Appena arrivò sull'Olimpo, Jongseong fu scortato immediatamente nella sala del trono, dove si tenevano cerimonie e banchetti. La stanza si mostrava ampia e riccamente decorata con armi, trapunte e mosaici. Una parete era aperta e dava una squisita vista sui giardini, che erano divisi dalla sala solo da un lungo colonnato in marmo. Lunghe tavolate dividevano l'area in navate, tra cui la centrale era la più larga.
I suoi passi risuonarono nella sala deserta. Zeus sedeva sul suo trono, accanto a lui si ergeva in piedi sua moglie. Anche lei non sembrava di buon umore, come sempre. Jongseong salutò entrambi con un inchino.
Iniziò Zeus a parlare. La sua voce era come un tuono e il suo sguardo era lampeggiante di rabbia.
"Jongseong, il migliore amico dei mortali...""Perché mi avete convocato?"
"Taci, ragazzino insolente!" Ruggì. La sua voce faceva vibrare le pareti marmoree. "Non ti ho invitato a parlare!"
Jongseong strinse i pugni e si morse la lingua. Si era promesso che avrebbe mantenuto la calma.
"Mi è giunta voce che vuoi trasformare un mortale in un dio, in uno di noi. Dico bene?"
Non poteva mentire.
"Sì, se lui lo desidera.""Quindi tu, per amore di un mortale, hai ben deciso che avresti disobbedito a un mio ordine. Sai come la penso."
"Sì." Non abbassò lo sguardo, davanti al suo re, poiché lo trovava umiliante, e questo infastidì molto Zeus, il quale era pronto ad alzare la voce, a far tremare la terra con la sua voce. Tuttavia Era lo anticipò. Negli ultimi tempi era molto più propensa a intervenire al posto del marito, soprattutto se era di pessimo umore.
"Il fato non è una cosa con cui scherzare; se le Moire hanno deciso una cosa, quella deve essere e di certo non hanno in programma di risparmiare un misero mortale, solo per un tuo capriccio." Lo redarguì la regina degli dèi. Le sue braccia conserte erano bianche come il marmo.
"Con Ganimede l'hanno fatto e con molti altri."
Quel nome fece rivoltare lo stomaco della dea. Ganimede: il mortale che aveva preso il posto di sua figlia Ebe come coppiere degli dèi. In lei si riaccese la rabbia che aveva imparato a reprimere nel corso degli anni.
"Non ti azzardare mai più a paragonarti al tuo re!" Gridò. "Sei insolente e presuntuoso come quella smorfiosetta, di cui porti il sangue! Sei fortunato che non sei anch'ora stato cacciato!"
"A lui farebbe piacere essere cacciato. Vero, Jongseong?" Intervenne Zeus.
Jongseong non rispose. Strinse i denti e si limitò a osservarlo con aria di sfida.
"Rispondi, quando ti faccio una domanda!" Tuonò spazientito, per poi ammonirsi da solo. "Ma perché spreco ancora fiato con te? Sei una nullità."
"Se lo fossi, mi avreste già cacciato. Credete che non l'abbia capito che mi state..."
"Adesso basta!" Lo interruppe Era. "Se continui a contraddirci, ti cacceremo veramente. Non voglio che un ragazzino ribelle varchi la soglia di queste mura, si sieda a uno dei nostri tavoli e mangi il nostro cibo!"
"Era..." La ammonì Zeus. Si rivolse nuovamente al nipote di Eros. Il suo cipiglio era cupo, come un cielo che promette tempesta. "L'esilio per lui è un premio..." Si portò una mano alla barba ingrigita, meditando vendetta. "Quel mortale, che ti sta tanto a cuore, come si chiama?"
"Jungwon."
"Lo osservavo l'altro giorno..." Abbozzò un sorriso maligno. Di solito quella frase non comportava a niente di buono. "Non è affatto male."
"Aspetta, Zeus, cos'hai in mente di fa..." Sbottò la moglie, ma fu zittita con un semplice segno della mano. Si ammutolì, ancora più furiosa di prima. Ormai conosceva il marito così bene che non c'era bisogno che si sforzasse, per intuire a cosa stesse pensando.
"Sarebbe un peccato se ti venisse sottratto, dopo tutti gli sforzi che stai facendo per proteggerlo."
"Non Jungwon!" Sbottò Jongseong. "No lui no! Lasciatelo stare! Non ha fatto nulla per meritarselo... E' solo un ragazzo. Torturate me piuttosto! Sono io la causa di tutto!" Il suo tono variò e abbassò lo sguardo in segno di sottomissione.
Zeus sorrise compiaciuto; aveva trovato il suo punto debole.
"Ascolta. Posso essere clemente con te, solo se ti inginocchi, chiedi perdono, ti levi quello sguardo da smorfioso e se dai prova di essere veramente pentito."Nolente, Jongseong ubbidì. Le sue ginocchia cedettero e picchiarono sul marmo. Con la schiena dignitosamente dritta, guardava dritto negli occhi il suo re. La sua mano raggiunse il pugnale che portava sempre con sé, che pendeva dal cinturino della tunica. Lo afferrò, lo sollevò in aria e se lo conficcò violentemente nel petto. Dalla sua bocca uscì un gemito di dolore. Il sangue d'oro zampillava da tutte le parti. Quella era l'unica idea che gli era venuta in mente e sembrava funzionare; Zeus ed Era sembravano compiaciuti delle sue sofferenze. Ma in cuor suo non chiedeva perdono, la parola che riecheggiava nella sua mente e nelle sue viscere, non era "scusa", ma il nome del suo amante.
Premette con più forza e il dolore divenne più intenso. La lama penetrò più in profondità, in mezzo al costato.
"C-c-chie-edo..." Balbettò, cercando di trattenere le grida. "P-p-perd-dono."Il sorriso sul volto di Zeus si allargò. Invece quello di Era si era trasformato in una smorfia di disgusto.
La lama raggiunse il cuore e Jongseong premette più forte che poté, lasciandosi scappare dalla bocca un grido. Quindi tirò via il pugnale con tutte le sue forze e il suo organo immortale fu strappato via dalle sue viscere e cadde sul marmo, insieme all'arma. Quelle candide mattonelle si erano contaminate del suo icore d'orato. Osservò per qualche secondo il suo cuore, che batteva ancora e avrebbe continuato a farlo, per poi contorcersi sul pavimento, gemendo e ansimando.
"Oh..." Commentò Zeus, quasi ridendo. "Non era necessario un simile atto, ma accetto la tua offerta generosa e ti perdono."
"J-Jungwon, q-quindi..."
"Tienitelo pure il tuo mortale, se tanto ti sta a cuore."
Un sorriso solcò le labbra di Jongseong, poi perse i sensi.
"Tutto qui?" Sbottò Era stizzita. Una ciocca di capelli nerissimi le cadde sulla fronte. "E' questa la sua punizione? Solo questa? Il suo stupido cuore ricrescerà in un paio d'ore."
"Avverrà la sua punizione e io non dovrò alzare nemmeno un dito."
"Che vuoi dire?"
Zeus si girò verso di lei e ridacchiò di gusto.
"Lo scoprirai."Successivamente Zeus fece chiamare i servi, che raccogliessero il cuore del divo, che lo bruciassero, per poi pulire il sangue dal pavimento. Dopo che essi avevano fatto ciò, i due coniugi si congedarono, lasciando Jongseong da solo, in preda a dolori atroci, in uno stato catatonico, che durò per una decina di minuti. Poi si svegliò, preso da un inquietante presagio. Raccolse tutte le sue forse e si alzò e uscì barcollando dal palazzo.
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Caduto dall' Olimpo~ Jaywon ✿
FanfictionJongseong fa parte di una lunga successione divina che affonda le proprie radici in Afrodite stessa. Figlio di una nereide e pronipote di Eros (Cupido), dio dell' amore passionale. Egli è immortale e l'ultimo discendente prediletto della dea, la qu...