capitolo 27 il cliché del chiodo schiaccia chiodo

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Ricominciare, un passo alla volta, riprendendosi se stessa, è quello che ha fatto Harley nell'ultimo mese.
Riconnettersi con sé stessa.

Il calore del natale si sta avvicinando, i negozi espongono già le decorazioni e i babbo natali girano nei centri commerciali sorridendo in un "oh oh".
È quasi natale, e Harley sente come se avesse perso gli ultimi mesi, come se dal giorno in cui Maicol è entrato nella sua vita lei fosse andata in standby.
Addormentata senza essere protagonista del suo sogno e incubo, fino a risvegliarsi la notte di Halloween.
Le persone hanno davvero il potere di rubarti il tempo?
Di rederti estranea di te stessa, in te stessa?

Harley sospira l'aria della tarda mattina di una splendida domenica, sentendo i polmoni aprirsi fino ad espandersi il petto e poi rilassarsi.
Quasi ha il dubbio di non aver mai respirato così profondamente quando stava con lui, temendo di poterlo disturbare con il rumore di un suo sospiro.

Ricominciare a respirare non è stato facile, Maicol un paio di volte ha provato ad avvicinarsi, non potendola contattare ne per telefono ne su altri social.
La faccia tosta di dirle che gli manca, che la ama, che sono fatti per stare insieme.

Harley è stata forte a non cedere, ricordandosi come l'aveva resa, come si era odiata quella notte guardandosi allo specchio.
In più, sorride, non è mai stata sola in questo periodo difficile.

I suoi genitori l'anno sostenuta ogni giorno, senza mai sgidarla o giudicarla.
Abbracciandola quando la ferita bruciava un po', passando una semplice serata a guardare un film nei giorni buoni, a stringere una mazza le volte in cui Maicol è stato tanto coraggioso da avvicinarsi al cortile di casa.
I suoi amici, quelli che sai essere famiglia, non le hanno mai vietato di parlargli, ma lei sapeva che erano li, a coprirle le spalle e ad affiancarla fieri quando andava via.
Trascinandola a qualche serata, presentandosi sotto casa nelle notti più difficili, sorridendo con lei ogni giorno un po' di più.

Si stringe nel maglioncino, osservandosi allo specchio, così a suo agio nei suoi vestiti, nel corpo della vecchia se, le vera se.
Da quando non ha più addosso il tocco di lui, si sente più leggera, come se la sua mano sul fianco fosse un artiglio a trattenerla con forza a terra.
Quando se n'è resa conto, la notte a pianto con la paura che si sarebbe sentita di nuovo in quel modo quando lui avrebbe riprovato a toccarla.
Ma non l'ha mai fatto, non che non ci abbia mai provato, ma non gli è stato permesso.

La prima volta che quasi le sfiorato il polso, Tristano gli ha stretto tanto il suo fino a slogarglielo.
E quando ci ha provato davanti a Camilla, bè...
È stato divertente vederlo tutta la mattina a tenersi una busta di ghiaccio sui gioielli di famiglia.

Il preside non ha fiatato, anche perché quando la chiamata nel suo ufficio si è presentato il padre di Harley e Oliver.
E Camilla allo shock di massa per la scena, si è giustificata dicendo che gli era sembrato di aver visto un moscerino, ma era il suo pene.

Si guarda allo specchio, ha una grande, numerosa e rumorosa famiglia ad appoggiarla.
Ha molti amici a guardarle le spalle.
Ma lei quando sarà capace di tornare a camminare da sola, senza che nessuno le tenga la mano?

E da un po' di giorni che questo pensiero la tormenta, non vuole essere fraintesa ama i suoi cari per tutto quello che stanno facendo per lei, per il semplice fatto di esserci.
Ma sente di dover fare qualcosa per sé stessa, perché si merita che faccia qualcosa per se.

"Ei topolina."

Harley si gira verso la porta, trovando Camilla che le sorride raggiante.
Così presa dai suoi pensieri, non si era accorta dell'ora tarda e se Camilla è già qui, e in genere loro sono gli ultimi ad arrivare, gli altri saranno già in sala ad aspettarli per il loro tradizionale pranzo della domenica.

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