Between The Lines

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Jasper

Ancora non ci credo... Emily mi aveva convinto, ma ero nervoso, confuso. Ultimamente, io e mio padre non siamo più come prima, e quella cosa mi dava fastidio. Però... forse ha ragione Emily, magari c'è davvero qualcosa dietro.

Mi presi un po' di coraggio, entrai deciso e gli chiesi se potevamo parlare. Era ancora a tavola, e quando gli dissi che volevo parlare solo io e lui, accettò senza fare storie. Uscimmo dalla sala per essere sicuri che nessuno ci ascoltasse.

"Che succede?" mi chiese, ma la sua voce aveva un'aria quasi distaccata, come se non volesse che sentissi la preoccupazione che ci stava dietro.

"Volevo chiederti... c'è qualcosa che ti preoccupa? Non so, ultimamente mi sembri diverso, e mi fa sentire come se ci fosse un muro tra noi. Non mi piace, papà."

"Non è più come prima?" mi rispose, come se non capisse, ma io sapevo che aveva capito benissimo.

"Hai capito cosa intendo." Non mi faceva più sentire come prima, come se fossi abbastanza. C'era sempre qualcosa che non andava, qualcosa che non facevo giusto.

"Mi fai sentire come se fossi un incapace," dissi, cercando di mantenere calma la voce.
"Come se niente che faccio ti soddisfi. Non sei mai presente, sei sempre occupato. E quando ci sei, sembra che cerchi il motivo per rinfacciarmi qualcosa. Devo continuare?"

Lo vidi farsi teso. Mi guardò, come se non avesse mai sentito parole così da me.

"Ti ho davvero fatto sentire così?"
La sua voce era più morbida, quasi dispiaciuta.

"Sì, papà. Ogni volta che provavo a fare qualcosa, c'era sempre qualcosa che non andava."

Lo guardai per un po', mentre lui sembrava pensarci su.

"Mi dispiace..." disse alla fine, abbassando lo sguardo.
"Non sei tu. Sono stato io, sono stato assente. Ero troppo preoccupato per altre cose e ho sfogato tutto su di te. Non dovevo, non è giusto. Ti prometto che cercherò di non farlo più."

Mi sentii sollevato, ma qualcosa non mi tornava.

"Ti ringrazio, ma... cos'è che ti preoccupa davvero? Cosa sta succedendo?"

"Tesoro..." fece una pausa, come se non volesse parlare.
"Non è niente di cui devi preoccuparti, vedrai che si sistemerà. Io e Cassandra stiamo cercando di risolvere la cosa."

Non mi sembrava convinto. Non mi piaceva come lo diceva.

"Sei sicuro?" insistetti, senza staccargli gli occhi di dosso.

"Sì, davvero. Non devi preoccuparti." Mi guardò, cercando di mostrarsi rassicurante.
"Mi dispiace di aver fatto tutto questo a te. Scusami, davvero."

Non sapevo cosa pensare. Ma non avevo più parole. Lo abbracciai.

"Ti voglio bene, papà. Non voglio che tu soffra. Nessuno in questa famiglia deve soffrire, capito? Ti voglio bene..."

Lo strinsi più forte, cercando di trasmettergli tutto quello che sentivo. Mi sentivo un po' più leggero, ma non del tutto convinto.

Dopo l'abbraccio, tornai fuori da Emily, per raccontarle tutto. La trovai ancora seduta fuori, sotto l'albero in giardino. Mi sedetti accanto a lei.

"Ce l'ho fatta." La guardai, con un sorriso un po' forzato.

"Te l'avevo detto! E cos'è successo?" mi chiese, sorridendo anche lei.

"Gli ho chiesto cosa non andasse. Lui inizialmente non capiva, ma quando gli ho spiegato come mi sentivo, mi ha detto che si scusava, che era stato troppo preoccupato per altre cose e che non voleva farmi sentire così. Mi ha anche detto che lui e Cassandra stanno cercando di risolvere tutto. Poi ci siamo abbracciati."

"Bravo Jas, sei stato coraggioso," mi disse, sorridendo.
"Mi dispiace però... che tuo padre stia passando un momento così difficile."

"Eh, sì... anche a me dispiace. Ma chissà cosa intendeva... Non mi convince del tutto."

"A saperlo..." disse Emily, scuotendo la testa. "Comunque, va bene. Rientriamo?"

"Dai, rientriamo." E così facemmo.

Appena rientrammo, notai Leonardo seduto sulle scale. Non appena mi vide, si alzò e salì in fretta. Mi sembrò strano, così lo seguii.
"Scusa Emily, sono stanco, salgo un attimo. Ci vediamo domani, ok?"

"Va bene," mi rispose, senza insistere.
"Ci vediamo domani. Io vado in cucina. Ciao!"

"Ciao!" E salii le scale di corsa, cercando la sua porta. Bussai.

"Ehi, sono io... posso entrare?"

"Eh, sì, entra."

Mi sedetti vicino a lui sul letto. Non sapevo come cominciare.

"Che succede, Jas?" chiese, guardandomi con attenzione.
"Non sembri te stesso."

"Non penso che siano affari tuoi, Jas."

"Vabbè, scusa se quello che ti vuole veramente bene è venuto fin qui solo per parlare con te..." feci per andarmene.

"Scusa... resta, ti prego." Mi fece cenno di fermarmi. Mi sentai più a mio agio.

"Va bene." Mi sedetti sul letto, senza sapere bene come comportarmi.
"Ti voglio bene, Leo. Non so cosa stia succedendo, ma se c'è qualcosa che ti preoccupa, sono qui."

Lui guardò in basso, silenzioso. Poi, finalmente, parlò.

"Mi ha chiamato Aron," disse a voce bassa.
"Il vecchio collega di nostro padre. Mi ha detto cose brutte, Jas. Mi ha detto che non avrò mai pace, che continuerà a tormentarmi. E ogni volta che mi chiama, mi chiede favori... favori che non voglio nemmeno immaginare. E se mi ribello, mi dice che sono un errore, che va cancellato. Mi ha detto che sono come una formica. E che lui le schiaccia senza pensarci."

"Che cazzo..." Sbalordito, mi avvicinai di più.
"Non ti deve più chiamare, capito? Non deve più farti del male. E non deve avvicinarsi a te o a chiunque ami. Ma perché non me ne hai parlato prima?"

"Non smetterà mai di romperci il cazzo, Jas. È un maniaco della vendetta. Lo conosci. E sta cercando di distruggerci. Mi chiama da settimane, ma non voglio sentire le vostre parole di compassione. So già quello che direte, che non è vero, che non è così..." Si fermò, quasi sconfitto.

"Leo, mi ascolti?" Lo guardai fisso negli occhi.
"Non voglio consolare nessuno. Ma voglio che tu capisca una cosa. Non sei l'errore che ti dicono. Le persone che ti hanno detto che non meriti niente, sono solo persone che non capiscono. Ma tu non devi credere a quella merda. Non devi perderti. Non più. Io, William, e tutti gli altri ti vogliamo bene. Devi solo dare una chance a te stesso. Non devi farcela da solo. Non sei solo, Leo."

Lui non rispose subito, ma capii che stava pensando a quello che gli avevo appena detto.

"Magari hai ragione," disse infine.
"Però non è facile, Jas."

"Lo so. Ma non sei solo." Gli posai una mano sulla spalla. "Ti voglio bene, Leo. Non dimenticarlo mai."

"Va bene... grazie. Mi sa che sei l'unico che la pensa così," disse, mettendosi a sedere.
"Ora devo andare. Ci vediamo domani?"

"Ci vediamo. E non dimenticare quello che ti ho detto."

"Certo, grazie, ciao Jas."

Uscì dalla stanza e andai nella mia. Mi addormentai quasi subito, ancora pensieroso.

~ spazio per il lettore ~
Ciao a tutti! Incominciamo a conoscere di più Leonardo. Alla fine...siamo tutti d'accordo che magari non è tanto il bad boy?
Che magari nasconde qualcosa.
Comunque presto pubblicherò altro!

E se gli altri avessero ragione? Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora