2. Withe shirt, now red my bloody nose

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Lily

Non abbiate paura del dolore, o finirà o vi finirà.
-Seneca

Non faccio in tempo a fare un solo passo indietro per evitarlo. La prepotenza del legno mi colpisce in pieno viso sbattendomi lo stipite sul naso e sulla fronte.

Incespico all'indietro per la potenza del colpo e, non so come, riesco a non cadere di fronte a tutti e fare una delle peggiori figuracce che possa fare.

Un dolore profondo mi attraversa il viso e mi costringe a strizzare violentemente gli occhi per non inveire.

Cazzo che dolore. Spero di non essermi rotta il naso, o peggio, i denti. Possibile che tra tutte le persone a cui poteva capitare, sia capitato proprio a me?

Prego qualsiasi entità, forza, energia esista, affinché il mio viso non rimanga deturpato a causa di un deficiente.
Cavolo, che botta.
Mi sfioro la faccia con i polpastrelli ma dei brividi di dolore mi urlano di non farlo più. Respiro a fondo. Inspiro profondamente ed espiro altrettanto profondamente. Mi accovaccio in posizione fetale, tenendomi le mani sulla faccia per assimilare il più possibile il patimento.

La gola mi trema per le imprecazioni trattenute che risparmio affinché io riesca a mantenere una parvenza di contegno.

Spero con tutta me stessa che il dolore sia puramente un effetto collaterale della botta presa, perché se mi rompono il naso ancora prima che le lezioni inizino significa che l'universo mi sta dicendo, anzi, urlando, che non sono nel posto giusto e sto sbagliando qualcosa.

Non c'è altra spiegazione.

Ma ho faticato troppo, ho sacrificato troppo, perché l'universo mi mandi segnali adesso, dopo tutto questo tempo.

La mia speranza si infrange come un bicchiere di vetro scagliato contro la parete quando percepisco qualcosa scorrermi fastidiosamente sull'arco di cupido e fermarsi sulle labbra.

Rimanendo accovacciata, con occhi bassi, sfioro il lembo di pelle con un polpastrello e lo allontano dal viso per poterlo esaminare. La vista mi si offusca leggermente nell'intento di mettere a fuoco, un po' per le fitte di dolore, un po' a causa degli occhi umidi.

Concentro l'attenzione sul dito dinanzi a me. Un liquido cremisi lo impregna, creando un macabro contrasto con la mia pelle chiara.

Istintivamente la mia mascella si serra e una rabbia cieca mi stringe lo stomaco, offuscandomi i pensieri razionali e ragionevoli che il mio cervello tenta di elaborare.

Mi impongo di mantenere il sangue freddo, ma ho come la sensazione che la vena sulla mia tempia stia pulsando, quindi conficco le unghie della mano destra nell'avambraccio sinistro.

Devo solamente respirare, contare i respiri e rilassare i muscoli. Non è difficile, devo solo ignorare il dolore. Fare finta che non esista.

Devo solo pensare ad altro.

Il ricordo del freddo e delle lacrime mi si abbatte addosso come uno tsunami, rendendomi solo più nervosa e sensibile.

Quasi posso percepire ancora il freddo delle mattonelle sulla schiena e i brividi sulle braccia.

Le mani prendono a tremarmi tra un respiro e l'altro e d'istinto conficco le unghie più a fondo nella carne.

Riacquisto un po' di pace solo quando il dolore familiare mi riverbera nel corpo, restituendo il mio corpo al mio cervello, mentre la mente si libera e il battito del cuore rallenta sino a riprendere il suo andamento naturale.

Cast Gold. Follow the rules.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora