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Un altro anno. 

Un altro anno con questo cuore pesante e dolente. Non so nemmeno perché porto ancora questa speranza in giro come se fosse qualcosa di utile, come se non mi trascinasse più in profondità ogni giorno. Sarah è andata via da me. Lei voleva qualcosa di diverso, qualcosa che io non potevo dare, e io-beh, credo che la volevo solo lei.

Mi siedo con la mia chitarra, le dita che tracciano le corde distrattamente, ma non esce nulla. Nessuna canzone, nessuna parola. Solo silenzio. La casa sembra una prigione, a volte, queste quattro mura che sanno troppo, che hanno visto troppo. Giorni, settimane, mesi si confondono in questo stesso ritmo noioso. Ho smesso di contare il tempo da quando se n'è andata.

Continuo a dirmi che sto bene. Sto andando avanti. Ma in fondo, so che è una bugia.

Non suono più per nessun altro, solo per il suo 'fantasma'. Il ricordo della sua risata, il suo profumo che si diffonde nelle stanze in cui passava, il suono della sua voce a tarda notte, mezza addormentata, che mi raccontava di sogni, di desideri, passioni, cazzate.

Strappo una corda, lascio la nota penzolare in aria. Suona male. Vuota. Proprio come tutto il resto. Sospiro e metto giù la chitarra.

"Perché non posso lasciar andare tutto questo?" Borbotto, strofinandomi le tempie. Odio che lei sia ancora qui, ovunque, anche se non lo è.

Il mio telefono squilla, illuminato da un altro messaggio di uno dei miei amici che mi chiede come sto. È sempre la stessa risposta: Sto bene.  

Sto bene, sto bene, sto bene.

La grandissima cazzata del secolo.

Fisso il testo senza rispondere, ripensando a quell'ultimo litigio con Sarah. Il modo in cui i suoi occhi brillavano, stanchi e frustrati. "Non capisci, Angela," aveva detto, la sua voce tremante. "Ho bisogno di qualcosa di più. Ho bisogno di spazio. Ci stiamo soffocando l'una sull'altra"

Ricordo come stavo lì, stordita, cercando di ricostruire dove e come le cose erano andate male. Pensavo che avessimo tutto. Avevamo passione, amore, fuoco ma, evidentemente niente di tutto ciò era sufficiente. 

Mi avvicino alla finestra, guardando la pioggia. Era il nostro tipo di tempo preferito. Ci accoccolavamo sul divano, guardando la tempesta che passava. Ora, fa freddo. Riesco quasi a sentire la sua voce nella mia testa, il modo in cui mi prendeva in giro per essere così intensa a volte.

"Vivi nelle tue emozioni, Ange" direbbe lei, con le labbra che si arricciano in quel mezzo sorriso che mi fa sciogliere ogni volta.

Chiudo gli occhi, appoggiando la fronte contro il vetro freddo. Non so come smettere, non riesco a non pensarla.

"Perché te ne sei andata via da me, da noi?" sussurro, il mio fiato appannando la finestra.

È inutile. Lei non è qui a rispondere.

Mi siedo, prendo la chitarra di nuovo e strimpello senza scopo. Non riempie il silenzio come prima. Niente. Mi chiedo se lei pensa mai a me. Se c'è una parte di lei che si pente di tutto ciò. Probabilmente no. Probabilmente è andata avanti, vivendo la vita che voleva. Forse ha trovato qualcuno che si adatta agli spazi che io non ho mai potuto darle veramente.


ATTIMO - SAJOLIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora