito.» Mi allontano da Oliver e John, dirigendomi verso Karina. Le prendo il braccio con delicatezza, cercando di non attirare troppo l'attenzione.

«Karina, possiamo parlare?» Le sussurro all'orecchio, tirandola leggermente per il polso.

«Non vedi che sono occupata?» risponde con irritazione, lanciando un'occhiata a Theo.

«Karina, dobbiamo parlare di Damian.» Le parole mi escono più dure di quanto volessi. Appena finisco la frase, sento un leggero tirare alla manica della mia maglia. Mi volto e vedo Damian che cerca di attirare la mia attenzione.

Ignoro Karina per un momento e mi chino verso Damian. «Che succede, piccolo?» Gli chiedo con un sorriso forzato.

«Possiamo parlare?» chiede lui con un filo di voce. C'è qualcosa nei suoi occhi che mi preoccupa. Lo seguo verso le scale e ci sediamo insieme, cercando un po' di privacy in mezzo al caos.

«Kole... ho sentito mamma e Natalia parlare. Lo so, so che sei mio padre.» Le sue parole sono un colpo al cuore. Mi sento disorientato, incapace di respirare per un attimo. Stringo i denti, cercando di mantenere la calma, ma sento gli occhi inumidirsi.

«Tranquillo. Va tutto bene, però non piangere.» Mi abbraccia con forza, e io lo stringo a me, cercando di trasmettergli sicurezza, anche se dentro mi sento crollare.

«Non hai fatto scenate, vero?» gli chiedo, cercando di sdrammatizzare con un sorriso debole, sperando che il momento si alleggerisca un po'.

«No, perché mamma ha detto a Natalia che non voleva dirtelo e non voleva nemmeno dirlo a me.» A quelle parole, respiro profondamente e mi stacco leggermente da lui. Gli occhi di Damian sono lucidi, pieni di un dolore che non dovrebbe conoscere alla sua età.

«Non voglio andare a dormire da mamma, posso dormire da te?» La sua domanda mi coglie di sorpresa, e sento un altro nodo stringersi in gola.

«Damian... non credi che sia meglio dormire da mamma?» Provo a ragionare con lui, ma al suo sguardo triste mi si spezza il cuore.

«Non mi vuoi nemmeno tu, la mamma mi lascia sempre con la babysitter.» Il suo tono è freddo, distante. Sento la porta aprirsi in lontananza e, con quel peso sul cuore, ci alziamo per andare a tavola.



I giorni successivi sono pesanti. Il mio rapporto con Karina è di nuovo gelido, e il pensiero di Damian non mi lascia in pace. Sono nel mio studio, immerso nei filmati della 104 del Vertigo, ma non riesco a concentrarmi. Continuo a pensare a Karina e alla discussione che abbiamo sempre accantonato. Dovrei parlarne con qualcuno, devo sfogarmi.

Prendo il telefono e chiamo Aidan, mettendo la chiamata in viva voce.

«Aidan.» dico con tono distratto.

«Sono in palestra, che vuoi?» risponde con tono freddo e distaccato.

«Hai da fare questa sera?» chiedo, cercando di mantenere la voce ferma, ma sento il tremore nelle mie parole.

«Perché?» Il suo respiro è affannoso, segno che sta usando qualche attrezzo.

«Mi chiedevo se potessimo andare alla partita dei Ducks.» propongo, ma il mio pensiero è già altrove, sono troppo distratto.

«Io e te?» chiede, sorpreso dalla richiesta. Sembra fermarsi un momento, forse sta valutando la proposta.

«E Damian.» rispondo, lasciando che il silenzio prenda il sopravvento. Ho bisogno di riavvicinarmi ad Aidan, di farlo sentire al sicuro dopo il ringraziamento. Io però non so come farlo.

«Onestamente non mi va, sto organizzando qualcosa per Theo! Volevo dire Natalia...» Aidan si corregge, ma non abbastanza in fretta. Il pensiero che lui sia ancora legato a Theo mi infastidisce profondamente. Lascio che il silenzio parli per me.

«Kole, sei ancora lì?» La sua voce mi riporta alla realtà. Mugolo un «Sì» in segno di risposta facendo capire ad Aidan il mio fastidio.

«Dico a Karina che va a prendere Damian, io prendo i biglietti online.» propongo con un tono distante.

«Oh, ci penso io ai biglietti, tranquillo. Tu continua con i filmati, parlo pure con Karina.» chiudo la chiamata e poso le mani sul viso. L'immagine di Karina mi perseguita.

«Devo chiamarla?» mi chiedo ad alta voce, fissando il telefono. Dopo qualche secondo di riflessione, decido di lasciar perdere; decido di lavorare dimenticandomi di Karina e di come affrontare il nostro problema.

(non) siamo perfetti assieme;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora