PROLOGO

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Tre anni prima...

Il fuoco ancora divampava in diversi punti del campo di battaglia, proprio fuori da Approdo del Re.
Daenerys aveva appena sentito il rumore che da tanto aspettava. Le campane della Fortezza Rossa stavano suonando, ritmate e lugubri. Jon e Verme Grigio avevano fatto breccia nelle mura. Il loro esercito era entrato e la città si era arresa. Avevano vinto.
Ciò per cui era nata, ciò che aveva sognato da tutta la vita, era proprio davanti a lei. Le sembrò un sogno. Quasi troppo bello, per essere vero.
Ma un pensiero la tormentava.
Approdo del Re doveva restare in piedi? Dopo tutto il male che quella città aveva causato? Dopo che aveva ucciso Missandei, l'unica vera amica che avesse mai avuto? Dopo che l'aveva resa esule per tutta la vita? Dopo che, ora che la sua legittima erede era tornata, aveva cercato di scacciarla via di nuovo?
Perché non bruciarla e ricostruire tutto da capo? Un nuovo inizio, questo era ciò che serviva.
Lei era la Madre dei Draghi. Lei era Il Drago. Lei era Il Fuoco. Il fuoco dei draghi, che purificava. E proprio con il fuoco avrebbe purificato tutto ciò che Approdo del Re e i suoi abitanti rappresentavano.
Sotto di lei, Drogon, l'ultimo dei suoi draghi, l'ultimo dei suoi figli, era in fermente attesa. Le bastava una parola, e lui avrebbe scatenato il fuoco. Cosa che fece un istante dopo.
«Vola, Drogon!»
Il drago spalancò le grandi ali rosse e nere, librandosi in aria in un singolo colpo. Daenerys si aggrappò stretta alla cresta del drago, osservando la città sotto di loro. Gli abitanti fuggivano spaventati, alla vista del mostro sopra le loro teste. Chi non riusciva a correre, si nascondeva dietro di muri, o nelle botteghe. Non avrebbe fatto alcuna differenza. I draghi sputavano fuoco a una tale velocità da distruggere anche i muri dei castelli. Non ci sarebbero stati ripari. Né sopravvissuti.
Daenerys allineò Drogon lungo la via principale della città. Perfetta per iniziare il rogo. Il fuoco si sarebbe esteso a tutti gli edifici circostanti e, in poco tempo, l'intera città sarebbe stata divorata dalle fiamme. Questo era il potere del Sangue del Drago.
Daenerys fece per gridare "Dracarys", la parola che avevano sempre usato i Targaryen per ordinare ai propri draghi di sputare fuoco. Ma le sue labbra avevano appena emesso un: «Dr...»
Fu come risvegliarsi da un incubo. Era davvero così che doveva finire? Che ruolo avevano avuto nella sua vita quelle persone che ora fuggivano spaventate? Erano le stesse che avevano fatto esiliare la sua famiglia? Le stesse che l'avevano condannata a vagare di città in città, senza mai avere un posto da chiamare casa? Erano anche loro colpevoli? Uomini, donne e bambini terrorizzati, che si coprivano le teste, che abbracciavano per l'ultima volta i loro cari, che pregavano? Meritavano di morire davvero, per colpe non loro? Una città tanto bella meritava la distruzione, per colpe di cui non era la responsabile?
Daenerys chiuse gli occhi, quasi cullata dal movimento sinuoso di Drogon. L'aria spostata dalle ali del drago le accarezzò i capelli.
"Cosa sto facendo?" pensò. Non aveva forse ottenuto ciò che voleva? Non aveva vinto la guerra? Non aveva sempre sognato di portare la pace in tutto il mondo? Di poter governare con giustizia e saggezza un mondo libero dalla paura, libero dall'oppressione? Quella cos'era, allora, se non paura? Non si stava trasformando nella tiranna che governava con il pugno duro? Un'azione del genere la rendeva diversa da Cersei Lannister, la regina che aveva tiranneggiato sulla città per lungo tempo?
Stava diventando ciò che voleva distruggere. Era con l'amore che doveva regnare, non con la paura. Come avrebbe potuto il mondo amarla, se lei per prima non avesse amato il mondo e i suoi abitanti?
No, non era il modo in cui doveva finire. Doveva essere meglio di così. Doveva dimostrare che i Sette Regni avevano finalmente trovato una regina degna di governarli.
«No, Drogon!» gridò. «No!»
Senza smettere di volare, il drago voltò la testa verso la ragazza, quasi a chiederle spiegazioni.
«Fidati di me» gli disse Daenerys, facendolo voltare verso l'ingresso della Fortezza Rossa.

Jon Snow sollevò lo sguardo sull'imponente portone ferrato della Fortezza Rossa. Attorno a loro, tutti i guerrieri dell'esercito dei Lannister erano inginocchiati a terra, disarmati, con le mani dietro la testa. Erano ormai a pochi passi dalla fine. La fine di quel lungo viaggio durato quattro anni.
Morti. Vendette. Amori. Tutto aveva portato a quel momento.
Un ruggito lo fece voltare di scatto. Daenerys, in sella a Drogon, atterrò a pochi passi da loro, così vicina che il ragazzo poté sentire il respiro rovente del drago.
«Dany!» Jon la raggiunse. Aspettò che lei scendesse dalla groppa del drago, per poi stringerla a sé. Pochi giorni prima aveva scoperto la tremenda verità. La verità sulle sue origini e la sua famiglia. E lei, quella giovanissima donna che amava con tutto sé stesso... era sua zia. Ciò aveva allontanato lievemente i suoi sentimenti da lei. Ma in quel momento, l'unica cosa che voleva era baciarla. E così fece.
«Abbiamo vinto» disse il ragazzo.
«Non ancora.» Il viso di Daenerys, prima così luminoso, si rabbuiò di colpo. Sollevò lo sguardo verso la cima della Fortezza Rossa. «Abbiamo un'ultima cosa da fare.»
Jon capì subito le sue intenzioni. E le capì anche Verme Grigio. Era il comandante degli Immacolati, un'armata di schiavi eunuchi, formidabili in guerra. Daenerys li aveva liberati pochi anni prima durante la battaglia di Astapor, e i guerrieri, in segno di gratitudine, avevano scelto di combattere per lei, come uomini liberi. Ogni singolo ordine venisse dato loro, veniva eseguito alla lettera, fosse anche stato il suicidio. E in quel momento, un solo ordine era chiaro: catturare gli ultimi Lannister rimasti.
«Dracarys» disse finalmente Daenerys. Drogon voltò la grande testa cornuta verso la porta ferrata e spalancò le fauci. Un getto di fuoco rovente fece saltare i grossi cardini della porta, facendola cadere con un forte clangore sul cortile interno, il metallo reso rosso acceso e mezzo fuso.
Verme Grigio fece un cenno agli Immacolati presenti che, come formiche operaie, si riversarono ordinatamente all'interno della fortezza. Dietro di loro, i guerrieri Dothraki a cavallo rimasti sembravano fremere come leoni davanti a una mandria di vacche.
Daenerys li conosceva bene. Quel popolo nomade e selvaggio era stato la sua prima, vera famiglia. Le tende che venivano smontate e rimontate da ogni parte delle distese erbose del continente di Essos erano state la sua prima, vera casa. E Khal Drogo, un grande Khalasar Dothraki, il suo primo, vero amore.
Sapeva che, se avesse dato loro il via libera, avrebbero saccheggiato tutta la città. Arraffato i tesori e i cavalli, che per loro valevano più dell'oro. Avrebbero stuprato tutte le donne, decapitato gli uomini e preso i bambini come servitori, o per venderli come schiavi. Una cosa che doveva impedire a ogni costo.
«Sangue del mio sangue!» gridò in lingua Dothraki, interrompendo di colpo ogni rumore che producevano quei guerrieri esaltati. Jon si spostò di alcuni passi, per lasciarla parlare.
«La battaglia di oggi è quasi vinta» continuò lei, nella stessa lingua e tono. «Ma c'è ancora un'ultima cosa da fare. Dobbiamo distruggere il male, il vero nemico che ci ha condotti fin qui. Da oggi...» Sollevò le braccia. «Sorge una nuova era. Ma dovrete essere al mio fianco, ora più che mai. Non uccidete nessuno, in città. Non prendete tesori. La vostra sete di sangue è placata, fratelli e sorelle. Ora vi chiedo di aiutarmi a portare giustizia. Attendeteci qui. Quando vedrete il simbolo del drago scendere dalle torri di questa fortezza, saprete che la vittoria finale è giunta. Nel mentre, copriteci le spalle. Non fate entrare nessuno e proteggete i vostri compagni. E vedrete che i nostri sforzi, verranno finalmente ricompensati!»
I guerrieri Dothraki urlarono estasiati. Gli arakh, le loro micidiali spade ricurve, saettavano verso il cielo, intrisi del sangue nemico.
Jon non aveva capito molto del discorso. Daenerys gli aveva insegnato poche parole e frasi Dothraki, e solo le necessarie per la battaglia. Ma gli bastò il tono della ragazza e la reazione dei guerrieri, per capire tutto.
Daenerys si voltò, posandogli una mano sulla spalla racchiusa nell'armatura leggera.
«Andiamo, Aegon» gli sorrise, chiamandolo con quel nome che aveva appena scoperto essere suo per diritto di nascita. Aegon VI Targaryen.
Drogon fissò i due ragazzi, mentre si avviavano affiancati verso il cortile interno della fortezza. Lasciò cadere la testa a terra, sbuffando fumo nero dalle narici.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 02 ⏰

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A SONG OF FIRE AND BLOOD - THE CHILDREN OF THE DRAGONS (Italian Edition)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora