3. ROCK MUSIC AND BEER CANS

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Colin
-Che strana!- borbotta Jackson entrando in casa.
-Be', possiamo dire che ha attirato l'attenzione... - Quando la sera prima l'avevo vista un odio profondo aveva iniziato a bruciarmi dentro e la vista si era appannata dalla rabbia eppure non l'avevo mai incontrata, o forse sì?
-È testarda e provocherà troppi problemi. Deve starci lontano- decide lui dirigendosi in cucina e io lo seguo. Ha ragione, qualunque cosa mi provochi questo astio è per colpa sua, non so come, ma ne sono certo. Apre il frigo e ne tira fuori una lattina di birra. Mentre parla agita il braccio animatamente e io lo so che bere è l'unico suo modo per lasciarsi andare e liberarsi dalle preoccupazioni. Si siede sullo sgabello e porta la bibita alle labbra. Non mi piace vederlo così e da fratello grande non dovrei permetterglielo, ma non ci riesco.
-Devo ammettere però, che ha fegato. Perfino io ho un po' paura di Rachel, quella potrebbe staccarti la testa dal resto del corpo- farfuglia rigirandosi tra le dita la linguetta. Finalmente finisce la birra, ma con una velocità che non pensavo si potesse avere da ubriachi, ne afferra un altra.
-Jackson, adesso basta. Non posso permetterti di fare come lui-
-Adesso ti è venuta l'idea di fare il fratello grande! Potevi farlo anni fa quando mi serviva, eppure sei stato codardo, Colin.- pronuncia il mio nome con astio che mi colpisce.
-Jackson, non è colpa tua se nostro padre si ubriacava, se nostra madre ogni sera soffre in silenzio e nemmeno la sua morte- ribadisco afferrandolo per il polso, ma lui si libera in un attimo.
-No, lo so. Infatti la colpa è solo tua che non hai fermato tutto quando potevi.- sibila dirigendosi in camera e almeno ha lasciato la birra ancora chiusa sul bancone in marmo bianco della cucina. Sospiro con il senso di colpa che si fa spazio nella mia mente e stringo forte i pugni, così forte che rimangono i segni sul palmo.
-Adesso mi accusi?-. Grido senza neanche accorgermene e lui si volta con un espressione cupa in volto.
-Colin, io non ti sto accusando, io sto semplicemente dicendo com'è realmente andata-  borbotta e per un attimo non sembra neanche ubriaco fradicio, ma poi cade sull'ultimo gradino come un deficiente. Io mi avvicino e lo aiuto ad alzarsi senza dire niente, ho fatto abbastanza. Quando arriviamo davanti alla sua camera lui neanche mi saluta e chiude la porta rumorosamente senza preoccuparsi del fatto che qualcuno potrebbe dormire.
-Tesoro, non ti caricare tutto sulle spalle. Non è colpa di nessuno quello è accaduto. E' successo e basta- mi rincuora mia madre avvolta in una leggera vestaglia bianca. Mi sposta i capelli davanti al viso e dalla sua espressione triste deduco che abbia sentito tutto.
-Sai che Jackson è sempre stato... così simile a vostro padre, e io spero che non faccia i suoi stessi errori e anche tu lo speri, perché tu gli vuoi un mondo di bene- dice sforzandosi di fare un sorriso. I capelli castani di solito ben acconciati, sono arruffati, mentre gli occhi color miele sono meno luminosi del solito.
-Mamma, dovresti riposare, sei stanca- mormoro cambiando argomento e afferrandole la mano per poi riportarla nella sua stanza.
-Ti voglio bene, Colin-
-Anche io... - sospiro prima di dirigermi in camera mia.

Mi sveglio come da routine con la musica rock che rimbomba in casa. Mi alzo malvolentieri e abituato sbircio la sveglia. Sono le sei di domenica e ogni volta che è incazzato, ovvero quasi sempre, mette il volume al massimo e si chiude in camera per ore, fin quando non ha fame. Io e mamma lo sopportiamo senza dirgli nulla, ma quando nostro padre ritorna da lunghi viaggi i lavoro, le sgridate non mancano. Questi giorni è a Dubai per un importante accordo di lavoro e quando non c'è, Caroline è sempre un po' giù di morale, come se si fosse dimenticata di quando nostro padre ritornava ubriaco a tarda sera quando noi avevamo solo undici e dieci anni. Per fortuna non l'aveva mai picchiata, o almeno non in nostra presenza, cosa che non mi rassicura affatto. Sfilo il lenzuolo di dosso mi dirigo in camera sua, stufo di dovermi sempre accontentare.
-Abbassa quella cazzo di musica!- sbraito. Raramente sono entrato in camera di Jackson e mi sorprende quando la vedo tutta in ordine, mi aspettavo il caos e invece trovo perfino il suo vecchio album di disegni aperto sul letto. Ha ripreso a disegnare?
-Esci dalla mia camera, subito-. È in pigiama con lo spazzolino in bocca e i capelli disordinati.
-Se abbassi la musica-
-Esci-
-Abbassa la musica-. Stranamente fa come gli ho ordinato e sbatto un po' le palpebre confuso: da quando Jackson Adams mi ascolta?
-Grazie... -
-Di nulla...- sussurra con un sorrisetto sul viso che non mi piace. Esco non volendo restare un minuto di più in camera sua, ma appena chiudo la porta dietro di me, la musica riparte se possibile ancora più forte.
'Che stronzo!'

Catastrophe-L'inizio della fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora