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La giornata si fece buia, il sole fu risucchiato dalle nuvole spesse e scure. Il vento forte  stava scompigliando i miei capelli mentre delle gocciole di pioggia arrivavano qua e là.  Alzai la testa al cielo per assicurarmi che a breve piovesse. 

Udì una voce fastidiosa urlare il mio nome "Aurelia!", mi girai lentamente contro la mia volontà.

 "Che c'è?", risposi con la voce più infastidita che sono riuscita a tirare fuori.

Jeroen mi raggiunse mettendosi alla pari con me, guardandomi intensamente negli occhi.

"Mi sa che tu non mi conosci proprio", mi sentii nauseata a guardare il sogghigno malefico di una persona che si crede così potente. Alzai gli occhi al cielo girandomi nella direzione opposta incominciando a camminare verso il cancello principale dell'edificio, lui non esitò prendendomi bruscamente il gomito facendomi girare verso di lui.

"Non osare mai più", un sussurrò di dolore mi scappo dalle labbra prima che diventarono una linea dritta ben tesa. "Non osare mai più a darmi le spalle". 

Cercavo non distogliere il mio sguardo dai suoi occhi, nonostante la stretta sulla mia mano diventava sempre più forte di prima, con l'altra mano libera prese saldamente il mio mento così che il pollice e l'indice mi stringevano l'osso della mascella. Cercai di liberarmi dalla sua presa, spostando il mio viso nel lato opposto ma non riuscì, le dita stavano scavando sempre di più nella mia pelle.

«Sei sempre così acida?», mi allontana lentamente da lui, guardandomi dalla testa ai piedi «O è ancora la tristezza per la morte della tua schifosa mammina?», sul suo volto comparve un sorriso malizioso. Cercò di allontanarmi da lui ma lui stringe più forte il bicipite, 

"Lasciami andare, pezzo di merda", cerco di liberarmi dalla sua presa ma mi costringe a guardarlo.

«Sta. Sera. Mi. Porti. Alla. Festa. Rafal», ogni parola è stata pronunciata forte con una pausa in mezzo- «Hai capito?», lo guardo senza dare nessun senso di interesse per quello che dice. Non mi interessa nemmeno perché Rafal dovrebbe andare a quella festa. 

All'improvviso la sua mano si sposta rapidamente dal mio mento, causandomi un dolore quasi strappato.

«Lasciala», Nils gli ringhiava contro, mentre Jeroen mi lasciava andare del tutto. Non l'avevo nemmeno visto arrivare.

"Che c'è? Divertiti anche tu!", Nils lo spinge via, come se fosse un sacco di spazzatura.

«Vai via, inutile creatura», mi disse Moore con lo sguardo piuttosto cupo e la faccia indecifrabile. Non li ascolto, giro i tacchi e mi allontano con il passo veloce, quasi correndo. 

Arrivata a casa mi diressi subito verso la doccia per pulirmi bene e schiarire le mie idee. Dopo l'incontro con Jeroen vorrei solo sentire l'acqua calda scorrermi lungo il corpo per cancellare ogni ricordo e ogni traccia delle sue mani che mi tenevano. L'acqua calda fece quello che avrebbe dovuto, lancio un acchiappatoio sulle mie spalle, tiro su le maniche e me lo lego in vita. Due colpi alla porta mi fecero sussultare sul posto, dovrebbe essere Cassie. Aprì la porta e rimasi sorpresa. 

Davanti a me c'era Rafal. Mi spostai di lato per farlo entrare dentro. Lui mi saluto con un cenno di capo e fila dritto in cucina per prendersi da bere. Passa molto tempo a casa mia, ma molto raramente usa la porta per entrare, di solito entra sempre dalla finestra. Ho provato a chiedergli perché lo faccia, ma dice che così entra subito dove gli serve – ovvero nella mia stanza.

"Aurelia", sento la sua voce rauca chiamarmi dalla cucina, chiusi la porta a chiave e attraversai il salotto arrivando in cucina.

"Come mai sei qui a quest'ora?", gli chiesi sedendomi su una delle sedie da bar.

"Cosa è successo oggi dopo scuola?", la sua voce è calma ma non è per niente calorosa come vorrei che fosse, il mio sguardo evita quello del ragazzo di fronte a me – vagabondando per la cucina. "Parla", aggiunse, sta volta la voce mi pareva al quanto infastidita.

"Ha detto che dovrei portarti a qualche festa stasera...". lecco le labbra. "...a quanto pare pensa che tu non verresti", con le ultime due parole il mio sguardo finalmente incontrò quello di Rafal, lui sogghignò e distolse lo sguardo per guardarsi le mani.

"Chi?", la sua finta calma iniziava a farmi paura "Chi te lo ha detto?".

"Jeroen", risposi immediatamente.

"Poi", disse secco socchiudendo gli occhi lentamente e serrando la mascella.

"E' tutto", non riuscivo a capire cosa volesse, come non riuscivo a capire perché lui voleva sapere ogni minimo dettaglio. Diavolo, come ha fatto a scoprirlo?

"Cosa ci faceva con te lì Nils Moore?", gli lancio un'occhiata furiosa, non ci credo proprio che lo disturba più il fatto che Nils mia abbia aiutata che i segni rossi che ho sulla faccia per colpa di quel suo ex migliore amico.

"Ma stai scherzando?", mi alzai di fretta- "Non fai sul serio...", la mia testa scattò dal lato destro come se implorasse di sentire un "sto scherzando" da parte sua.

"Aurelia, non ti avvicinare mai più a lui", Rafal scatto per mettersi davanti a me, sfidandomi con lo sguardo, i suoi occhi verdi mi penetravano dentro con tale forza che mi sentivo lo stomaco sottosopra.

"Rafal stai dicendo cose insensate", serro i pugni ai lati delle mie cosce. "Lo sai, perfettamente che rapporto ho con Moore", sentivo i miei occhi diventare lucidi. 

"Non piangere", Rafal cercò di prendere il mio viso tra le sue mani, scostò velocemente la testa e lui appoggiò la mano sulla mia guancia, accarezzandomi timidamente.

"Mi preoccupo per te", disse dolcemente, "Ho paura che ti possa succedere qualcosa, troppe cose brutte succedono in questa città, Aurelia", annuisco appoggiandomi alla sua mano.

"Cosa vuole da te quel pezzente?", gli chiesi gettandogli le braccia attorno alla vita, il suo calore, il suo profumo fresco mi riempie il corpo, facendomi sentire a casa, in un posto sicuro.

"Non lo so, e non mi interessa",  una notifica arrivò al mio telefono, raggiunsi il tavolo prendendo il cellulare in mano.


Fallo uscire di casa tua.


Riposi velocemente il telefono sul tavolo guardandomi attorno, cercando di trovare il mittente da cui era arrivato. Potrebbe essere uno brutto scherzo, oppure, qualche nemico di Rafal oppure qualcuno che mi stava osservando e potrebbe essere ovunque. Ho letto abbastanza articoli di questo genere, e ho visto di cosa potrebbero essere capaci le persone, soprattutto se prendessero come ispirazione qualche libro molto buio. Il cuore mi batteva all'impazzata e paura mi salì fino al cervello.

"Tutto bene?", chiese avvicinandosi ancora una volta a me, appoggiandomi delicatamente la mano sul lato della testa, accarezzandomi i capelli con le punte delle dita.

"Si, tutto bene, era zia Ashley", mentii due volte in una frase, "Credo che si è fatto tardi, dovresti andare", lui mi guardò un'altra volta e con un lieve bacio della buonanotte, si girò andandosene via dalla mia casa. Dopo qualche minuto sentii la mia porta aprirsi e chiudersi pochi istanti dopo. 

Il messaggio sul mio telefono era sparito, non c'era alcun segno che abbia veramente ricevuto quel messaggio e la cosa mi preoccupò tantissimo, ma rimasi calma. Schiaccio l'icona verde del telefono e avvicino il dispositivo all'orecchio.

"Pronto? Dove sei Cassie?", la sento ridere e subito dopo la porta si apre.

"Sto entrando in casa tua", disse. "Che festa c'è stasera? Tutti ne parlano!", mi raggiunge in cucina.

"E siamo invitate", il suo sorriso si allargo, "Più o meno". 

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