Capitolo 48.

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"Allora dov'è?" Chiese Jungwon impaziente. Aveva freddo e la neve entrava nelle scarpe, bagnandogli i piedi. Se solo avesse saputo che dovevano attraversare sentieri e campi innevati, si sarebbe messo qualcosa di diverso. Camminavano ormai da più di un' ora e Jungwon si ritrovò a solcare sentieri che non conosceva. Le salite man mano si facevano più insistenti, come il freddo. Jongseong si era tolto la giacca e l'aveva appoggiata sulle spalle del suo amante, tuttavia lui continuava a tremare.

"Sii paziente. Ci siamo quasi."

"Perché mi stai portando qui?"

"Perché non voglio che nessuno ci disturbi."

Seguì un tratto spiano, in cui la foresta si infittiva e il sole era oscurato dalle fronde degli alberi. Jungwon non riusciva più a distinguere il sentiero da tutto il resto del terreno innevato. L'aria era impregnata di un penetrante odore di muschio. Subito dopo giunsero in una piccola radura, priva di neve, dall' erba smeraldina e scintillante sotto i raggi del sole, che avevano aperto un varco nelle nuvole lattiginose. I fiori sbocciavano in mezzo ai ciuffi rigogliosi, come se fosse primavera.
"È-è qui? Lei è qui?" Chiese Jungwon a bassa voce, intimorito e meravigliato al tempo stesso.

Jongseong annuì. Gli cinse le spalle col braccio per fargli coraggio, per poi guidarlo verso il centro di quello spazio verde.
Appena si accorse che il suo amante aveva smesso di tremare, si riprese la sua giacca e l'aveva appoggiata su una roccia che sporgeva dal terreno.

Solo dopo un attimo di confusione, Jungwon si rese conto che, qualche metro più in là, una donna intrecciava fiori, seduta sull'erba. Lunghi capelli d'oro le cascavano sui fianchi, seguendo la delicata linea del seno e del ventre. Indossava una tunica stretta, che aderiva alle forme del suo corpo, come se fosse bagnata, del colore dell' alabastro e dagli orli decorati con ricami dello stesso colore degli occhi ambrati. Portava una collana di perle grandi come biglie e un' altra intarsiata di rubini e un' altra ancora di lapislazzuli.

I due si avvicinarono di più e in pochi attimi le furono davanti. La dea alzò lo sguardo. Le labbra erano rosse come il sangue, solitamente lasciavano sul suo volto un sorriso lascivo; questa volta, però, erano serrate, immobili. Senza scomporsi, si mise in piedi. La sua statura era imponente; superava i due metri di altezza. Jungwon pensò che doveva essere quella la vera mole degli dèi, quella che incuteva soggezione ai mortali.

Non appena lo sguardo di lei si incrociò con quello del ragazzo, lui cadde sulle ginocchia, pervaso da un timore tutto nuovo.
Jongseong appoggiò la mano sulla testa di Jungwon ed esordì: "cara, Afrodite, ti ho promesso che ti avrei presentato colui che tanto mi sta a cuore. Perciò eccolo qui. Il suo nome è..."

"Credo che questo mortale sia in grado di parlare, Jongseong." Lo zittì lei, con tono autoritario e stizzito.

Il divo si ammutolì. Sentì lievemente le sue guance avvampare e un moto di rabbia crescergli dentro, ma non si scompose.

"Coraggio alzati." Ordinò Afrodite, riferendosi al mortale e lui obbedì.

Lei gli sollevò il viso, facendo leva con due dita poste delicatamente sotto al mento. Lo squadrò da capo a piedi, rigorosamente senza lasciarsi sfuggire neanche un dettaglio. Gli fece girare la testa da una parte e poi dall' altra e infine lo lasciò andare.

"Affascinante." Commentò, ma dal movimento delle sue labbra e dal tono della voce sembrava una bugia. Fu una piccola ed effimera variazione nel suo sguardo a tradirla. "È molto bello per essere un mortale... Ma è pur sempre un mortale, quindi non è questo gran ché." Disse. "Come ti chiami?"

"Yang Jungwon."

"Yang Jungwon, tu desideri la mia protezione, giusto?"

"S-sì è vero."

Caduto dall' Olimpo~ Jaywon ✿Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora